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lunedì 27 agosto 2012

Il paradosso dei gemelli



Il paradosso dei gemelli è un esperimento mentale che sembra rivelare una contraddizione nella teoria della relatività ristretta.Alla fine del XIX secolo si viveva nella convinzione che lo spazio fosse attraversato dall’etere, una sorta di mezzo di trasporto per radiazioni luminose e segnali radio che permetteva loro di viaggiare liberamente. In questo etere però alcuni dati davano un risultato anomalo: gli osservatori vedevano la luce viaggiare alla stessa velocità indipendentemente che si muovessero o meno. Intuitivamente un soggetto in moto avrebbe dovuto invece annotare un velocità inferiore.Hendrik Lorentz e George FitzGerald
Per spiegare il fenomeno, Hendrik Lorentz e George FitzGerald ipotizzarono che i corpi solidi si contraessero mentre si muovevano nell’etere e che gli orologi rallentassero. Questo significava che un soggetto non poteva rendersi conto di essere in quiete o in moto.Il fisico e filosofo tedesco Albert Einstein
Albert Einstein non era d’accordo. Poiché non era possibile capire se ci si muoveva o meno nello spazio, che utilità aveva l’etere? Nel 1905 avanzò l’idea che la velocità della luce non dipendesse dal moto e fosse sempre la stessa. Era il tempo a diventare relativo: due soggetti misuravano il tempo allo stesso modo se erano fermi, ma la loro misurazione cambiava se uno di loro si muoveva rispetto all’altro.
In definitiva, il tempo smetteva di essere una costante.
La teoria è stata dimostrata da esperimenti concreti
Su due aerei sono stati collocati degli orologi estremamente precisi e che segnavano lo stesso orario. Partiti assieme, il primo circumnavigò il mondo da ovest a est e il secondo nella direzione contraria, da est a ovest. Quando arrivarono a destinazione, i loro orologi erano leggermente diversi (si parla di cifre decimali, ma pur sempre significative). Perché questa differenza? Viaggiando verso est, la velocità dell’aereo si aggiunge a quella della Terra e di conseguenza si arriva prima a destinazione. Il che dimostra che il tempo cambia a seconda di come ci si muove.Il filosofo Herbert Dingle
L'analisi che porta a tale conclusione è però scorretta: un'analisi corretta mostra che non vi è alcuna contraddizione. Principale sostenitore della questione fu Herbert Dingle, filosofo inglese. Pur avendo ricevuto numerose confutazioni logiche da Einstein e Bohr, egli continuò a scrivere ai giornali, e quando questi ultimi cominciarono a rifiutare le pubblicazioni, parlò di un complotto ai suoi danni. Risolvendo il paradosso dei gemelli, Einstein ammise la possibilità teorica di un viaggio nel futuro, ferma restando l'impossibilità di superare la velocità della luce. La prima costruzione teorica per la quale risultava possibile un viaggio nel passato, fu elaborata più tardi dalla stesso Einstein insieme a Nathan Rosen.

