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venerdì 7 dicembre 2012

Unità 731


Vi sorprenderebbe sapere che verso la fine degli anni '30 del 1900 c'erano diversi campi di prigionia, tra il Giappone e la Cina, in cui i prigionieri ricevevano abbondanti razioni di cibo, erano trattati con riguardo, e potevano svolgere regolare esercizio fisico?
Uno di questi chiamava "Castello di Zhong Ma", e fu costruito da prigionieri cinesi provenienti dalla Manciuria e catturati durante il Secondo Conflitto Mondiale. Non era un campo di prigionia come tutti gli altri: fino al 1989, il governo giapponese (e quello americano) custodì gelosamente nei suoi archivi il segreto di Zhong Ma, ma dopo la raccapricciante scoperta di centinaia di carcasse umane a seguito di alcuni scavi sotto la città di Tokyo fu costretto ammettere la cruda realtà: Zhong Ma non era altro che un enorme centro di sperimentazione su cavie umane.
Più di 500 detenuti, in buone condizioni fisiche per poter essere dei soggetti ideali per la sperimentazione, rimanevano segregati all' interno del campo di prigionia per mesi, fino a quando non giungeva il loro momento, il momento di essere sottoposti a macabri esperimenti per testare armi biologiche.
Un solo esempio: se era necessario un cervello umano, veniva prelevato un prigioniero dalla sua cella nel giro di pochi minuti e, mentre veniva tenuto fermo da due guardie, un terzo uomo armato di ascia gli apriva il cranio, asportava il cervello e lo consegnava nelle mani degli sperimentatori.
A capo del progetto era Shiro Ishii, alto ufficiale dell' esercito nipponico con una passione per le sale da tè e le ragazzine, oltre che coinvolto in numerosi episodi di estorsione ai danni delle aziende che costruivano i numerosi laboratori di cui si serviva. Ishii non aveva nulla da invidiare al dottor Josef Mengele nelle sue sperimentazioni: esperimenti con virus letali, energia elettrica, esposizione prolungata a caldo e freddo, asportazione di organi senza l'ombra di anestesia, e molto, molto altro.

Shiro Ishii aveva già dimostrato di possedere una mente non propriamente sana quando studiava all'Università Imperiale di Kyoto. Dopo essere entrato in contatto con gli alti ufficiale giapponesi, impressionò addirittura il fratello dell'Imperatore con una vivisezione umana eseguita in pubblico.

Il suo particolare "talento" e il suo interesse per la guerra batteriologica gli fecero ottenere il ruolo di Comandante della sezione di Guerra Biologica dell'Armata di Kwantung, e un posto di spicco al Dipartimento Batteriologico dell'Accademia Medica Militare.
L'Unità 731, nome in codice del gruppo di sperimentazione creato formalmente nel 1936 ma già in attività dal '32, iniziò a destare qualche sospetto nel distretto di Kanda, Tokyo, e fu costretta a trasferire la sua sede principale in Manciuria, a Pingfan, dove il dottor Ishii riuscì dare slancio alla sua perversa fantasia con sperimentazioni che al solo pensiero farebbero rabbrividire chiunque. Le basi, localizzate tutte nella parte nord-orientale del territorio cinese, non erano popolate solo da prigionieri cinesi, ma anche da inglesi e americani, in quel periodo impegnati sotto il generale McArthur per contrastare l'offensiva giapponese nel Pacifico.
Tra alcuni dei raccapriccianti esperimenti:
  • Esperimento di inoculazione del virus della peste su 12 cavie. Solo una persona sopravvisse dopo 19 giorni, ma venne vivisezionata immediatamente. Il virus della peste fu solo uno dei tanti sperimentati all' interno dei campi utilizzati dall' Unità 731: antrace, stafilococco, salmonellosi, colera, e via dicendo;
  • Avvelenamenti da gas fosgene (cloruro di carbonile), gas altamente tossico utilizzato in grandi quantità durante la Prima Guerra Mondiale. Legandosi all'acqua si trasforma in acido cloridrico, uno degli acidi più potenti conosciuti, e corrode il corpo umano ad iniziare da 24-72 ore dopo l'esposizione;
  • Sperimentazioni con cianuro di potassio;
  • Esposizione a circa 20.000 Volts di energia elettrica, con effetti immaginabili sul corpo umano;
  • Test di congelamento: le cavie umane venivano lasciate nude a temperature prossime allo zero e bastonati sulle costole per verificare lo stato di congelamento. Raggiunto il giusto punto di congelamento venivano sperimentate improbabili procedure di scongelamento, che il più delle volte portavano alla morte. E chi aveva la "fortuna" di sopravvivere, veniva vivisezionato;
  • Test di sopportazione del calore: i prigionieri venivano sottoposti a temperature costanti di 40°C per diversi giorni. Un prigioniero fu in grado di sopravvivere per 19 giorni, ma ben presto fu dissezionato vivo;
  • Venivano appesi prigionieri a testa in giù, per verificare in quanto tempo sarebbero morti;
  • Iniezioni di aria nelle vene, o di urina di cavallo negli organi interni;
  • Amputazioni selettive di arti o organi sani.

Se questo vi fa inorridire, leggere i rapporti dettagliati degli esperimenti condotti da Shiro Ishii potrebbe avere conseguenze più serie.
La ricerca dell'Unità 731 faceva gola a molti governi, ad iniziare da Stati Uniti e Russia. Dovendo conservare un'aria di rispettabilità, questi governi erano indubbiamente anni luce indietro ai "successi" ottenuti dall' Unità 731. Gli USA, una volta scoperte le macabre sperimentazioni di Ishii, confiscarono nel 1948 tutto il materiale raccolto durante gli esperimenti, ottenendo per i membri dell' Unità 731 l'immunità totale nei processi post-bellici in cambio di collaborazione nell' analisi dei rapporti.
Nel 1989, tuttavia, l'insabbiamento iniziò a crollare. Non era più possibile nascondere la realtà dei fatti, tant'è che alcuni reduci dai campi di prigionia giapponesi, compresi ex prigionieri americani, iniziarono a parlare.
E' il caso di Joseph Gozzo, al quale fu infilato un pezzo di vetro nel retto; o di George Hayes, al quale venne inoculato un non precisato agente batteriologico, per poi essere vivisezionato due giorni dopo.
Nel 1986 ci fu un'udienza alla Camera dei Rappresentanti in merito alle esperienze vissute da oltre 200 reduci americani scampati alla prigionia di Ishii. Purtroppo l'udienza durò mezz'ora e solo un testimone fu accettato, lasciando un mare di ombre sopra l'intera vicenda (grazie anche all'appoggio di alte cariche militari, come il generale McArthur) fino al 1993, anno in cui William Perry, Segretario alla Difesa, rese pubblici i documenti conservati negli archivi statunitensi a seguito dell'enorme pressione da parte dell' opinione pubblica.
Dopo la chiusura dell' Unita 731, molti dei suoi componenti andarono a ricoprire cariche importanti in case farmaceutiche, industrie mediche, ruoli in ambito accademico, o addirittura nella Croce Verde. Il caso più tragicomico fu quello di un membro del gruppo di sperimentazione sul congelamento, che divenne direttore di un'azienda di surgelati.
L'Unità 731 eseguì esperimenti su oltre 10.000 soggetti dal 1936 al 1945. La fine della guerra costrinse gli ufficiali coinvolti negli esperimenti su cavie umane a liberarsi di tutto il materiale scomodo, prigionieri compresi: 150 di essi furono uccisi come parte del piano ideato per nascondere le prove delle nefandezze commesse nel castello di Zhong Ma e nelle sedi giapponesi dell'Unità 731.

AGGIORNAMENTO 16 FEBBRAIO 2010

Nuovi dettagli sulle vittime dell' Unità 731 potrebbero emergere a seguito delle indagini che le autorità di Tokyo hanno dichiarato di essere in procinto di eseguire, esaminando le ossa umane rinvenute in una fossa comune scoperta nel 1989 durante uno scavo edile.
La fossa comune, ritrovata nei pressi del distretto di Shinjuku durante un'ampliamento del quartiere, conteneva ossa appartenenti ad oltre 100 esseri umani, e segnate da incisioni che sembrerebbero riconducibili ad asportazioni, trapanamenti e utilizzo di seghe ed altri strumenti (più o meno) chirurgici.
Agendo sulle indicazioni di un'ex infermiera, le autorità hanno affermato che esamineranno nuovamente i resti per determinare se quei corpi siano stati sottoposti ai barbari esperimenti umani effettuati dalla famigerata Unità 731durante gli ultimi anni della Seconda Guerra Mondiale.
Toyo Ishii, ex infermiera di un ospedale militare, ha dichiarato che nei giorni precedenti alla resa del Giappone, nell' Agosto del 1945, le fu ordinato, assieme ai suoi colleghi, di seppellire cadaveri, ossa e altre parti del corpo prima che arrivassero gli Alleati.
Secondo un'intervista rilasciata dall'infermiera, l'ospedale militare aveva tre camere mortuarie in cui i corpi venivano numerati e conservati sotto formalina prima di essere dissezionati.
Gli organi e le altre parti del corpo venivano invece immagazzinati in contenitori di vetro.
Sebbene oltre 100 cadaveri siano già stati ritrovati, l' Unità 731 agiva per lo più in Cina, e chissà quanti corpi non verranno mai disseppelliti. Si è stimato che Shiro Ishii e i suoi esperimenti abbiano causato circa 10.000 vittime all'anno.

