Ogni terremoto sembra trovarci impreparati: impreparata la popolazione che non sa come reagire, non sa capire i segni, se ce ne sono, della natura. Impreparata la politica che ogni volta si trova a contare i morti e a ricostruire ciò che avrebbe potuto rendere più sicuro, rinforzare, rendere anti sismico. Ogni volta a stupirci e a non capire che l’Italia è TUTTA sismica. Saperlo non dovrebbe servire, come invece è, ad aumentare paura, ma dovrebbe spingere chi di competenza, le Istituzioni, a darsi da fare. Come?
In primis adeguando le strutture, e poi educando la popolazione: cosa fare durante un sisma, cosa tenere a fianco a letto SEMPRE, come valutare la condizione della propria abitazione.
Sapere lo si sa, ma si fa davvero poco.
Il problema è che il rischio dalla scienza attuale, viene considerato come una probabilità lontana, perché la scienza sa dirci poco o nulla sulla previsione.
Nei giorni scorsi su tutti i mezzi di stampa, è uscita la notizia di uno studio, italiano, che invece avrebbe “previsto” il sisma in Emilia, o meglio, avrebbe annunciato il rischio in un dato periodo.
Lo studio realizzato da Giuliano Panza, ordinario di sismologia dell’Università di Trieste e dai colleghi del Centro di fisica teorica Miramare, evidenzia due algoritmi: CN ed M8. Lo studio presenta una mappa e dentro una zona nella quale, secondo gli studi, si può prevedere, a medio termine, uno terremoto di magnitudo significativa.
Lo studio va avanti da sei anni e il 4 maggio il professor Panza ha consegnato il suo materiale alla Commissione Grandi Rischi, alla presenza di Antonella Peresan dell’Università di Trieste e del Direttore del centro ricerche Enea di Bologna, Alessandro Martelli.
Il documento, ora nelle mani della Commissione Grandi Rischi, evidenziava il rischio nella zona emiliana, un rischio a medio termine entro settembre.
I due algoritmi CN ed M8 utlizzano informazioni contenute nel catalogo dei terremoti e individuano nell’attività sismica moderata variazioni che possono essere considerate precursori di un forte sisma. Calcolano gli intervalli temporali in cui risultata aumentata, rispetto a condizioni normali, la probabilità in cui si verifichi un sisma superiore.
Lo studio del dottore Panza è italiano ma parte da studi internazionali, infatti l’algoritmo CN si chiama così perché nasce da studi fatti in California e Nevada, e l’M8 è stato messo messo a lavoro per terremoto di magnitudo superiore a 8.
I risultati degli studi sono di grande interesse scientifico, anche e soprattutto perché la loro attendibilità è superiore al 95% (algoritmo CN) e al 99% (algoritmo M8) secondo Panza, che già tre anni presentò alcuni risultati in una prolusione all’inaugurazione dell’anno accademico a Trieste.
Al Tg3 Leonardo Alessandro Martelli sismologo Enea Bologna spiega: “I terremoti si possono prevedere, ma sempre con incertezza. Questi studi non definiscono luogo e ora precisa di un sisma, ma una previsione da qualche mese ad un anno in una determinata zona e possono offrire uno scenario su cui incidere. Questi studi per ora non sono in grado di permettere l’evacuazione ma sono importanti per verificare la sicurezza delle strutture, per organizzare la protezione civile e migliorare l’informazione alla popolazione.”
Dati di grande interesse c’erano prima del sisma a L’Aquila e prima di quello in Emilia.
Perché non è stato fatto nulla né a L’Aquila né in Emilia? “Martelli spiega: “Questa metodologia anche se in sviluppo avanzato non è ben accetta nel mondo ufficiale dei sismologi.”
EPILOGO
Alessandro Martelli, direttore del Centro Enea di Bologna, in un’intervista pubblicata su Affari Italiani, rivela come il terremoto dell’Emilia fosse ampiamente prevedibile e lancia l’allarme per un imminente scossa violenta nel Sud d’Italia. Dalle sue parole si evince come la Commissione Grandi Rischi fosse stata informata del pericolo di scossa in Emilia già il 4 Maggio.
Direttore, era prevedibile il terremoto in Emilia? Ci sono state analisi precedenti?
Si, era stato previsto. Ci sono dei “cosiddetti” strumenti di previsione che sono fatti in diversi Paesi, in Italia li fa l’International Centre for Theoretical Physics (ICTP) e l’Università di Trieste. In base al verificarsi di possibili anomalie nelle tre zone italiane, nord, centro e sud vengono emessi degli allarmi. E’ un po’ come misurare la temperatura corporea e vedere se hai la febbre.
E sono stati emessi allarmi?
Si, in marzo è stato diramato un allarme per la zona nord perché era stato stimato un movimento del terreno di magnitudo maggiore del 5,4. C’erano notevoli probabilità che a nord sarebbe arrivato un terremoto. La regione allarmata era questa anche perché c’erano stati terremoti vicini, nel Garda, nel veronese, poi a Parma. L’algoritmo dell’analisi mostrava che era fortemente probabile.
E come mai nessuno lo sapeva?