Enunciato del paradosso
Consideriamo un'astronave che parta dalla Terra nell'anno 3000; che mantenendo una velocità costante v raggiunga la stella Wolf 359, distante 8 anni luce dal nostro pianeta; e che appena arrivata, inverta la rotta e ritorni sulla Terra, sempre a velocità v. Di una coppia di fratelli gemelli, l'uno salga sull'astronave, mentre l'altro rimanga a Terra.
Volutamente, nei calcoli trascuriamo per semplicità l'accelerazione e la decelerazione della navetta, anche se, per portarsi a velocità relativistiche in tempi brevi, occorrerebbero accelerazioni insostenibili per l'uomo e per la nave.
Supponiamo che v sia di 240.000 km/s, cioè v = 0.8 c. Per questa velocità si ha:
1/γ = √1- v²/c² = 0.6
L'anno luce (al) è un'unità di misura della lunghezza, definita come la distanza percorsa dalla radiazione elettromagnetica (luce) nel vuoto nell'intervallo di un anno.
In questa immagine viene mostrato il tempo impiegato dalla luce ad attraversare la distanza dalla Terra alla Luna.
Per cui, secondo la teoria della relatività ristretta, nel sistema in movimento il tempo scorre al 60% del tempo nel sistema in quiete.
Quindi:
- Nel sistema di riferimento della Terra, l'astronave percorre 8 anni luce in 10 anni nel viaggio di andata, e ne impiega altrettanti nel viaggio di ritorno: essa quindi ritorna sulla Terra nel 3020. Sull'astronave, però, il tempo scorre al 60% del tempo della Terra, quindi secondo l'orologio dell'astronauta il viaggio dura 6 anni per l'andata e altrettanti per il ritorno: all'arrivo, quindi, il calendario dell'astronave segna l'anno 3012. Il fratello rimasto sulla Terra è perciò, dopo il viaggio, di otto anni più vecchio del suo gemello.
- Nel sistema di riferimento dell'astronave, per effetto della contrazione relativistica delle lunghezze, la distanza fra la Terra e Wolf 359 si accorcia al 60%, cioè a 4.8 anni luce: alla velocità di 0.8 c, si impiegano quindi, secondo l'orologio dell'astronave, 6 anni per l'andata e 6 per il ritorno, coerentemente con quanto calcolato nel sistema di riferimento della Terra. Ma, poiché in questo sistema di riferimento è la Terra a muoversi, è il suo orologio che va al 60% del tempo dell'astronave: quando l'astronave fa ritorno, sulla Terra sono trascorsi solo 7.2 anni, perciò non è l'anno 3020, ma il 3007, ed è il fratello a bordo dell'astronave ad essere di 4.8 anni più vecchio.
Alcuni, per spiegare il paradosso dei gemelli, sostengono che per l'astronauta, nel viaggio di andata, l'orologio della Terra va più lentamente, ma nel viaggio di ritorno va più velocemente, e in questo modo "recupera" il tempo perso e si avvantaggia. Questo è vero soltanto da un certo punto di vista.
Come spiegato sopra, sia nel viaggio di andata che in quello di ritorno, l'astronauta calcola che l'orologio della Terra va al 60% del tempo del suo. Tuttavia, quello che l'astronauta calcola è differente da quello che vede. Nel secondo caso, infatti, occorre considerare anche il tragitto che la luce compie dalla Terra all'astronave.
Infatti, quando l'astronauta raggiunge Wolf 359, per il suo orologio sono trascorsi 6 anni, ed egli calcola che sulla Terra siano trascorsi 3.6 anni; ma in quel momento, egli viene raggiunto dalla luce partita dalla Terra solo 2 anni dopo di lui, secondo l'orologio della Terra, o 1.2 anni dopo secondo il suo (infatti, nel sistema di riferimento della Terra, l'astronave impiega 10 anni per percorrere 8 anni luce, mentre la luce ne impiega 8; nel sistema dell'astronauta la distanza si contrae a 4.8 anni luce, e i tempi si riducono in proporzione). Perciò l'astronauta vede l'orologio sulla Terra andare non al 60% del suo, ma 3 volte più lento, cioè al 33.3333%. Questo ulteriore rallentamento non è un effetto relativistico, ma lo si osserverebbe anche se valesse la sola fisica classica (seppur la sua entità risulterebbe diversa). Per una trattazione di questo fenomeno si veda l'articolo effetto Doppler relativistico. Nel viaggio di ritorno, l'astronauta va incontro alla luce proveniente dalla Terra, invece di allontanarsene: l'effetto è quindi opposto, per cui egli vede l'orologio della Terra andare più rapido. Precisamente, nei 6 anni (secondo il suo orologio) del viaggio di ritorno, egli vede trascorrere 18 anni sulla Terra (dal 3002 al 3020), per cui vede l'orologio della Terra andare 3 volte più rapido del suo.
In questo senso, l'affermazione riportata sopra è vera. Allo stesso modo, l'osservatore sulla Terra vede l'orologio sull'astronave andare 3 volte più lento del suo nel viaggio di andata, e 3 volte più veloce nel viaggio di ritorno; ma al contrario dell'astronauta, egli vede il viaggio di andata durare 18 anni e quello di ritorno solo 2 (in entrambi i casi l'orologio dell'astronave misura 6 anni), perché la luce emessa da Wolf 359 nell'anno 3010 raggiunge la Terra soltanto nel 3018.
Einstein si rendeva conto che la relatività ristretta aveva dei limiti, perché poteva essere applicata solo a elementi che si muovevano a velocità costante e in linea retta. Con oggetti in moto accelerato o curvilineo non poteva essere applicata.
Fu questo dubbio a portarlo a postulare, qualche anno dopo, la teoria della relatività generale, l’argomento è tanto interessanteper le sue conseguenze, da meritare un articolo a sé stante.