21 febbraio 2011

Sono iniziati gli scavi nei pressi di un'ex scuola medica di Tokyo che potrebbe nascondere altri segreti sulla famigerata Unità 731.
"Il sito era il quartier generale della ricerca dell'Unità 731" ha detto Keiichi Tsuneishi, professore di storia della Kanagawa University e specialista di guerra biologica. "Se saranno trovate delle ossa, saranno per lo più legate all'Unità 731".

lunedì 3 settembre 2012

L'enigma di Akhenaton


Il faraone più discusso e chiacchierato della storia, considerato l'inventore del Monoteismo, racchiude nella sua figura e nella storia della sua famiglia incredibili segreti. Sveliamo il vero volto di Amenofi IV

La Storia non è una scienza esatta, si sa: basandosi su documenti lacunosi e su ritrovamenti spesso contraddittori, lascia allo studioso un arbitrio che ha veramente poco di scientifico, in quanto condizionabile da ideologie e preconcetti. Fra tutti i faraoni egizi, c'è un esponente che più di ogni altro ha dato adito a innumerevoli pregiudizi. La storia di Akhenaton, chiamato in origine Amenothep o Amenofi IV e vissuto nella seconda metà del XIV Secolo BCE, è l'emblema delle difficoltà di comprendere il reale svolgimento dei fatti e in assenza di prove certe, procedere a tavolino all'elaborazione di teorie false ed errate. Infatti Akhenaton viene uninamemente considerato dagli egittologi il faraone eretico inventore del Monoteismo e distruttore del Paganesimo: niente di più falso in realtà, ma l'ansia di fornire antecedenti prestigiosi alle religioni monoteistiche da parte di archeologi e storici bigotti ha portato a questa credenza. Akhenaton in effetti istituì il celebre culto del Dio Sole Aton, ma non fu mai esclusivamente monoteista né distrusse i templi dei Neteru, gli Dei egizi. Smontò, questo sì, il culto di Amon-Ra, divinità suprema primigenia e rappresentativa di tutto l'universo. Aton invece rappresentava la nostra stella benefica ma anche apportatrice di morte: un cambiamento che ha soprattutto nelle motivazioni politiche la sua più logica spiegazione. Ma c'è un altro mistero che caratterizza colui che in origine si chiamava Amenofi IV: il fatto che si facesse ritrarre in fattezze femminili a volte persino imbarazzanti. Anche su questo fatto gli egittologi e altri studiosi più di confine si sono sbizzarriti nelle spiegazioni più assurde, accuratamente evitando quella più logica ma scomoda per la cultura patriarcale dominante.
(Sopra) Il volto "alieno" ed enigmatico del faraone Amenofi IV-Akhenaton mostra tratti femminili e sovrapposti attributi maschili tipici dei sovrani egiziani.

A nostro avviso la risposta a questi enigmi è semplicissima e al solito per comprenderla occorre ricostruire nel dettaglio tutte le vicende che si svilupparono in Egitto dal 1380 al 1330 BCE. La situazione politica internazionale era, nel XIV Secolo BCE, abbastanza burrascosa. L'Egitto era la nazione più importante dell'area mediorientale e aveva ricostruito, dopo secoli di invasione degli Hyksos, il suo prestigio originario grazie ad una serie di faraoni molto determinati. Uno di questi era stato Amenofi II, sovrano della XVIII Dinastia, che alla fine del XV Secolo BCE aveva realizzato un'importante alleanza con un popolo abitante l'area tra le attuali Siria e Turchia, i Mitanni. Questa popolazione era assolutamente particolare, perché ad una base plebea di stirpe semitica, gli Hurriti, sovrappose un'aristocrazia di origine indoeuropea. Questi Mitanni provenivano dall'India e facevano parte delle popolazioni Ariane-Vediche di pelle chiara e capelli biondi che invasero il subcontinente indiano, mettendo le basi della religione indù. In un'Asia che ai tempi era quasi completamente in mano a popolazioni indoeuropee di ceppo Cro-Magnon, questi Arii si insediarono in un territorio al confine con quello di una popolazione gemella, gli Ittiti parimenti indoeuropei, di cui per secoli rimasero vassalli. A est del territorio dei Mitanni vi era il regno babilonese e soprattutto l'ancora piccolo ma letale impero assiro, che costituiva il più acerrimo nemico, per motivi religiosi e ideologici, delle popolazioni indoeuropee.



(Sopra, a sinistra) La Cartina mostra la siztuazione mediorientale dopo le guerre di conquista del faraone Thutmosis III, bisnonno di Akhenaton. In rosso si vede l'impero ittita, in blu il territorio dei Mitanni e in giallo in basso i territori assogettati, allo scopo di creare stati-cuscinetto, dall'Egitto. (A destra) In un bel disegno di Angus McBride, specialista delle ricostruzioni di popoli antichi, ecco come dovevano apparire i guerrieri Mitanni di stirpe Cro-Magnon e di derivazione ario-indo-vedica. In realtà quel regno si basava su una popolazione semitica, gli hurriti, dominata da un'aristocrazia di origine idoeuropea: a questo gruppo apparteneva Tadu-Heba, la celebre Nefertiti.

I Mitanni, in una logica di contrapposizione tra blocchi, erano fortemente appoggiati dagli Egizi, che vedevano in loro un potente stato-cuscinetto tra i crescenti e tecnologicamente avanzati Ittiti e i nemici più temibili, quegli Assiri che mezzo millennio dopo avrebbero conquistato il mondo conosciuto. Logico quindi stringere alleanze e mantenere buoni scambi commerciali con questi Mitanni, tantopiù che l'Egitto vantava antichissime origini berbere: e i Berberi erano una popolazione parimenti indoeuropea di ceppo Cro-Magnon, e moltissime affinità si potevano trovare tra questi popoli. Dopo le conquiste di territori asiatici, tra cui la Palestina, ad opera di Thutmosis III e i molti decenni di stabilità internazionale grazie alla politica pacifista di Thutmosis IV, che realizzò molti trattati di pace e di alleanza, venne la volta del faraone Amenofi III.
Salito al trono all'età di 12 anni, questo sovrano si segnalò per essere un grande costruttore: a lui si deve l'erezione del grande Tempio di Luxor e il restauro di quello di Karnak, nonché di innumerevoli altri palazzi e di una nuova città capitale sulla riva destra del Nilo, Amarna. Con l'Egitto alla sua massima potenza, il faraone lasciò agli alleati Mitanni il disbrigo delle pratiche belliche contro i "cattivi" assiri, sempre temibili. A 14 anni Amenofi III sposò la principessa nubiana Tiye, una figura fondamentale della nostra vicenda. Tiye era assolutamente nera di carnagione e rientrava nella logica del mantenimento delle alleanze: l'Egitto anni prima aveva conquistato il territorio della Nubia, a sud della Valle del Nilo, e manteneva con esso un rapporto di signoraggio. Tiye, africana ma non egiziana, fu una regina contrastante nei giudizi del popolo egizio, e questo rapporto di amore-diffidenza si acuì nel momento in cui Amenofi III si fece vecchio e malato, al punto da lasciare alla moglie la reggenza. Forse per calmare gli umori della gente e anche per accondiscendere il favore dell'alleato mitanno, impegnato in dispendiose guerre di confine, Amenofi III prese in moglie due principesse di quello stato: Gilu-Heba e Tadu-Heba, figlie del re dei Mitanni Tushratta, erano due donne di stirpe chiaramente indoeuropea e una di esse potrebbe essere la chiave di tutta la nostra storia. Fatto sta che in questo momento particolare, con il faraone malato e la nubiana Tiye a reggere le sorti della terra di Kemet, queste due donne mitanne cambiarono la situazione. Infatti dopo il loro arrivo, il potere passò nelle mani di un figlio di Amenofi III, Amenofi IV: era il 1353 o il 1351 BCE. La presa del potere di questo figlio lascia non pochi dubbi, perché solitamente la linea dinastica passava per i primigeniti o i figli di stirpe reale. Poiché Amenofi III aveva avuto svariati figli ma nssuno di questi era salito al trono, si deve dedurre che non fossero figli di Amenofi III o di Tiye, bensì di concubine e spose minori, che venivano assegnate al sovrano ma i cui figli non avevano dignità regale. Solo i figli di due sovrani erano legittimati ad ambire al trono: e se in tutti gli anni precedenti Amenofi III non era riuscito a mettere un figlio come reggente, è evidente che Tiye non gli aveva dato alcun figlio, un fatto peraltro normale nella storia della nobiltà. Sarebbe quindi logico pensare che il lignaggio reale sia arrivato attraverso le due principesse mitanne Gilu-Heba e Tadu-Heba e che quindi il nuovo faraone Amenofi IV fosse figlio di una di queste, presumibilmente Gilu-Heba.

(Sopra) La statua colossale, custodita al museo del Cairo, di Amenofi III e di sua moglie, la nubiana Tiye. Il faraone regnò per 38 anni, ma per buona metà del tempo fu vittima di una misteriosa malattia, forse la prima epidemia di Influenza della storia, lasciando così la reggenza a Tiye.

Ma mentre di questa si perdono le tracce, attraverso la corrispondenza col re Tushratta sappiamo che Tadu-Heba sposò a sua volta in seconde nozze il nuovo faraone e sappiamo dalla storia che la moglie di Amenofi IV fu la bellissima e misteriosa Nefertiti. Che la donna più bella di tutti i tempi fosse quindi la principessa mitanna? La probabilità è alta, perché non risultano altre spose di ceppo reale per questo faraone. Del resto l'analisi del celeberrimo Busto di Nefertiti custodito nel Museo di Berlino mostra lineamenti incredibilmente indoeuropei per la donna, e una carnagione leggermente abbronzata compatibile con una tipologia di pelle chiarissima. Potrebbe essere benissimo che Nefertiti sia stata data in moglie ad Amenofi III intorno ai 15 anni e al momento della salita al trono di Amenofi IV potrebbe aver avuto circa 25-30 anni. Amenofi IV comunque sia presentava caratteristiche decisamente inconsuete. Non presentava lineamenti nubiani e negroidi, come la regina Tiye, ma vantava un cranio allungato dolicocefalo tipico dei Mitanni e che anche la stessa Nefertiti possedeva. I caratteri fisici fin da subito si dimostrarono inquietanti, perché il faraone si fece ritrarre con uno stile naturalista che mostrava fattezze decisamente femminili. A fianco a statue un poco più virili, il sovrano si faceva ritrarre con il seno, con il ventre gonfio come se fosse una donna incinta, addirittura con l'inguine nudo che non mostrava traccia di genitali maschili! I fianchi larghi e la vita stretta, nonché un viso femmineo, sconcertarono gli egittologi e gli studiosi moderni, che non riuscirono a comprendere come fosse possibile che un uomo si potesse far ritrarre in una simile maniera. Ma la questione è in realtà semplicissima: se le ipotesi parlano di una possibile omosessualità, di un'andoginia, di una sindrome ermafroditica come quella di Frolich o di una mutazione ormonale dovuta a problemi di scarsità di macchie solari (tesi sostenuta da Maurice Cotterell), a nostro avviso la spiegazione è quella più ovvia e logica, in linea con il Rasoio di Occam.



