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venerdì 25 novembre 2011

L'Uccello di Saqqara, un aereo nell'antichità

Volare, antico sogno dell’uomo.
Il genialeLeonardo da Vincici ha lasciato calcoli e progetti di stupefacenti macchine volanti, ma si dovettero attendere ifratelli Wrightper realizzare quest’aspirazione.

Eppure, vi sono indizi che farebbero supporre che qualcosa di simile a dispositivi per il volo fossero in qualche modo noti fin da tempi remoti. Vi sono i riferimenti, infatti, in testi antichi e sono stati pure ritrovatialcuni oggetti archeologici dalla forma di "aereo": elementi che insinuano il dubbio, per quanto stravagante, che alcune popolazioni arcaicheconoscesseroin qualche maniera quello che si può paragonare all’odierno aeromobile.

L'Uccello di Saqqara(detto anchel'Aereo del Faraone,l'Aereo di Saqqara,l'Aliante di Saqqara) fu ritrovato nella tomba di Pa-di-Imen a Saqqara, in Egitto, nel 1898. Esso, datato intorno al 200 a.C., è in legno di sicomoro, è lungo 14.2 cm, ha un’apertura alare di 18.3 cm e pesa quasi 40 grammi.

All’epoca del suo rinvenimento, fu riposto in una scatola etichettata "modello di uccello in legno" e lasciato cadere nell’oblio dei depositi del Museo del Cairo, dov’è tuttora conservato ed esposto. Soltanto parecchi anni dopoKhalil Messiha, professore di anatomia artistica all'università di Helwan e membro dell'Egyptian Aeronautical Club, riscoprì l’artefatto e lo portò all’attenzione degli studiosi, avanzando l’ipotesi che esso non fosse un semplice uccello, bensìil modellino di un aereo o di un aliante.

Gli egittologi tradizionalisti rigettarono questa tesi, concordando che l’oggetto si trattasse della rappresentazione di un uccello dalle ali spiegate, benché con alcuni connotati inconsueti rispetto alle raffigurazioni tradizionali.
Sulla parte anteriore del manufatto sono visibili quelli che sarebbero becco e occhi, mentre la coda, distinta dal corpo da una netta linea di demarcazione quasi a volerne separare le due parti, è posta stranamente in verticale, cosa appunto che non si rinviene nell’iconografia egizia. Una leggera traccia di pittura, su un lato della coda, fa presupporre che un tempo esso fosse dipinto.

L'aereo di Saqqara, una foto ravvicinataPer quanto riguarda l’uso, tali egittologi lo ritennero un manufatto cerimoniale, per esempio un falcone che simboleggia il dioHorus. La forma della coda, ovvero il particolare che ha sollevato i maggiori dubbi, sarebbeuna banderuola per il ventosimile a quelle collocate sulle barche sacre, dettaglio visibile in alcuni rilievi trovati nel Tempio di Khonsu a Karnak, nei quali banderuole ornano la prua di tre imbarcazioni impiegate durante le feste di Opet.

Messiha non fu affatto persuaso da queste deduzioni.
Fece notare, innanzitutto, che l’oggetto è privo di zampe d’uccello e che non vi sono intagli a disegnare le piume, e rigettò la supposizione che la coda fosse una banderuola, asserendo che nelle usuali riproduzioni la coda dei volatili è orizzontale, e data la standardizzazione dell’iconografia non aveva senso realizzarla altrimenti.
L’artefatto, dunque, doveva trattarsi per forza essere un modellino di un monoplano originale.
Nel 1983, il professore egiziano pubblicò i suoi studi in merito, attirando così l’attenzione su "l’aliante di Saqqara", che venne considerato uno dei più notevoliOOPArt.

L'uccello di Saqqara, una foto ravvicinataSulla base di queste supposizioni, altri studiosi e specialisti incominciarono a testare l’effettiva possibilità del modellino di uccello/aliante di volare.

Una commissione tecnica appositamente costituita giunse alla conclusione che il modellino non poteva essere un mero giocattolo, poiché possedeva canoni aerodinamici troppo specifici e di cui addirittura soltanto velivoli odierni sono dotati. Esso, infatti, possiedele proporzioni esatte di un vero aliante moderno, in particolare di quella tipologia che riesce a mantenersi in volo a una velocità tra i 70 e i 100 km/h grazie all’ausilio di un piccolo motore, essendo in grado nondimeno di trasportare un carico notevole.
Questa capacità è determinata dalla forma stessa dell’aliante e dalla precisa proporzione tra la struttura e le ali, inclinate leggermente verso il basso, tutti requisiti che sono stati accuratamente riprodotti nel manufatto antico.