venerdì 10 agosto 2012

La leggenda della terra sommersa



La leggenda della terra sommersa di Lyonesse potrebbe essere confermata dal ritrovamento di Doggerland, l'antico cuore d'Europa sommerso dalle acque




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Leggende di terre perdute al largo delle coste di Francia e Gran Bretagna sono molto frequenti nella tradizione locale. La più famosa di esse, Lyonesse, collegava, a quanto si credeva, Land's End e St. Micheal Mount, in Cornovaglia, alle Isole Scilly.
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Nella Baia di Douarnenez, nel mare di Bretagna, si favoleggia invece della sommersa città di Kerls, che intratteneva forse legami con Mont Saint Michel.
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Le leggende narrano anche di una ragione, detta Cantre'r Gwaelod, al largo della costa del Galles. Cantre'r Gwaelod, su cui sorgevano, fra l'isola di Bardsey e la foce del fiume Teifi, sedici grandi città, era difesa dal mare da dighe che, si dice traspaiono nitidamente sotto le acque della Baia di Cardigan.
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Tutte queste leggende potrebbero trovare un solido riferimento storico dopo la scoperta dell'antico cuore dell'Europa, Doggerland, una grande distesa di terra ferma che collegava le coste settentrionali della Francia con quelle meridionali  della Gran Bretagna. Secondo i ricercatori, l'antico cuore dell'Europa fu sommerso da un catastrofico tsunami.