(Sopra, da sinistra) Le statue che raffigurano Akhenaton a figura intera sono assolutamente sconcertanti, perché mostrano il faraone con un corpo, fianchi, vita e genitali femminili: è evidente il seno e il ventre tipico di una gravidanza, e le gambe e i glutei hanno la forma tipica di quelli delle donne. Tutto lascia presupporre che Akhenaton non fosse un uomo, ma proprio una donna: del resto i nomi egizi sono unisex e possono essere attribuiti indifferentemente a un maschio o a una femmina. Nulla esclude quindi questa ipotesi, che anzi trova conferme nella storia della sua dinastia. (Sotto, a sinistra) Akhenaton mostra, in molte statue, attributi maschili come la Barba di Osiride sopra il corpo femminile: se nota chiaramente, sotto lo scettro del Pastorale, la forma del seno sinistro. (Al centro) Notare le similitudini con un'altra celebre donna faraone, Hatshepsut, vissuta un secolo prima di Akhenaton. Anch'ella porta il copricapo nemes e mostra evidente le curve del seno. (A destra) Moglie di Akhenaton era la bellissima, divina Nefertiti (nome che significa "la bella è arrivata"), di origini Mitanne e anche sua probabile zia.




Amenofi IV era una donna: la linea di successione non vantava maschi di genesi regale e giocoforza fu che il regno passasse nelle mani della persona più vicina a questa condizione. Del resto in Egitto la condizione femminile era paritaria a quella maschile e ci furono casi eloquenti di faraoni-donna, il più celebre dei quali fu il regno durato quarant'anni della regina Hatshepsut. Questa fu una sovrana illuminata e regnò prima del figliastro Thutmosis III, portando l'Egitto a un benessere mai raggiunto prima. Il fatto che si presentasse in pubblico come i faraoni maschi, con tanto di Barba di Osiride posticcia, non toglie che non nascondesse la sua condizione femminile e le statue infatti mostrano chiaramente sia i lineamenti che il seno. Perché lo stesso non potrebbe essere avvenuto con Amenofi IV, andato al potere poco più di un secolo dopo? Per ragioni dinastiche Amenofi IV si fece definire faraone, esattamente come l'ava Hatshepsut, e presentava tratti regali di origine maschile derivato dall'iconografia di Osiride; altri simboli di fertilità come l'essere gravida invece si riferivano a divinità femminili come Iside ed Hathor. La sua condizione femminile, conosciuta ampiamente nell'antichità, potrebbe essere stata mascherata in tempi successivi anche per via dell'operato di Amenofi IV, che dopo alcuni anni dalla presa del potere cambiò il suo nome in Akhenaton. Il riferimento era al nuovo Dio Aton, identificato con il disco solare, che Amenofi IV prese direttamente dalla mitologia ittita-mitanna. In Aton Amenofi vedeva il creatore, l'origine del tutto, la genesi del creato, in un modo similare a quello con cui gli Egizi attribuivano al Dio Atum la creazione dell'Universo.
Atum era allo stesso tempo il Dio Sole Ra e il Dio universale Amon, e non sfugge l'assonanza Amon-Aton-Atum. Chiaro che Amenofi IV abbia voluto creare una divinità sincretica che mescolava aspetti egizi ancestrali con altri riferimenti ittiti-mitanni, a loro volta eredità della religione indo-vedica antica di millenni. Non è un caso infatti che la divinità primordiale degli Indoeuropei sia la Dea celeste Aditi, personificatrice del Cosmo e madre di tutta la materia che compone l'universo. Aditi veniva chiamata (e lo viene tuttora, in quanto fa ancora parte della mitologia indù) "Vacca Luce primigenia", "Madre Cosmica", "Vacca Nutrice": da lei hanno origine gli Aditya, i più antichi Dei indiani, tra cui spiccano nomi noti come Indra, Mitra, Varuna. Proprio Mitra veniva considerato Dio del Sole e aveva il compito di mantenere l'ordine dell'universo: assieme a Varuna sorreggeva il Dharma del cosmo. Il culto di Mitra era diffusissimo nelle aree indo-iraniche e ebbe poi in Persia grandissima espansione, fino ad arrivare in tempi recenti in Occidente: in Asia Minore Mitra veniva chiamato, dal nome della madre, Adoneo e Adon era la suo versione fenicia associata alla fertilità e alla vegetazione. Logico quindi dedurre che Mitra-Adoneo fu la base teologica con cui Amenofi IV costruì un nuovo culto. E' possibile che il motivo di questo cambio fosse dovuto a una grave situazione epidemiologica, in quanto in questo periodo l'Egitto fu colpito dalla prima epidemia di Influenza della storia e i virus di questa malattia vengono diffusi dal calore e dall'umidità. Aton, divinità benefica ma anche portarice di virus e di morte, divenne un contraltare del vitale Amon-Ra e questo aveva conseguenze incredibili a livello politico, in quanto il clero amonita manteneva da secoli il potere virtuale sulla terra egiziana.

(Sopra) Sigillo mitanno del re Saussatar, intorno al 1440 BCE, che mostra il simbolo del Dio Adoneo, versione mediorientale dell'indovedico Mitra. (Sotto) Simile, ma non uguale, il disco alato del Dio Ra: da questi due simboli Akhenaton trasse il suo Aton.


La regina Hatshepsut governò grazie al sostegno di questo clero e così tutti i faraoni successivi. E' evidente che la malattia (dovuta all'Influenza?) del padre di Akhenaton e la delega del governo verso la nubiana Tiye avesse fortemente indebolito il prestigio della famiglia reale. La sua nascita da Gila-Hebu, di stirpe mitanna, evidentemente mise la sovrana Akhenaton in condizioni precarie di autonomia agli occhi della popolazione egizia, orgogliosa delle sue origini, tantopiù che il suo possibile sesso femminile non ne faceva in ambito internazionale una figura potente e carismatica. Di fronte a questi fatti Akhenaton reagì colpendo i sacerdoti di Amon e delegando alla sposa regale Nefertiti/Tadu-Heba, più anziana di lei, il governo del paese. La situazione che si venne a creare fu quindi assolutamente paradossale e degna di una soap-opera, ma la logica conseguenza delle rigide regole dinastiche. Amenofi IV era una ragazza di circa 10-15 anni ed essendo l'unica discendente dalla doppia regalità, era destinata al trono. Pur essendo una donna, prese in moglie secondo le consuetudini la Sposa Reale Nefertiti, alias Tadu-Heba di stirpe reale mitanna, a sua volta Sposa Reale di suo padre, di circa 10-15 anni più vecchia di lei. Non dobbiamo pensare però a una vera coppia lesbica: per quanto l'omosessualità fosse praticata e legalizzata in Egitto, l'unione tra di loro almeno in teoria era solo formale ed entrambe le donne ebbero compagni maschi con cui concepirono i loro figli, ufficialmente discendenti reali. Per l'origine a metà mitanna, per la sua cultura materna indo-ario-vedica e per limitare il potere del clero di Amon in un momento il cui il calore del Sole propagava l'epidemia influenzale, la faraona Akhenaton ideò un culto sincretistico in cui agli attributi del Dio supremo egizio Atum-Amon-Ra sovrappose gli aspetti del Dio vedico Mitra-Adoneo. La nascita del "nuovo" Aton fu una manovra religiosa ma soprattutto politica, che mirava ad unire culturalmente il popolo egizio con quello mitanno. L'opposizione logica dei sacerdoti di Amon, ricchi e potenti, portò ad uno scontro incredibile e mai più avvenuto nella società egiziana. Dopo circa dieci anni di regno Akhenaton fece abbattere le statue di Amon e chiuse i suoi templi, anche se non toccò quelli delle altre divinità come Iside, Osiride, Horus e così via. In sostanza Akhenaton non fu l'inventore (anzi l'inventrice) del monoteismo, che in verità sarebbe venuto svariati secoli dopo.

(Sopra, a sinistra) Il motivo della celebrità nei secoli di Akhenaton fu senza dubbio Aton, il disco solare che adorava. Notare nel bassorilievo Akhenaton con le due figlie e Nefertiti, in atteggiamenti che non possiamo che definire materni. Su tutto domina Aton, il disco solare non più dispensatrice di vita ma anche di morte: in quel periodo storico l'Egitto fu colpito dalla prima Influenza della storia, che veniva propagata attraverso il caldo umido. Il Sole quindi cessò di essere una divinità solo benefica: fu anche questo il motivo forse dell'abbandono del culto di Amon-Ra. (Al centro) Altro bassorilievo che mostra scene di vita familiare. Notare ancora una volta il seno e il ventre di Akhenaton. (A destra) Akhenaton e alle sue spalle Nefertiti e Meritamon porgono offerte ad Aton. Notare le forme delineate e sostanzialmente uguali delle tre donne.

Quindi sono false le tesi che associano Aton al Dio degli ebrei: non solo, ma sono assolutamente false tutte le congetture degli esoteristi, i quali pur essendo completamente a digiuno di nozioni di storia, millantano ad Akhenaton ascendenze ebraiche. Alcuni addirittura la associano alla figura di Mosé, fatto alquanto strano perché la vicenda biblica è palesemente una metafora ed è ambientata in tempi differenti (occorre anche dire che gli Egizi non hanno mai mantenuto in schiavitù gli Ebrei in quanto non si trattava di una popolazione imperialista che praticava la schiavitù, a differenza di Assiri, Greci e Romani). La realtà più logica e razionale è che Akhenaton non fosse troppo interessata al potere materiale e che abbia messo la moglie Nefertiti al posto suo. Akhenaton si ritirò ad Amarna, la capitale paterna ribattezzata Akhetaton ("l'orizzonte di Aton") che trasformò in un immenso santuario. Se la storia ufficiale attribuisce ad Akhenaton sei figli, è probabile che li abbia partoriti personalmente, generandoli come detto da un compagno sconosciuto; un'altra ipotesi vede i figli divisi tra lei e Nefertiti e potrebbe essere questo il segreto di Tutankhamon, il misterioso faraone dimenticato secondo alcuni figlio di Akhenaton ma in realtà geneticamente solo lontanamente imparentato. Tutankhamon potrebbe essere stato il nipote di Nefertiti, a sua volta zia di Akhenaton, non dimentichiamolo. Di sicuro però le figlie di Akhenaton possedevano caratteri fisici inquietanti, come una fortissima dolicocefalia evidente nelle raffigurazioni e nelle statue. Alcune di queste figlie potrebbero aver preso il potere alla morte di Akhenaton, avvenuta secondo recentissimi studi a causa di una sindrome genetica portata in Egitto proprio dalle principesse mitanne. La Sindrome di Marfan causava un accentuamento della dolicocefalia che appare così marcata in queste figlie, oltre ad una serie di sintomi che sembrano clamorosamente trovare conferma nel Busto di Nefertiti. Infatti, questa sindrome degenerativa causa, oltre ad un allungamento del viso, delle dita e degli arti, una fragilità dei tessuti e deformazioni ossee, anche un distacco della retina e una deformazione del cristallino che si riscontra nell'occhio sinistro di Nefertiti ritratta nel famoso busto. Lo stile iperealistico potrebbe spiegare la mancanza di un particolare importante come la pupilla dell'occhio sinistro? La scomparsa della pupilla potrebbe spiegarsi come una conseguenza di questa malattia e lo scultore nel realizzare il suo capolavoro assoluto potrebbe aver riprodotto questo particolare. Un difetto grave che non inficia la bellezza sovrumana della regina.