Si tratta di metodologie sperimentali. Gli allarmi non vengono divulgati ma comunicati a un gruppo di esperti nazionali. Nella Commissione Grandi Rischi si sapeva, ne abbiamo proprio parlato il 4 maggio.
E cosa è stato fatto in proposito per preparare all’evento?
Se ne discusse anche perché questo tipo di analisi non sono accettate da tutti i sismologi. Io posso solo dire che la Commissione Nazionale Grandi Rischi era informata dai primi di marzo.
Sono previste altre scosse in Emilia?
Non si può dire. Ha ragione Gabrielli (Capo del Dipartimento della Protezione Civile, ndr) che bisogna attendere e stare attenti. Ci potrebbero essere solo scosse di assestamento come scosse più forti. Non occorre arrivare a conclusioni senza avere tutti gli elementi.
Ma cosa bisognerebbe fare in questi casi?
Non si possono immediatamente evacuare delle zone per mesi ma di sicuro si può verificare le strutture strategiche, e organizzare la protezione civile, informare la popolazione su come si deve comportare.
Ma che sia andata come è andata… non l’allarma?
Certo!
PREVISIONE
Più del nord adesso però mi preoccupa il sud. Per il nord c’erano stati due studi. Uno allarmava per un eventuale terremoto e l’altro no. Ed è arrivato il terremoto in Emilia. C’è un allarme per il sud più grave in arrivo perché lì sono stati applicati tre modelli di studio. Tutti e tre danno l’allarme rosso. Quindi questo preoccupa oltretutto perché prefigura un eventuali terremoto molto violento.
Ma lei non aveva denunciato tempo fa che in Italia, al sud, esistono stabilimenti industriali potenzialmente soggetti a rischio di incidente rilevante in caso di terremoti?
Si, hanno sostanze potenzialmente pericolose in elevate quantità. Sono impianti chimici, ci sono stabilimenti che contengono serbatoi di gas naturale liquefatto (Liquefied Natural Gas o LNG), altri serbatoi di stoccaggio di grandi dimensioni, rigassificatori…
Ma quel’è il problema tecnico di questi impianti?
Il problema è che le scelte progettuali degli impianti sono state lasciate ai gestori e, generalmente, non è noto, per i diversi stabilimenti, se e quali criteri antisismici siano stati adottati. Poi c’è il rischio da maremoto, evento raro, ma non impossibile (vedi l’incidente di Fukushima, ndr) e che, quando si verifica, è devastante: questo rischio appare del tutto trascurato negli impianti chimici italiani situati in prossimità delle coste, e in aree sismiche come ad esempio a Milazzo o se penso ai serbatoi sferici situati a Priolo-Gargallo, sono alquanto pessimista e preoccupato. Manca In Italia una specifica normativa per la progettazione antisismica degli impianti chimici.
la fonte: http://www.express-news.it
In primis adeguando le strutture, e poi educando la popolazione: cosa fare durante un sisma, cosa tenere a fianco a letto SEMPRE, come valutare la condizione della propria abitazione.
Sapere lo si sa, ma si fa davvero poco.
Il problema è che il rischio dalla scienza attuale, viene considerato come una probabilità lontana, perché la scienza sa dirci poco o nulla sulla previsione.
Nei giorni scorsi su tutti i mezzi di stampa, è uscita la notizia di uno studio, italiano, che invece avrebbe “previsto” il sisma in Emilia, o meglio, avrebbe annunciato il rischio in un dato periodo.
Lo studio realizzato da Giuliano Panza, ordinario di sismologia dell’Università di Trieste e dai colleghi del Centro di fisica teorica Miramare, evidenzia due algoritmi: CN ed M8. Lo studio presenta una mappa e dentro una zona nella quale, secondo gli studi, si può prevedere, a medio termine, uno terremoto di magnitudo significativa.
Lo studio va avanti da sei anni e il 4 maggio il professor Panza ha consegnato il suo materiale alla Commissione Grandi Rischi, alla presenza di Antonella Peresan dell’Università di Trieste e del Direttore del centro ricerche Enea di Bologna, Alessandro Martelli.
Il documento, ora nelle mani della Commissione Grandi Rischi, evidenziava il rischio nella zona emiliana, un rischio a medio termine entro settembre.
I due algoritmi CN ed M8 utlizzano informazioni contenute nel catalogo dei terremoti e individuano nell’attività sismica moderata variazioni che possono essere considerate precursori di un forte sisma. Calcolano gli intervalli temporali in cui risultata aumentata, rispetto a condizioni normali, la probabilità in cui si verifichi un sisma superiore.
Lo studio del dottore Panza è italiano ma parte da studi internazionali, infatti l’algoritmo CN si chiama così perché nasce da studi fatti in California e Nevada, e l’M8 è stato messo messo a lavoro per terremoto di magnitudo superiore a 8.
I risultati degli studi sono di grande interesse scientifico, anche e soprattutto perché la loro attendibilità è superiore al 95% (algoritmo CN) e al 99% (algoritmo M8) secondo Panza, che già tre anni presentò alcuni risultati in una prolusione all’inaugurazione dell’anno accademico a Trieste.