I riferimenti storici a Lyonesse
Chiunque, in una giornata limpida, spazi con lo sguardo da Land's End, la punta sudoccidentale d'Inghilterra, verso le Isole Scilly, non avrà difficoltà a immaginare che fra queste e il continente sorgesse, in un remoto passato, un fiorente paese. Si trattava, citando il poeta inglese Alfred Lord Tennyson, della “terra perduta di Lyonesse, dove, a parte le Isole Scilly, oggi si stende solo il burrascoso mare”.
Questo luogo è esistito veramente o è stato solo il sogno di un poeta? La leggenda di un grande diluvio compare nelle tradizioni di molti popoli in diverse parti della Terra - Asia, Australia e il Pacifico, America. Il più celebre, nel mondo occidentale, è il Diluvio Universale con la storia di Noè, narrato nel libro della Genesi a partire da un antico racconto mesopotamico (L'Epopea di Gilgamesh). Un fatto abbastanza curioso è che l'Africa non comprenda fra i suoi miti nulla di simile.
Quanto all'Europa occidentale, secondo gli studiosi del folclore, essa lo derivò dalla Mesopotamia, tramite la leggenda greca di Deucalione e Pirra e la storia biblica di Noè. In Europa era forse diffusa, invece, la tradizione di un'alluvione locale, causata non dalla pioggia ma dall'invasione del mare, in seguito, probabilmente, al cedimento del suolo, una vicenda di "terre perdute" che ricorda quella di Atlantide.
Dal Medioevo e dalle epoche seguenti ci sono giunti molti racconti di questo genere, soprattutto per quanto riguarda le coste dell'Inghilterra e, in Francia, della Bretagna. Il più celebrato di questi “paesi sommersi” è sicuramente Lyonesse. Il primo accenno scritto a una terra scomparsa al largo della costa della Cornovaglia è contenuto nell'Itinerario di Guglielmo di Worcester, del XV secolo. Egli parla di “boschi, campi e 140 chiese parrocchiali, attualmente tutti sprofondati, tra il Monte e le Isole Scilly”. Ma, a questo paese sommerso, non assegna alcun nome.
L'antiquario Richard Carew, nativo della Cornovaglia, fu, forse, il primo a identificare il regno svanito nel mare con la Lyonesse della leggenda di Artù. L'opinione è riportata nella Britannia di William Camden e poi nello Studio della Cornovaglia (1602), dello stesso Carew. Egli scrisse: “E il mare, ovunque dilagando, devastò completamente il territorio di Lyonesse, e molte altre vaste zone.
Sull'esistenza di Lyonesse restano le seguenti prove: lo spazio fra Land's End e le Isole Scilly, che occupa una trentina di miglia, conserva ancora oggi quel nome nella lingua della Cornovaglia - Lethosow - e misura in ogni punto una profondità di 40-60 braccia, fatto abbastanza insolito nel mare aperto”. Inoltre a metà strada fra Land's End e le Isole Scilly vi era un gruppo di rocce detto “le Sette Pietre”, che delimitava una zona nota nel dialetto locale come Tregva, “una dimora”. Alcuni pescatori riferirono di aver recuperato in questo punto resti di porte e finestre.
Ai tempi di Carew, a proposito di Lethosow, si narrava la leggenda che, quando il mare allagò e sommerse il paese, un uomo di nome Trevilian riuscì a fuggire su un cavallo bianco lanciato al galoppo innanzi alle onde incalzanti. In tal modo si spiegava allora l'origine dello stemma della famiglia Trevelyan: un destriero che sorge dal mare.
Nel ciclo arturiano, Lyonesse è il nome della terra d'origine dell'eroe Tristano, nipote di re Marco e amante della moglie di questi, Isotta. Poiché Marco era sovrano della Cornovaglia, Carew e un altro autore ritennero che la "terra perduta" locale e Lyonesse fossero un solo e unico luogo. I medievalisti non accettano questa ipotesi e sono dell'opinione che “Lyonesse” sia la forma corrotta di un nome più antico assegnato al paese di Tristano, “Loenois”, attualmente Lothian, in Scozia. Tale collocazione concorda con il fatto che il nome Tristano apparteneva a un principe dei Pitti delI'VIII secolo.
Da quando la terra perduta della Cornovaglia è stata identificata con Lyonesse, si è ammantata del fascino luminoso della leggenda di Artù. Altri collegamenti sono stati fatti: Alfred Lord Tennyson vi ha collocato la corte di Camelot, e i mistici hanno cominciato a sperare di vedere riemergere Lyonesse dalle onde o di scorgerla durante una visione al largo di Land's End. Come Atlantide, Lyonesse è diventata un potente simbolo che esprime il rimpianto per un'Età dell'Oro ormai perduta e, nel caso della Cornovaglia, per un passato più glorioso del presente.