(Sopra, a sinistra) Nel corso del suo regno il volto di Akhenaton si deformò sempre più, assumendo un aspetto "alieno". Secondo recenti studi questa deformazione potrebbe essere dovuta alla Sindrome degenerativa di Marfan, caratterizzata tra i vari sintomi da una forte dolicocefalia, viso allungato e distacco della retina. Notare come il volto di Nefertiti (al centro) mostri l'occhio sinistro senza pupilla: una degenerazione dovuta alla malattia? Le coincidenze sono molte, forse troppe. (A destra) Nei bassorilievi caratterizzati da scene di divertimento, si vede chiaramente il cranio allungato di Nefertiti e le braccia lunghe con le mani ossute di Akhenaton, vestita in abiti maschili da faraone ma con le solite forme femminili in evidenza. Entrambe potrebbero essere affette dalla sindrome, che è stata trasmessa ai figli. (Sotto, a sinistra) La dolicocefalia appare in tutto il suo clamore in questo affresco che mostra una tenera scena d'amore tra Akhenaton e Nefertiti. (Al centro) Due statuine di Meritaton, primogenita di Akhenaton e per qualche tempo salita pure al trono dopo la morte della madre. Notare la testa allargata lateralmente e la prominenza posteriore della sua parrucca. (A destra) L'altra figlia di Akhenaton divenuta faraone è Neferneferuaton, che assomiglia però in modo impressionante a Nefertiti: potrebbe essere questa la sua vera madre.





E' chiaro quindi che il volto allungato di Akhenaton potrebbe trovare spiegazione in questa sindrome, che peraltro consente di vivere una vita quasi normale non pregiudicando le capacità intellettive né quelle riproduttive. Akhenaton potrebbe aver avuto quindi un congruo numero di figli, come la futura faraona Meritaton. La sindrome di Marfan si sarebbe trasmessa ai figli e nipoti e sarebbe questa anche la causa della morte di Akhenaton, scomparsa improvvisamente intorno al 1336-1334 BCE. Gli egittologi sostengono che sia stata assassinata, gli esoteristi ipotizzano una sua fuga nel Sinai sulle tracce di Mosé. Noi pensiamo ad una morte improvvisa, causata da una rottura dell'aorta tanto probabile nei malati della Sindrome di Marfan. Il potere potrebbe essere passato per poco a un figlio di Akhenaton o di Nefertiti, Smenkara, morto a circa vent'anni di età. Quindi il regno passò nelle mani di Meritaton e poi di Neferneferuaton, secondo alcuni la stessa Nefertiti, secondo altri sua figlia, che regnò per due anni e un mese. Quindi fu la volta del piccolissimo Tutankhamon, la cui storia è conosciuta tramite all'eccezionale ritrovamento della sua tomba. Ma anche lui (o lei, in quanto anche per Tutankhamon potrebbero esseri dubbi sul sesso, dubbi che gli egittologi non aiutano a chiarire avendo sempre occultato il corpo) potrebbe essere stato affetto dalla stessa malattia degenerativa. Da notare come Tutankhamon si chiamasse in origine Tutankhaton e che abbia cambiato il nome nel secondo anno di regno, segno che il culto di Aton, avversato dai sacerdoti e da parte della popolazione, avesse perso di vigore dopo la scomparsa di Akhenaton. Dopo la morte di "Re Tut" il potere andò nelle mani del visir Ay, accusato oggi di essere l'assassino del giovane faraone, e finalmente con il faraone Horemheb si tornò in una linea dinastica completamente egiziana. Horemheb decise di cancellare questo passato recente tanto confuso e contraddittorio, facendo eliminare dagli archivi ufficiali tutti i nomi di questi faraoni egiziano-mitanni. Di Akhenaton si perse memoria, ma rimasero, eloquentissime, le statue. Parimenti avvene per la bellissima Nefertiti, che potrebbe essere sopravvissuta di qualche anno alla faraona-moglie.



(Sopra, a sinistra) Due raffigurazioni di Tutankhamon, discendente non diretto di Akhenaton e restauratore parziale dell'antico culto di Amon. Notare anche nel caso del famoso re morto in giovane età come la statuina d'oro massiccio lo mostri con un seno e fianchi femminili evidentissimi: a tale proposito il suo corpo mummificato non è stato mai mostrato per intero e quindi il dubbio sul suo reale sesso esiste. Anche il bassorilievo smaltato lo mostra con lineamenti molto delicati. (Al centro) Il gran visir Ay prese il potere dopo la morte di Tutankhamon ed è stato accusato dagli egittologi di aver assassinato il faraone, ma le prove in merito a questa teoria non sono convincenti. (A destra) Con Horemheb la linea dinastica tornò tutta egiziana e per nascondere la confusione di questa storia intricatissima il nuovo faraone decise di cancellare i nomi dei predecessori. Qui si vede Horemheb davanti a una gigantesca statua di Amon, restaurato nel suo culto.

Di lei potrebbe oggi essere stata rinvenuta la mummia: nel 1908 l'egittologo Victor Loret scoprì la tomba KV 35 nella Valle dei Re e in essa si trovò il sepolcro di tre mummie. Erano una donna giovane deceduta tra i 16 e i 20 anni, una donna anziana dai capelli rossi e un maschio adolescente. Nel 2003 un'equipe internazionale annunciò di aver identificato nella mummia della donna giovane il cadavere di Nefertiti, un fatto a nostro avviso completamente sbagliato in quanto abbiamo visto come Nefertiti non fosse morta in giovane età, avendo avuto un'età maggiore di Akhenaton ed essendo sopravvissuta per qualche tempo dopo la sua morte. Le analisi del Dna attribuiscono alle mummie della tomba KV 35 una parentela con Tutankhamon, e a nostro avviso è evidente che quelle tre persone parenti di Re Tut potevano esserlo per davvero. Ma in questo è decisamente più probabile che la mummia di Nefertiti sia quella della donna anziana, attribuita stoltamente e senza alcuna storicità a Tiye. Ma se Tiye era una nubiana, com'è possibile che avesse lineamenti indoeuropei? I ritratti mostrano un volto completamente diverso da quello della "Elder Woman", com'è stata ribattezzata la mummia di questa anziana deceduta intorno al sessantesimo anno di età, mentre sovrapponendo il ritratto di Nefertiti del Busto di Berlino e di altre statue, si vede come combaci alla perfezione. I capelli rossicci poi sono un segnale inequivocabile dell'origine indoeuropea-mitanna della regina, su cui si basa tutta la nostra teoria. Vedendo questa mummia, ancora bellissima e piena di grazia, si evince il potere e il fascino che promanava da questa donna straniera, bellissima, il cui destino si intrecciò con quello di Akhenaton. Che rimase del culto monoteistico di Aton? Praticamente nulla, Akhetaton fu abbandonata e persa nelle sabbie del Sahara, i documenti cancellati e dimenticati, le statue di Amenofi IV abbattute. Il Monoteismo ebraico e cristiano sarebbe nato altrove.

Lorena Bianchi




(Sopra, a sinistra) Il volto di Nefertiti è perfettamente sovrapponibile a quello della "Elder Woman" (a lato) rinvenuta agli inizi del XX Secolo nella Valle dei Re nella tomba KV 35. Anche ulteriori statue di Nefertiti (al centro) mostrano lineamenti sovrapponibili a quelli della mummia di una donna di mezza età. (Sotto, a sinistra) La "Elder Woman" fu inizialmente attribuita alla regina Tiye, moglie di Amenofi III e presunta madre di Akhenaton, ma questa era una donna di origine nubiana, non certo un'indoeuropea dai capelli rossi (al centro). La forma della mascella, la fronte e il lungo collo invece sono tipici di Nefertiti. Per questo riteniamo che la mummia della regina di origini mitanne sia proprio quella della "Elder Woman".


domenica 2 settembre 2012

Il sudario di Oviedo

Spagna, Oviedo. La reliquia che questa città custodisce sarebbe vecchia di 2.000 anni e macchiata del sangue di Gesù. Ma è possibile tutto questo?
Il Sudario di Oviedo è un piccolo telo legato alla passione di Cristo, così come la Sindone. Si parla di esso nel Vangelo di Giovanni che opera una distinzione fra un lenzuolo che si riferisce alla Sindone ed un Sudario. Questo panno, piegato in due, sarebbe stato posto sul volto di Gesù per coprire i suoi lineamenti sfigurati, nel tragitto verso il sepolcro. Successivamente sarebbe stato tolto ed il corpo sarebbe stato avvolto dalla Sindone.
All’epoca, tutti gli oggetti sporchi del sangue di una vittima, nel caso di morte violenta, non venivano lavati prima della conservazione per la preservazione del sangue. Non si fa fatica a pensare che mentre il corpo di Gesù venne posto nella Sindone, dopo essere stato cosparso di oli profumati, il Sudario venne ripiegato e posato nel sepolcro stesso, a parte, come narrato nella Bibbia. Il periodo trascorso fra la deposizione dalla croce e l’entrata nel sepolcro fu sicuramente breve ma sufficiente perché il fazzoletto si impregnasse del sangue del crocefisso.