Al Tg3 Leonardo Alessandro Martelli sismologo Enea Bologna spiega: “I terremoti si possono prevedere, ma sempre con incertezza. Questi studi non definiscono luogo e ora precisa di un sisma, ma una previsione da qualche mese ad un anno in una determinata zona e possono offrire uno scenario su cui incidere. Questi studi per ora non sono in grado di permettere l’evacuazione ma sono importanti per verificare la sicurezza delle strutture, per organizzare la protezione civile e migliorare l’informazione alla popolazione.”
Dati di grande interesse c’erano prima del sisma a L’Aquila e prima di quello in Emilia.
Perché non è stato fatto nulla né a L’Aquila né in Emilia? “Martelli spiega: “Questa metodologia anche se in sviluppo avanzato non è ben accetta nel mondo ufficiale dei sismologi.”
EPILOGO
Alessandro Martelli, direttore del Centro Enea di Bologna, in un’intervista pubblicata su Affari Italiani, rivela come il terremoto dell’Emilia fosse ampiamente prevedibile e lancia l’allarme per un imminente scossa violenta nel Sud d’Italia. Dalle sue parole si evince come la Commissione Grandi Rischi fosse stata informata del pericolo di scossa in Emilia già il 4 Maggio.
Direttore, era prevedibile il terremoto in Emilia? Ci sono state analisi precedenti?
Si, era stato previsto. Ci sono dei “cosiddetti” strumenti di previsione che sono fatti in diversi Paesi, in Italia li fa l’International Centre for Theoretical Physics (ICTP) e l’Università di Trieste. In base al verificarsi di possibili anomalie nelle tre zone italiane, nord, centro e sud vengono emessi degli allarmi. E’ un po’ come misurare la temperatura corporea e vedere se hai la febbre.
E sono stati emessi allarmi?
Si, in marzo è stato diramato un allarme per la zona nord perché era stato stimato un movimento del terreno di magnitudo maggiore del 5,4. C’erano notevoli probabilità che a nord sarebbe arrivato un terremoto. La regione allarmata era questa anche perché c’erano stati terremoti vicini, nel Garda, nel veronese, poi a Parma. L’algoritmo dell’analisi mostrava che era fortemente probabile.
E come mai nessuno lo sapeva?
Si tratta di metodologie sperimentali. Gli allarmi non vengono divulgati ma comunicati a un gruppo di esperti nazionali. Nella Commissione Grandi Rischi si sapeva, ne abbiamo proprio parlato il 4 maggio.
E cosa è stato fatto in proposito per preparare all’evento?
Se ne discusse anche perché questo tipo di analisi non sono accettate da tutti i sismologi. Io posso solo dire che la Commissione Nazionale Grandi Rischi era informata dai primi di marzo.
Sono previste altre scosse in Emilia?
Non si può dire. Ha ragione Gabrielli (Capo del Dipartimento della Protezione Civile, ndr) che bisogna attendere e stare attenti. Ci potrebbero essere solo scosse di assestamento come scosse più forti. Non occorre arrivare a conclusioni senza avere tutti gli elementi.
Ma cosa bisognerebbe fare in questi casi?
Non si possono immediatamente evacuare delle zone per mesi ma di sicuro si può verificare le strutture strategiche, e organizzare la protezione civile, informare la popolazione su come si deve comportare.
Ma che sia andata come è andata… non l’allarma?
Certo!
PREVISIONE
Più del nord adesso però mi preoccupa il sud. Per il nord c’erano stati due studi. Uno allarmava per un eventuale terremoto e l’altro no. Ed è arrivato il terremoto in Emilia. C’è un allarme per il sud più grave in arrivo perché lì sono stati applicati tre modelli di studio. Tutti e tre danno l’allarme rosso. Quindi questo preoccupa oltretutto perché prefigura un eventuali terremoto molto violento.
Ma lei non aveva denunciato tempo fa che in Italia, al sud, esistono stabilimenti industriali potenzialmente soggetti a rischio di incidente rilevante in caso di terremoti?
Si, hanno sostanze potenzialmente pericolose in elevate quantità. Sono impianti chimici, ci sono stabilimenti che contengono serbatoi di gas naturale liquefatto (Liquefied Natural Gas o LNG), altri serbatoi di stoccaggio di grandi dimensioni, rigassificatori…
Ma quel’è il problema tecnico di questi impianti?
Il problema è che le scelte progettuali degli impianti sono state lasciate ai gestori e, generalmente, non è noto, per i diversi stabilimenti, se e quali criteri antisismici siano stati adottati. Poi c’è il rischio da maremoto, evento raro, ma non impossibile (vedi l’incidente di Fukushima, ndr) e che, quando si verifica, è devastante: questo rischio appare del tutto trascurato negli impianti chimici italiani situati in prossimità delle coste, e in aree sismiche come ad esempio a Milazzo o se penso ai serbatoi sferici situati a Priolo-Gargallo, sono alquanto pessimista e preoccupato. Manca In Italia una specifica normativa per la progettazione antisismica degli impianti chimici.
la fonte: http://www.express-news.it
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