Vi è qualche prova a conferma della tradizione? 
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Lo storico della Cornovaglia William Borlase, nel 1753, accennò a file di pietre, forse indicatrici di una terra scomparsa, estese a partire dalle rive dei Samson Flats, nelle Isole Scilly. Somiglianti a muri di delimitazione dei campi, si credette che fossero opera dell'uomo e, negli Anni Venti, qualcuno formulò l'ipotesi che fossero antiche linee di confine dell'Età del Bronzo.
Essi non costituirebbero la sola prova che le Isole Scilly hanno perduto terreno a favore del mare. Di fronte ai litorali delle isole di St Martin, Little Arthur e Tean, vi sono, infatti, cerchi di capanne e tombe preistoriche che si ritiene siano state coperte dalle acque in epoca romana. In ogni caso, è un dato di fatto che gli autori classici parlino delle Isole Scilly come di un'unica, o fondamentalmente unica, isola fino al IV secolo d.C. Ma, nell'Età del Ferro, il cedimento del suolo attorno alle coste inglesi era molto lento. Lo sprofondamento deve essere stato graduale e intermittente e non concentrato in un solo, traumatico episodio, tale da poter essere registrato, ricordato e tramandato da un uomo.
La storia di Lyonesse ha un equivalente in Bretagna, dove, nelle profondità della Baia di Douarnenez, giace sommersa la grande città di Kerls. Solo il re Gradlon riuscì a sfuggire alla catastrofe, cavalcando come Trevilian un bianco destriero che precedeva le onde.
È possibile che, quando i monaci dell'Abbazia di Mont Saint-Michel, in Bretagna, fondarono in Cornovaglia la casa figlia di St Michael's Mount, abbiano portato con sé la storia dell'inondazione. Qualunque sia stata l'origine della leggenda, non è difficile credere in un allagamento che, come tutti i disastri, fu poi ingigantito dalla fantasia popolare: forse il villaggio perduto diventò una città e la città addirittura un regno. I discendenti dimenticarono il luogo esatto della catastrofe e lo collocarono dove esistevano delle “prove” sotto forma di “edifici” sommersi.

sabato 4 agosto 2012

L'enigma degli Arconti

Archon dal greco "archai ", "origini delle cose, prima dell'inizio dei tempi ". Nel mondo classico mediterraneo,il termine arconte era comunemente usato riferendosi al governatore di una provincia, o, più genericamente a qualsiasi autorità religiosa o governativa.
Da qui il plurale, Arconti, viene spesso tradotto in testi gnostici come "le autorità". (Non c'è una parola copta per Archon, in modo che testi gnostici usano il termine greco in traslitterazione copta.)Si pronuncia Ar-kon. Aggettivo, arcontico (Ar-KON-tik).In cosmologia gnostica,gli Arconti sono una specie di esseri inorganici che sono emersi nel sistema solare prima della formazione della terra. Sono cyborg che abitano il sistema planetario (esclusivo della terra, sole e luna), che viene descritto come un mondo virtuale (stereoma) costruiscono imitando le forme geometriche emanate dal Pleroma, il regno dei generatori, gli Dei cosmici.
Gli Arconti sono una specie originale con il loro proprio habitat e hanno una brutta tendenza ad allontanarsi dai loro confini e di inserirsi nel regno umano. Gli Arconti hanno un intensa invidia verso l'umanità, perché noi possediamo l'intenzionalità che a loro manca. In psicologia gnostica, la scienza noetica delle scuole misteriche, gli Arconti sono una forza aliena che subliminalmente si intromette nella mente umana e devia la nostra intelligenza lontano dalle sue corrette e sane applicazioni . Non sono ciò che ci fa agire disumanamente; tutti noi abbiamo il potenziale per andare contro la nostra umanità innata, violando la verità nei nostri cuori.
Quindi gli Arconti sono parassiti psico-spirituali . Eppure, come figli di Sophia Aeon,sono anche i nostri parenti cosmici.Come entità inorganiche di due tipi, embrionali e rettili,gli Arconti possono in ogni momento penetrare l'atmosfera terrestre e terrorizzare gli esseri umani anche se non vi è alcuna ragione o scopo di queste incursioni visto che non possono rimanere a lungo nella biosfera.Lo statuto ontologico degli Arconti è duplice: esistono sia come una specie aliena indipendente del genere umano e sia come presenza nella nostra mente, un po 'come una serie di programmi che operano nel nostro ambiente mentale. Il rischio che ne deriva, invadendo il nostro software mentale è di gran lunga maggiore di qualsiasi rischio fisico che potrebbe rappresentare dalla violazione della biosfera.