Il sangue fu così abbondante da imbrattare le quattro facce del tessuto, lasciando naturalmente macchie di forma uguale e di intensità decrescente. Non ci è dato sapere cosa sia successo immediatamente dopo ma si ha la notizia, risalente al 570, di un monastero presso il Giordano, custodito da dodici monaci, che veneravano un Sudario. I discepoli delle prime comunità cristiane, dunque, hanno conservato il telo che copriva solo il volto di Cristo.
Ma non solo: le macchie coincidono, in larga parte, con quelle presenti sulla Sindone; inoltre, le gocce di sangue sulla fronte, la lunghezza del naso e le tracce della barba sono perfettamente sovrapponibili. I punti di contatto più evidenti sono le ferite della nuca, che coincidono addirittura all’80%. Per di più, sulla Sindone sono visibili tracce di un liquido trasparente, sulla zona del volto, che coincidono con quelle del Sudario.
Un altro fattore comune, oltre ad essere la materia di cui entrambi i lenzuoli sono composti, il lino, è il tipo di filato, con una dimensione e un numero di fibrille simili, ma anche con una torcitura delle fibrille antioraria, al contrario della maggior parte dei tessuti di lino antichi, che lascia intendere una provenienza dall’ area siro-palestinese.

Una ulteriore coincidenza è la presenza dimostrata di tracce di tipi di polline, alcuni dei quali persino esclusivi della zona intorno a Gerusalemme ed al mar Morto. Oltre a ciò, le indagini mediche hanno rivelato che il sangue presente sul Sudario è del gruppo AB, lo stesso ritrovato sulla Sindone, molto raro in Europa e piuttosto diffuso, invece, tra le popolazioni mediorientali.
Dagli studi degli esperti, si rileva che il Sudario di Oviedo ha realmente avvolto il capo di un uomo adulto, con barba, baffi e capelli lunghi; inoltre, l’ uomo, prima di morire, fu atrocemente torturato, ebbe grosse difficoltà respiratorie e morì in posizione verticale, con il capo reclinato sul petto; emergerebbe infine che il pezzo di stoffa fu sfilato poche ore dopo.
Concludendo, è estremamente verosimile che i due reperti, su cui ormai non si hanno più dubbi riguardo l’ autenticità, siano appartenuti alla stessa persona, molto probabilmente Gesù di Nazaret.

lunedì 27 agosto 2012

Il paradosso dei gemelli



Il paradosso dei gemelli è un esperimento mentale che sembra rivelare una contraddizione nella teoria della relatività ristretta.Alla fine del XIX secolo si viveva nella convinzione che lo spazio fosse attraversato dall’etere, una sorta di mezzo di trasporto per radiazioni luminose e segnali radio che permetteva loro di viaggiare liberamente. In questo etere però alcuni dati davano un risultato anomalo: gli osservatori vedevano la luce viaggiare alla stessa velocità indipendentemente che si muovessero o meno. Intuitivamente un soggetto in moto avrebbe dovuto invece annotare un velocità inferiore.Hendrik Lorentz e George FitzGerald
Per spiegare il fenomeno, Hendrik Lorentz e George FitzGerald ipotizzarono che i corpi solidi si contraessero mentre si muovevano nell’etere e che gli orologi rallentassero. Questo significava che un soggetto non poteva rendersi conto di essere in quiete o in moto.Il fisico e filosofo tedesco Albert Einstein
Albert Einstein non era d’accordo. Poiché non era possibile capire se ci si muoveva o meno nello spazio, che utilità aveva l’etere? Nel 1905 avanzò l’idea che la velocità della luce non dipendesse dal moto e fosse sempre la stessa. Era il tempo a diventare relativo: due soggetti misuravano il tempo allo stesso modo se erano fermi, ma la loro misurazione cambiava se uno di loro si muoveva rispetto all’altro.
In definitiva, il tempo smetteva di essere una costante.
La teoria è stata dimostrata da esperimenti concreti
Su due aerei sono stati collocati degli orologi estremamente precisi e che segnavano lo stesso orario. Partiti assieme, il primo circumnavigò il mondo da ovest a est e il secondo nella direzione contraria, da est a ovest. Quando arrivarono a destinazione, i loro orologi erano leggermente diversi (si parla di cifre decimali, ma pur sempre significative). Perché questa differenza? Viaggiando verso est, la velocità dell’aereo si aggiunge a quella della Terra e di conseguenza si arriva prima a destinazione. Il che dimostra che il tempo cambia a seconda di come ci si muove.Il filosofo Herbert Dingle
L'analisi che porta a tale conclusione è però scorretta: un'analisi corretta mostra che non vi è alcuna contraddizione. Principale sostenitore della questione fu Herbert Dingle, filosofo inglese. Pur avendo ricevuto numerose confutazioni logiche da Einstein e Bohr, egli continuò a scrivere ai giornali, e quando questi ultimi cominciarono a rifiutare le pubblicazioni, parlò di un complotto ai suoi danni. Risolvendo il paradosso dei gemelli, Einstein ammise la possibilità teorica di un viaggio nel futuro, ferma restando l'impossibilità di superare la velocità della luce. La prima costruzione teorica per la quale risultava possibile un viaggio nel passato, fu elaborata più tardi dalla stesso Einstein insieme a Nathan Rosen.

Enunciato del paradosso
Consideriamo un'astronave che parta dalla Terra nell'anno 3000; che mantenendo una velocità costante v raggiunga la stella Wolf 359, distante 8 anni luce dal nostro pianeta; e che appena arrivata, inverta la rotta e ritorni sulla Terra, sempre a velocità v. Di una coppia di fratelli gemelli, l'uno salga sull'astronave, mentre l'altro rimanga a Terra.
Volutamente, nei calcoli trascuriamo per semplicità l'accelerazione e la decelerazione della navetta, anche se, per portarsi a velocità relativistiche in tempi brevi, occorrerebbero accelerazioni insostenibili per l'uomo e per la nave.
Supponiamo che v sia di 240.000 km/s, cioè v = 0.8 c. Per questa velocità si ha:
1/γ = √1- v²/c² = 0.6
L'anno luce (al) è un'unità di misura della lunghezza, definita come la distanza percorsa dalla radiazione elettromagnetica (luce) nel vuoto nell'intervallo di un anno.
In questa immagine viene mostrato il tempo impiegato dalla luce ad attraversare la distanza dalla Terra alla Luna.
Per cui, secondo la teoria della relatività ristretta, nel sistema in movimento il tempo scorre al 60% del tempo nel sistema in quiete.
Quindi:
- Nel sistema di riferimento della Terra, l'astronave percorre 8 anni luce in 10 anni nel viaggio di andata, e ne impiega altrettanti nel viaggio di ritorno: essa quindi ritorna sulla Terra nel 3020. Sull'astronave, però, il tempo scorre al 60% del tempo della Terra, quindi secondo l'orologio dell'astronauta il viaggio dura 6 anni per l'andata e altrettanti per il ritorno: all'arrivo, quindi, il calendario dell'astronave segna l'anno 3012. Il fratello rimasto sulla Terra è perciò, dopo il viaggio, di otto anni più vecchio del suo gemello.
- Nel sistema di riferimento dell'astronave, per effetto della contrazione relativistica delle lunghezze, la distanza fra la Terra e Wolf 359 si accorcia al 60%, cioè a 4.8 anni luce: alla velocità di 0.8 c, si impiegano quindi, secondo l'orologio dell'astronave, 6 anni per l'andata e 6 per il ritorno, coerentemente con quanto calcolato nel sistema di riferimento della Terra. Ma, poiché in questo sistema di riferimento è la Terra a muoversi, è il suo orologio che va al 60% del tempo dell'astronave: quando l'astronave fa ritorno, sulla Terra sono trascorsi solo 7.2 anni, perciò non è l'anno 3020, ma il 3007, ed è il fratello a bordo dell'astronave ad essere di 4.8 anni più vecchio.
Alcuni, per spiegare il paradosso dei gemelli, sostengono che per l'astronauta, nel viaggio di andata, l'orologio della Terra va più lentamente, ma nel viaggio di ritorno va più velocemente, e in questo modo "recupera" il tempo perso e si avvantaggia. Questo è vero soltanto da un certo punto di vista.
Come spiegato sopra, sia nel viaggio di andata che in quello di ritorno, l'astronauta calcola che l'orologio della Terra va al 60% del tempo del suo. Tuttavia, quello che l'astronauta calcola è differente da quello che vede. Nel secondo caso, infatti, occorre considerare anche il tragitto che la luce compie dalla Terra all'astronave.
Infatti, quando l'astronauta raggiunge Wolf 359, per il suo orologio sono trascorsi 6 anni, ed egli calcola che sulla Terra siano trascorsi 3.6 anni; ma in quel momento, egli viene raggiunto dalla luce partita dalla Terra solo 2 anni dopo di lui, secondo l'orologio della Terra, o 1.2 anni dopo secondo il suo (infatti, nel sistema di riferimento della Terra, l'astronave impiega 10 anni per percorrere 8 anni luce, mentre la luce ne impiega 8; nel sistema dell'astronauta la distanza si contrae a 4.8 anni luce, e i tempi si riducono in proporzione). Perciò l'astronauta vede l'orologio sulla Terra andare non al 60% del suo, ma 3 volte più lento, cioè al 33.3333%. Questo ulteriore rallentamento non è un effetto relativistico, ma lo si osserverebbe anche se valesse la sola fisica classica (seppur la sua entità risulterebbe diversa). Per una trattazione di questo fenomeno si veda l'articolo effetto Doppler relativistico. Nel viaggio di ritorno, l'astronauta va incontro alla luce proveniente dalla Terra, invece di allontanarsene: l'effetto è quindi opposto, per cui egli vede l'orologio della Terra andare più rapido. Precisamente, nei 6 anni (secondo il suo orologio) del viaggio di ritorno, egli vede trascorrere 18 anni sulla Terra (dal 3002 al 3020), per cui vede l'orologio della Terra andare 3 volte più rapido del suo.
In questo senso, l'affermazione riportata sopra è vera. Allo stesso modo, l'osservatore sulla Terra vede l'orologio sull'astronave andare 3 volte più lento del suo nel viaggio di andata, e 3 volte più veloce nel viaggio di ritorno; ma al contrario dell'astronauta, egli vede il viaggio di andata durare 18 anni e quello di ritorno solo 2 (in entrambi i casi l'orologio dell'astronave misura 6 anni), perché la luce emessa da Wolf 359 nell'anno 3010 raggiunge la Terra soltanto nel 3018.
Einstein si rendeva conto che la relatività ristretta aveva dei limiti, perché poteva essere applicata solo a elementi che si muovevano a velocità costante e in linea retta. Con oggetti in moto accelerato o curvilineo non poteva essere applicata.
Fu questo dubbio a portarlo a postulare, qualche anno dopo, la teoria della relatività generale, l’argomento è tanto interessanteper le sue conseguenze, da meritare un articolo a sé stante.

venerdì 10 agosto 2012

La leggenda della terra sommersa



La leggenda della terra sommersa di Lyonesse potrebbe essere confermata dal ritrovamento di Doggerland, l'antico cuore d'Europa sommerso dalle acque




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Leggende di terre perdute al largo delle coste di Francia e Gran Bretagna sono molto frequenti nella tradizione locale. La più famosa di esse, Lyonesse, collegava, a quanto si credeva, Land's End e St. Micheal Mount, in Cornovaglia, alle Isole Scilly.
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Nella Baia di Douarnenez, nel mare di Bretagna, si favoleggia invece della sommersa città di Kerls, che intratteneva forse legami con Mont Saint Michel.
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Le leggende narrano anche di una ragione, detta Cantre'r Gwaelod, al largo della costa del Galles. Cantre'r Gwaelod, su cui sorgevano, fra l'isola di Bardsey e la foce del fiume Teifi, sedici grandi città, era difesa dal mare da dighe che, si dice traspaiono nitidamente sotto le acque della Baia di Cardigan.
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Tutte queste leggende potrebbero trovare un solido riferimento storico dopo la scoperta dell'antico cuore dell'Europa, Doggerland, una grande distesa di terra ferma che collegava le coste settentrionali della Francia con quelle meridionali  della Gran Bretagna. Secondo i ricercatori, l'antico cuore dell'Europa fu sommerso da un catastrofico tsunami.

I riferimenti storici a Lyonesse
Chiunque, in una giornata limpida, spazi con lo sguardo da Land's End, la punta sudoccidentale d'Inghilterra, verso le Isole Scilly, non avrà difficoltà a immaginare che fra queste e il continente sorgesse, in un remoto passato, un fiorente paese. Si trattava, citando il poeta inglese Alfred Lord Tennyson, della “terra perduta di Lyonesse, dove, a parte le Isole Scilly, oggi si stende solo il burrascoso mare”.
Questo luogo è esistito veramente o è stato solo il sogno di un poeta? La leggenda di un grande diluvio compare nelle tradizioni di molti popoli in diverse parti della Terra - Asia, Australia e il Pacifico, America. Il più celebre, nel mondo occidentale, è il Diluvio Universale con la storia di Noè, narrato nel libro della Genesi a partire da un antico racconto mesopotamico (L'Epopea di Gilgamesh). Un fatto abbastanza curioso è che l'Africa non comprenda fra i suoi miti nulla di simile.
Quanto all'Europa occidentale, secondo gli studiosi del folclore, essa lo derivò dalla Mesopotamia, tramite la leggenda greca di Deucalione e Pirra e la storia biblica di Noè. In Europa era forse diffusa, invece, la tradizione di un'alluvione locale, causata non dalla pioggia ma dall'invasione del mare, in seguito, probabilmente, al cedimento del suolo, una vicenda di "terre perdute" che ricorda quella di Atlantide.
Dal Medioevo e dalle epoche seguenti ci sono giunti molti racconti di questo genere, soprattutto per quanto riguarda le coste dell'Inghilterra e, in Francia, della Bretagna. Il più celebrato di questi “paesi sommersi” è sicuramente Lyonesse. Il primo accenno scritto a una terra scomparsa al largo della costa della Cornovaglia è contenuto nell'Itinerario di Guglielmo di Worcester, del XV secolo. Egli parla di “boschi, campi e 140 chiese parrocchiali, attualmente tutti sprofondati, tra il Monte e le Isole Scilly”. Ma, a questo paese sommerso, non assegna alcun nome.
L'antiquario Richard Carew, nativo della Cornovaglia, fu, forse, il primo a identificare il regno svanito nel mare con la Lyonesse della leggenda di Artù. L'opinione è riportata nella Britannia di William Camden e poi nello Studio della Cornovaglia (1602), dello stesso Carew. Egli scrisse: “E il mare, ovunque dilagando, devastò completamente il territorio di Lyonesse, e molte altre vaste zone.
Sull'esistenza di Lyonesse restano le seguenti prove: lo spazio fra Land's End e le Isole Scilly, che occupa una trentina di miglia, conserva ancora oggi quel nome nella lingua della Cornovaglia - Lethosow - e misura in ogni punto una profondità di 40-60 braccia, fatto abbastanza insolito nel mare aperto”. Inoltre a metà strada fra Land's End e le Isole Scilly vi era un gruppo di rocce detto “le Sette Pietre”, che delimitava una zona nota nel dialetto locale come Tregva, “una dimora”. Alcuni pescatori riferirono di aver recuperato in questo punto resti di porte e finestre.
Ai tempi di Carew, a proposito di Lethosow, si narrava la leggenda che, quando il mare allagò e sommerse il paese, un uomo di nome Trevilian riuscì a fuggire su un cavallo bianco lanciato al galoppo innanzi alle onde incalzanti. In tal modo si spiegava allora l'origine dello stemma della famiglia Trevelyan: un destriero che sorge dal mare.
Nel ciclo arturiano, Lyonesse è il nome della terra d'origine dell'eroe Tristano, nipote di re Marco e amante della moglie di questi, Isotta. Poiché Marco era sovrano della Cornovaglia, Carew e un altro autore ritennero che la "terra perduta" locale e Lyonesse fossero un solo e unico luogo. I medievalisti non accettano questa ipotesi e sono dell'opinione che “Lyonesse” sia la forma corrotta di un nome più antico assegnato al paese di Tristano, “Loenois”, attualmente Lothian, in Scozia. Tale collocazione concorda con il fatto che il nome Tristano apparteneva a un principe dei Pitti delI'VIII secolo.
Da quando la terra perduta della Cornovaglia è stata identificata con Lyonesse, si è ammantata del fascino luminoso della leggenda di Artù. Altri collegamenti sono stati fatti: Alfred Lord Tennyson vi ha collocato la corte di Camelot, e i mistici hanno cominciato a sperare di vedere riemergere Lyonesse dalle onde o di scorgerla durante una visione al largo di Land's End. Come Atlantide, Lyonesse è diventata un potente simbolo che esprime il rimpianto per un'Età dell'Oro ormai perduta e, nel caso della Cornovaglia, per un passato più glorioso del presente.

Vi è qualche prova a conferma della tradizione? 
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Lo storico della Cornovaglia William Borlase, nel 1753, accennò a file di pietre, forse indicatrici di una terra scomparsa, estese a partire dalle rive dei Samson Flats, nelle Isole Scilly. Somiglianti a muri di delimitazione dei campi, si credette che fossero opera dell'uomo e, negli Anni Venti, qualcuno formulò l'ipotesi che fossero antiche linee di confine dell'Età del Bronzo.
Essi non costituirebbero la sola prova che le Isole Scilly hanno perduto terreno a favore del mare. Di fronte ai litorali delle isole di St Martin, Little Arthur e Tean, vi sono, infatti, cerchi di capanne e tombe preistoriche che si ritiene siano state coperte dalle acque in epoca romana. In ogni caso, è un dato di fatto che gli autori classici parlino delle Isole Scilly come di un'unica, o fondamentalmente unica, isola fino al IV secolo d.C. Ma, nell'Età del Ferro, il cedimento del suolo attorno alle coste inglesi era molto lento. Lo sprofondamento deve essere stato graduale e intermittente e non concentrato in un solo, traumatico episodio, tale da poter essere registrato, ricordato e tramandato da un uomo.
La storia di Lyonesse ha un equivalente in Bretagna, dove, nelle profondità della Baia di Douarnenez, giace sommersa la grande città di Kerls. Solo il re Gradlon riuscì a sfuggire alla catastrofe, cavalcando come Trevilian un bianco destriero che precedeva le onde.
È possibile che, quando i monaci dell'Abbazia di Mont Saint-Michel, in Bretagna, fondarono in Cornovaglia la casa figlia di St Michael's Mount, abbiano portato con sé la storia dell'inondazione. Qualunque sia stata l'origine della leggenda, non è difficile credere in un allagamento che, come tutti i disastri, fu poi ingigantito dalla fantasia popolare: forse il villaggio perduto diventò una città e la città addirittura un regno. I discendenti dimenticarono il luogo esatto della catastrofe e lo collocarono dove esistevano delle “prove” sotto forma di “edifici” sommersi.

sabato 4 agosto 2012

L'enigma degli Arconti

Archon dal greco "archai ", "origini delle cose, prima dell'inizio dei tempi ". Nel mondo classico mediterraneo,il termine arconte era comunemente usato riferendosi al governatore di una provincia, o, più genericamente a qualsiasi autorità religiosa o governativa.
Da qui il plurale, Arconti, viene spesso tradotto in testi gnostici come "le autorità". (Non c'è una parola copta per Archon, in modo che testi gnostici usano il termine greco in traslitterazione copta.)Si pronuncia Ar-kon. Aggettivo, arcontico (Ar-KON-tik).In cosmologia gnostica,gli Arconti sono una specie di esseri inorganici che sono emersi nel sistema solare prima della formazione della terra. Sono cyborg che abitano il sistema planetario (esclusivo della terra, sole e luna), che viene descritto come un mondo virtuale (stereoma) costruiscono imitando le forme geometriche emanate dal Pleroma, il regno dei generatori, gli Dei cosmici.
Gli Arconti sono una specie originale con il loro proprio habitat e hanno una brutta tendenza ad allontanarsi dai loro confini e di inserirsi nel regno umano. Gli Arconti hanno un intensa invidia verso l'umanità, perché noi possediamo l'intenzionalità che a loro manca. In psicologia gnostica, la scienza noetica delle scuole misteriche, gli Arconti sono una forza aliena che subliminalmente si intromette nella mente umana e devia la nostra intelligenza lontano dalle sue corrette e sane applicazioni . Non sono ciò che ci fa agire disumanamente; tutti noi abbiamo il potenziale per andare contro la nostra umanità innata, violando la verità nei nostri cuori.
Quindi gli Arconti sono parassiti psico-spirituali . Eppure, come figli di Sophia Aeon,sono anche i nostri parenti cosmici.Come entità inorganiche di due tipi, embrionali e rettili,gli Arconti possono in ogni momento penetrare l'atmosfera terrestre e terrorizzare gli esseri umani anche se non vi è alcuna ragione o scopo di queste incursioni visto che non possono rimanere a lungo nella biosfera.Lo statuto ontologico degli Arconti è duplice: esistono sia come una specie aliena indipendente del genere umano e sia come presenza nella nostra mente, un po 'come una serie di programmi che operano nel nostro ambiente mentale. Il rischio che ne deriva, invadendo il nostro software mentale è di gran lunga maggiore di qualsiasi rischio fisico che potrebbe rappresentare dalla violazione della biosfera.