mercoledì 1 agosto 2012

Il progetto MK – ULTRA

Il progetto MKULTRA (conosciuto anche come MK-ULTRA) si riferisce ad una serie di attività svolte dalla CIA tra gli anni cinquanta e sessanta che aveva come scopo quello di influenzare e controllare il comportamento di determinate persone (cosiddetto controllo mentale). Il progetto non è mai stato reso ufficialmente pubblico dalla CIA, ma vi sono varie testimonianze dirette che riferiscono di esperimenti condotti da personale dell’intelligence. Tali esperimenti prevedevano la somministrazione dell’ipnosi, sieri della verità, messaggi subliminali, LSD ed altri tipi di violenze psicologiche su cavie umane.

Si suppone che uno degli scopi del progetto fosse quello di modificare il livello di percezione della realtà di alcune persone, costringendole a compiere atti senza rendersene conto; una delle ipotesi vuole che la CIA fosse interessata alla possibilità di creare degli assassini( Hashascin ) inconsapevoli.

Nel 1977, grazie alla legge sulla libertà di informazione, furono derubricati alcuni documenti che testimoniavano la partecipazione diretta della CIA al programma MKULTRA.

Il progetto fu portato all’attenzione dell’opinione pubblica per la prima volta dal Congresso degli Stati Uniti e da una commissione chiamata Rockfeller Commission. Tale commissione pubblicò un documento che recitava:

« Il direttore della CIA ha rivelato che oltre 30 tra università e altre istituzioni sono coinvolte in un programma intensivo di test che prevede l’uso di droghe su cittadini non consenzienti appartenenti a tutti i livelli sociali, alti e bassi, nativi americani e stranieri. Molti di questi test prevedono la somministrazione di LSD. Almeno una morte, quella del Dr. Olson, è attribuibile a queste attività. »
Le origini

Il progetto Mk-Ultra fu ordinato dal direttore della CIA Allen Dulles il 13 aprile 1953, al fine di contrastare gli studi russi, cinesi e coreani sul cosiddetto controllo mentale (mind control), ovvero sul controllo della psiche delle persone. Questa tecnica poteva portare numerosi vantaggi per gli USA, come ad esempio la creazione di assassini inconsapevoli o il controllo di leader stranieri scomodi (come ad esempio Fidel Castro).

Nel 1964 il progetto fu rinominato MKSEARCH in quanto si stava specializzando nella creazione del cosiddetto siero della verità, sostanza che sarebbe poi stata usata per interrogare esponenti del KGB durante la guerra fredda. Dato che quasi tutti i documenti riguardanti l’MK-ULTRA sono stati distrutti dall’allora direttore della CIA Richard Helms, è praticamente impossibile poter ricostruire tutte le attività svolte nell’ambito di questo progetto.


Gli esperimenti

La stessa agenzia ha successivamente riconosciuto che quei test avevano una debole base scientifica e che gli agenti posti all’esecuzione e controllo degli esperimenti non erano ricercatori qualificati[1].

I documenti recuperati fanno presupporre, con un sufficiente margine di certezza, che la CIA abbia usato radiazioni e LSD al fine di controllare le menti delle cavie. Le vittime erano dipendenti della CIA, personale militare, agenti governativi, prostitute, pazienti con disturbi mentali e gente comune; il tutto con lo scopo di verificare che tipo di reazione avessero queste persone sotto l’influsso di droghe e altre sostanze.

Il Dottor Sidney Gottlieb, l’ideatore di tutti gli esperimenti, era solito anche torturare le vittime aggiungendo alla normale dose di droga anche rumori molesti o costringendoli ad ascoltare frasi offensive a ciclo continuo.