mercoledì 1 agosto 2012

Il progetto MK – ULTRA

Il progetto MKULTRA (conosciuto anche come MK-ULTRA) si riferisce ad una serie di attività svolte dalla CIA tra gli anni cinquanta e sessanta che aveva come scopo quello di influenzare e controllare il comportamento di determinate persone (cosiddetto controllo mentale). Il progetto non è mai stato reso ufficialmente pubblico dalla CIA, ma vi sono varie testimonianze dirette che riferiscono di esperimenti condotti da personale dell’intelligence. Tali esperimenti prevedevano la somministrazione dell’ipnosi, sieri della verità, messaggi subliminali, LSD ed altri tipi di violenze psicologiche su cavie umane.

Si suppone che uno degli scopi del progetto fosse quello di modificare il livello di percezione della realtà di alcune persone, costringendole a compiere atti senza rendersene conto; una delle ipotesi vuole che la CIA fosse interessata alla possibilità di creare degli assassini( Hashascin ) inconsapevoli.

Nel 1977, grazie alla legge sulla libertà di informazione, furono derubricati alcuni documenti che testimoniavano la partecipazione diretta della CIA al programma MKULTRA.

Il progetto fu portato all’attenzione dell’opinione pubblica per la prima volta dal Congresso degli Stati Uniti e da una commissione chiamata Rockfeller Commission. Tale commissione pubblicò un documento che recitava:

« Il direttore della CIA ha rivelato che oltre 30 tra università e altre istituzioni sono coinvolte in un programma intensivo di test che prevede l’uso di droghe su cittadini non consenzienti appartenenti a tutti i livelli sociali, alti e bassi, nativi americani e stranieri. Molti di questi test prevedono la somministrazione di LSD. Almeno una morte, quella del Dr. Olson, è attribuibile a queste attività. »
Le origini

Il progetto Mk-Ultra fu ordinato dal direttore della CIA Allen Dulles il 13 aprile 1953, al fine di contrastare gli studi russi, cinesi e coreani sul cosiddetto controllo mentale (mind control), ovvero sul controllo della psiche delle persone. Questa tecnica poteva portare numerosi vantaggi per gli USA, come ad esempio la creazione di assassini inconsapevoli o il controllo di leader stranieri scomodi (come ad esempio Fidel Castro).

Nel 1964 il progetto fu rinominato MKSEARCH in quanto si stava specializzando nella creazione del cosiddetto siero della verità, sostanza che sarebbe poi stata usata per interrogare esponenti del KGB durante la guerra fredda. Dato che quasi tutti i documenti riguardanti l’MK-ULTRA sono stati distrutti dall’allora direttore della CIA Richard Helms, è praticamente impossibile poter ricostruire tutte le attività svolte nell’ambito di questo progetto.


Gli esperimenti

La stessa agenzia ha successivamente riconosciuto che quei test avevano una debole base scientifica e che gli agenti posti all’esecuzione e controllo degli esperimenti non erano ricercatori qualificati[1].

I documenti recuperati fanno presupporre, con un sufficiente margine di certezza, che la CIA abbia usato radiazioni e LSD al fine di controllare le menti delle cavie. Le vittime erano dipendenti della CIA, personale militare, agenti governativi, prostitute, pazienti con disturbi mentali e gente comune; il tutto con lo scopo di verificare che tipo di reazione avessero queste persone sotto l’influsso di droghe e altre sostanze.

Il Dottor Sidney Gottlieb, l’ideatore di tutti gli esperimenti, era solito anche torturare le vittime aggiungendo alla normale dose di droga anche rumori molesti o costringendoli ad ascoltare frasi offensive a ciclo continuo.

domenica 29 luglio 2012

Ufo e Roma Antica



Il tema UFO non è fenomeno che caratterizza il nostro tempo. Gia' nel Passato vi furono avvistamenti nei cieli del pianeta e le testimonianze raccolte attraverso il tempo costituiscono una prova tangibile del loro passaggio.


Abbiamo già trattato questo argomento,ricollocando il fenomeno UFO nella storia e ricollegando questi avvenimenti con i rispettivi periodi di apparizione. Africa,America latina,Europa e anche Asia hanno avuto a che fare almeno una volta con queste temantiche. In questo articolo vogliamo approfondire uno dei periodi storici più gloriosi ma a ancora scarsamente conosciuto in campo ufologico, La roma antica. Si conoscono moltissime cose riguardo a questo florido periodo storico ma analizzando questo periodo in termini ufologici è molto strano che uno dei più grandi imperi di tutti i tempi non riporti alcun segno di contatto. Le possibili ipotesi di tale mancanza possono essere varie, ma due si rivelerebbero particolarmente interessanti:


- prima ipotesi :Il fenomeno UFO non si è verificato in quel periodo storico particolare


- seconda ipotesi :vi furono avvistamenti ma non furono rilevanti


Pur essendosi distinti in campo archtettonico e militare i romani erano troppo legati hai loro culti religiosi manifestando così scarso interesse verso qualcosa di più ampio,per cui avvistamenti o presunti contatti non erano ritenuti utili a fine di analisi.


Tra le due ipotesi nessuna sembrerebbe attendibile o per lo meno non aiutano a capire, perciò ipotizzando che pur essendoci stato un contatto, esso non sia avvenuto in presenza dei grandi autori e che valutando le opere architettoniche non vi sia stata una raffigurazione artistica in tal senso a causa dei ripetitivi e standardizzati canoni di costruzzione.


La prima smentitia ci arriva da Giulio Ossequente, fù uno storico romano vissuto attorno al 40 d.C.


Nella sua opera presa in analisi, cioè il Libro dei Prodigi (De prodigiis) descrive - citando fonti autorevoli come Tito Livio - anomalie avvenute a Roma e nei suoi domini. Dell'opera ci è giunta la parte tra il 249 a.C. ed il 12 a.C. Questi avvenimenti furono descritti in modo dettagliato e in odine cronologico, utilizzando come fonti di autorevolezza le liste dei consoli.


Ma vediamo nel dettaglio: "A Capua fu visto il sole di notte. Nel Campo Stellato una parte dei montoni di un gregge fu uccisa da un fulmine. A Terracina nacquero tre gemelli. A Formia durante il giorno furono visti due soli. Il cielo bruciò. Un uomo fu bruciato da un raggio di luce uscito da uno specchio. A Gabi piovve latte. Nel Palatino parecchie costruzioni furono colpite dai fulmini. Nel tempio della Vittoria entrò un cigno e sfuggì dalle mani di chi voleva catturarlo. A Priverno una fanciulla nacque senza una mano. A Cefalonia si vide una tromba che suonava in cielo. Piovve terra. A causa di una violenta tempesta furono distrutte case e devastati campi. Spesso caddero dei fulmini. Durante la notte a Pesaro brillò una specie di sole. A Cere nacque un maiale con mani e piedi umani e fanciulli con quattro piedi e quattro mani. A Foro Esino una fiamma, uscita dalla bocca di un bue, non lo ferì.
(Ti. Graccho M. Iuventio coss. - 163 a.C.)






Anche Seneca , nel suo trattato di scienze naturali, riporta le numerose osservazioni effettuate sulla manifestazione di inspiegabili "travi luminose" che comparivano all'improvviso nei cieli delle citta' antiche per rimanervi immobili per parecchi giorni, per poi sparire all'improvviso come erano arrivate. Accadde anche, secondo le cronache, che da Roma molte corti di legionari corsero verso Ostia in soccorso della citta' credendo fosse distrutta da un incendio di vaste proporzioni tanto erano i bagliori rossastri che giungevano dalla sua direzione. Quando i soldati vi giunsero vi trovarono solo una enorme trave fissa nel cielo che spandeva la sua luce rossastra e che rimase, immobile, per alcuni giorni nel cielo.


Ecco altri esempi :Ad Amiterno un bambino appena nato da una ancella disse "Ave!". Nel territorio perugino e in alcuni luoghi di Roma piovve latte. Tra le varie cose colpite da un fulmine, ad Atella quattro dita di un uomo furono tagliate come da una spada. Una moneta di argento si sciolse con il calore di un fulmine. Nel territorio di Trebula una donna sposata con un cittadino romano fu colpita da un fulmine ma sopravvisse. Nel cielo si sentì un rumore e si vide cadere una palla dal cielo. Piovve sangue. A Roma di giorno fu possibile vedere una fiamma che fluttuava nell'aria. Nel tempio dei Lari una fiamma entrò dal tetto e arrivò alla sommità della colonna senza far danno. Su proposta del console Cepione le giurie furono divise tra senatori e cavalieri. Le altre cose rimasero in pace.
(Q. Servilio Caepione C. Atilio Serrano coss. - 106 a.C.)


Un gufo fu visto fuori città. Una mucca parlò. A Tremula Mutusca fu trovata con il capo coperto una statua, che era a capo scoperto. A Nocera un olmo, rovesciato dal vento, si ristabilì eretto sulle radici di sua spontanea volontà. In Lucania piovve latte, a Luni sangue. A Rimini una cane parlò. Armi celesti furono viste combattere in un certo momento dall'est all'ovest e prevalse quella occidentale. In base al responso degli aruspici il popolo portò un'offerta a Cerere e a Proserpina. Ventisette vergini portarono i doni cantando. La Luna e una stella apparvero dall'ora terza all'ora settima durante il giorno. Il territorio vicino a Turi fu devastato dai fuggitivi e dai disertori. I Cimbri dopo aver oltrepassato le Alpi e aver devastato la Spagna si unirono ai Teutoni. Un lupo entrò a Roma. Alcuni avvoltoi furono colpiti e uccisi da un fulmine su una torre. All'ora terza ci fu un'eclissi. Uno sciame di api si stabilì davanti al tempio della Salute. Piovve latte sul Comizio. Nel Piceno furono visti tre soli. Nei campi di Volsini si vide una fiamma, spuntata dalla terra, toccare il cielo. In Lucania due agnelli nacquero con zampe equine; uno dei due aveva la testa di scimmia. Nei pressi di Tarquinia sgorgarono dalla terra fiumi di latte. In base al responso degli aruspici furono collocate due statue di legno armate e si tenne una supplicatio. In Macedonia i Traci furono sottomessi. (C. Mario C. Flavio coss. - 104 a.C.)


A Tarquinia si vide una fiaccola ardente improvvisamente scendere. Al calare del Sole si vide un oggetto circolare simile a uno scudo dirigersi da ovest a est. Nel Piceno le abitazioni furono ridotte in rovine da un terremoto, mentre alcune rimasero inclinate nella loro sede sconvolta. Un fremito di armi fu udito dal fondo della terra. Le Quadrighe dorate nel foro sudarono nella parte inferiore. Gli schiavi fuggitivi in Sicilia furono trucidati in battaglia.
(C. Mario L. Valerio coss. - 100 a.C.)


Possiamo quindi dire che anche in quel periodo vi furono avvistamenti (come nella Grecia classica) ma a differenza di altre parti del mondo non vi è alcuna costruzione o reperto ancora utile per poter dire con certezza quanto queste anomalia abbiano influito sul ordinario vivere, ci rimangono solo pochi scritti fortunatamente composti da fonti autorevoli.

Concludo dicendo che non si può escludere nulla a priori solo il tempo potrà mostrarci realmente le cose per quelle che sono,(la famosa grotta affrescata di Romolo e Remo, è stata portata ala luce nel 2007 per la prima volta....

martedì 17 luglio 2012

GB: Gli UFO possono arrivare sulla Terra



Nelle ultime ore sono stati resi noti i documenti appartenenti al ministero della Difesa in Gran Bretagna che riguardano la venuta degli alieni sulla Terra.

Tra i motivi plausibili per una presunta visita degli extraterrestri sul nostro Pianeta, si riscontrano lo studio delle tecniche militari, la scienza, e, quella che è apparsa senza dubbio la più strana: il turismo. La documentazione è stata per anni custodita segretamente e solo oggi trova pubblicazione dagli archivi nazionali.

Nei documenti sono inoltre trattati casi specifici, un ufficiale in stretto contatto con gli Ufo, gli avvistamenti, i contatti. Il nome dell’uomo non viene però rivelato, ma descrive i veicoli su cui gli alieni viaggerebbero, il loro status tecnologico, molto più sviluppato del nostro.

Questo tema in Inghilterra non è affatto nuovo, molto spesso vengono affrontati casi del genere, in particolare Tony Blair avrebbe mostrato particolare interesse in merito, nel 1998 emanò una legge per cui obbligava a pubblicare le documentazioni possedute dal governo. Finalmente oggi le quasi 7.000 pagine di atti sono visibili a tutti, nonostante gli ufologi che lavorano per il governo abbiano sconsigliato tali pubblicazioni.

I nomi citati sono svariati, molti sconosciuti, altri di ufologi che avevano contatti diretti, si moltiplicano ora le domande, perché questi esseri così avanzati dovrebbero voler giungere sulla Terra? Ma ciò che resta celato dal mistero è l’incalzante interesse di Tony Blair, vero motore di tale pubblicazione.

Fonte: Link

martedì 10 luglio 2012

Ufo Crash di Roswell: ex agente della CIA conferma l'incidente




La storia infinita. Non c'è altro modo per definirla. La pietra miliare dell'ufologia:l'incidente di Roswell nel luglio del 1947. Qualcosa precipitò realmente in New Mexico, qualcosa che fu definita un'astronave aliena, poi un pallone sonda, poi un razzo. Tra memorandum rilasciati dal Vault, e altre testimonianze, dopo 65 anni salta fuori un testimone d'eccezione: l'ex agente della CIA Chase Brandon, che ha dichiarato che le informazioni sono nascoste in una cassaforte nel quartier generale dell'agenzia a Langley.

"Quando ho visto cosa custodivano mi sono detto, mio dio è accaduto davvero. Non era un pallone sonda, era un'astronave aliena". L'agente speciale Brandon, per 25 anni ha agito in incognito, in operazioni di anti-terrorismo, traffico di stupefacenti e contrabbando di armi. Quando si è verificato l'incidente di Roswell, le autorità militari rilasciarono un comunicato stampa: "Le molte voci riguardanti il ​​disco volante ieri sono diventate una realtà, quando l'ufficiale dei servizi segreti del Bomb Group 509 della Eighth Air Force, Roswell Army Air Field, è stato abbastanza fortunato da entrare in possesso di un disco." Poi la versione fu cambiata, 24 ore dopo, con la storia del pallone sonda. Ma ora sembra che Brandon stia ampiamente riaprendo il caso. Ha dichiarato all''Huffington Post che non parlerà mai delle prove che ha trovato, che però sembrano aver cancellato ogni dubbio sulla faccenda: a Roswell precipitò un'astronave aliena. Trovate maggiori informazioni sui documenti rilasciati dal sito The Vault QUI e ancora QUI .

Qualcosa mi dice che molti altri testimoni e documenti salteranno fuori. Quindi la domanda che dobbiamo porci è la seguente: sono autentici e è una grande operazione di contro-informazione per ingannare le nostre menti e prepararci nel modo sbagliato a qualcosa di "combinato"?



Articolo a cura di Eclissi del Mondo

mercoledì 4 luglio 2012

Scoperto nuovo testo Maya: la profezia non ha più segreti

Si tratta del testo più lungo mai rinvenuto in Guatemala. Intagliato su gradini di una scala, registra 200 anni di storia del sito La Corona. E racconta di quel viaggio fatto dal sovrano per tranquillizzare i sudditi spaventati dalla fine imminente.
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LA CORONA (Guatemala) - Conquistati i social network, la febbre da fine del mondo è diventata un tema di discussione molto "cool". I worldenders più impazienti avevano addirittura insinuato che i Maya avessero sbagliato data e che la fine non sarebbe arrivata il 21 dicembre 2012 ma il 5 giugno, in occasione dell'allineamento Sole-Venere-Terra. E' trascorso un mese e ancora non è successo nulla. Ma niente paura: per tener viva l'attesa e restituire credibilità alla profezia ora entra in gioco l'archeologia, riportando alla luce un documento che, raccontando di una visita reale effettuata in Guatemala nel 696 a.C. dal sovrano Maya, ribadisce che il mondo finirà inevitabilmente il 21 dicembre.
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Gli esperti del sito guatemalense de La Corona hanno scoperto questo testo Maya risalente a 1.300 anni fa proprio in questi giorni, realizzando, fine del mondo a parte, uno dei ritrovamenti archeologicamente più interessanti degli ultimi decenni: si tratta infatti del geroglifico più lungo mai scoperto in Guatemala, talmente importante da esser già stato presentato al Palazzo Nazionale locale. Ma attenzione a non farsi travolgere da romanticismi new-age. "Questo testo parla dell'antica storia politica dei Maya più che della profezia", precisa Marcello Canuto, direttore del Middle American Research Institute dell'Università di Tulane e co-direttore degli scavi a La Corona.
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Intagliato sui gradini di una scala, il manoscritto registra 200 anni di storia del sito La Corona e il riferimento al 2012 è stato rilevato su un blocco della scala che riporta 56 geroglifici finemente scolpiti. Il contenuto racconta di una visita reale a La Corona effettuata nel 696 a.C. dal sovrano Maya più potente di quel tempo, Yuknoom Yich'aak K'ahk' di Calakmul, solo pochi mesi dopo la sconfitta ricevuta da parte del rivale Tikal, e gli studiosi ritengono che il viaggio servisse a placare le paure del popolo, preoccupato per la sopravvivenza del proprio re.
Il riferimento al 2012, secondo i ricercatori, rimandava proprio alla volontà del sovrano di procrastinare a un ciclo lontanissimo nel tempo la fine del suo regno: più che una profezia sulla fine del mondo, dunque, il testo sarebbe un riferimento alla durata della sovranità di un re tormentato e andrebbe quindi inserito in un quadro cosmologico più ampio.
Poche settimane fa, un gruppo di archeologi dell'università del Texas aveva anche portato alla luce, sempre in Guatemala, i più antichi calendari astronomici Maya mai scoperti fino ad oggi, scolpiti sulla parete di un'abitazione scavata nel sito archeologico di Xultun. Né il calendario cerimoniale di 260 giorni, né quello solare di 365 gironi, né il ciclo annuale di 584 gironi legato al pianeta venere né quello di 780 giorni di Marte, però, fanno riferimento alla fine del mondo "prevista" per il 2012: "Gli antichi Maya predissero che il mondo avrebbe continuato ad andare avanti e che in 7mila anni le cose sarebbero tornate al punto di partenza", ha spiegato uno dei ricercatori, William Saturno.
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Il 21 dicembre 2012, tuttavia, continua a far sognare. Temuto e atteso con ansia al contempo, è la data del calendario gregoriano nella quale, secondo alcune aspettative e profezie, si dovrebbe verificare un evento, imprecisato e di proporzioni planetarie, capace di produrre una discontinuità storica con il passato e una radicale trasformazione dell'umanità in senso spirituale.
Alcuni ipotizzano che dietro questa data si nasconda la fine del mondo. Ma secondo Sandra Noble, executive director della Foundation for the Advancement of Mesoamerican Studies, Inc. a Crystal River in Florida, "considerare il 21 dicembre 2012 come un giorno del giudizio o un momento di cambiamento cosmico è un'invenzione assoluta ed un'opportunità per molte persone di fare profitto". La fine di un ciclo del calendario era infatti vista dal popolo Maya semplicemente come occasione di grandi celebrazioni per festeggiare l'ingresso nella nuova epoca, in questo caso il 14º b'ak'tun.