Basti pensare, per di più, che un principio aerodinamico simile è alla base della progettazione delConcorde, la cui curvatura delle ali riesce a conferire il massimo slancio al decollo senza far perdere velocità.
Da allora l’oggetto fu chiamato "l'aereo del Faraone".

Per come è giunto a noi, però, il modellino non avrebbe mai potuto funzionare come un vero aliante, poiché manca della coda a dargli stabilità in volo, benché questa, suggerì Messiha, potrebbe essere semplicemente un particolare perduto.

L'aliante di Saqqara, una foto ravvicinataIl progettista di alianti e aeromobiliMartin Gregorie, allora, ricostruì il modellino dotandolo di una coda adeguata, per testarne l’effettiva capacità di volo, e concluse che l’artefatto di Saqqara non avrebbe mai potuto volare, non solo per la mancanza della coda, ma anche per com’è costruito.
Messiha replicò che il modellino poteva essere l’esempio in scala ridotta di qualcosa di più grande realizzato in altri materiali e perfettamente funzionante, un qualcosa diconosciutoagli Egizi e i cui resti forse si trovano ancora sepolti da qualche parte a Saqqara.

Le ipotesi più suggestive si susseguirono e ancor oggi molti continuano ad ipotizzare che l’oggetto siala prova che gli Egizi possedessero una tecnologia molto più avanzata di quanto sappiamo, grazie ai loro studi oppure al dono da parte di un’antica e misteriosa civiltà a loro precedente. Quest’ultima affascinate ipotesi pare venga confermata, con un po’ di bizzarria, da una piccola iscrizione che si trova sul manufatto, "dono di Amon", che sembra un ringraziamento per qualcosa, forse per quello stesso congegno volante, ricevuto da fantomatici Dèi venuti dal cielo.


Francesca Fuochiracconta di questa e di altre misteriose faccende sul suo bloginterno-2.blogspot.com
Articolo scritto da:
Francesca Fuochi


Leggi tutto qui:http://www.latelanera.com/misteriefolclore/misteriefolclore.asp?id=122#ixzz1eiHVW9Hh
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martedì 22 novembre 2011

Archeo UFO: in Perù è stata scoperta una mummia aliena?

Le scoperte archeologiche, con possibile valenza sul fenomeno UFO e l’ipotesi aliena, sono aumentate in misura esponenziale negli ultimi anni. Reperti, tracce e persino cadaveri mummificati. Scoperte sul cui valore la comunità scientifica orotodossa mantiene una posizione di pregiudizio. Tra gli appassionati del fenomeno UFO e l’ipotesi concernente una civiltà extraterrestre, si registra invece un notevole entusiasmo in queste circostanze.
E gli ufologi? Costoro si dividono tra più possibilisti e scettici, adducendo ognuno motivazioni e argomentazioni opposte quanto valide pur nella loro diversità d’opinione. L’ultimo caso destinato a far discutere giunge dal Sud America, continente tradizionalmente foriero di scoperte del genere.
Un antropologo, Renato Devila Riquelme, ritiene un corpo rinvenuto mummificato, inizialmente classificato come quello di un bambino, con caratteristiche non “umane”.
Il reperto sembra possedere caratteristiche non coincidenti con la teoria iniziale, quella del bambino, ma apre il campo ad una serie di ipotesi intriganti.
Il reperto è conservato nel museo Andahuaylillas di Cuzco (località piuttosto nota agli appassionati per l’alto numero di avvistamenti).
Quali sono le caratteristiche che renderebbero la piccola mummia meritavole di un approfondimento e con potenziali implicazioni con l’ipotesi aliena? Denti, forma della testa e circonferenza degli occhi in primis. Diversi altri fattori farebbero ritenere la scoperta non convenzionale.
Una teoria che lo stesso Renato Devila Riquelme ribadisce in un video di RPP Noticias, emittente sudamericana tra le più seguite. Pare che l’ipotesi di trovarsi di fronte a resti “non umani” sia stata avvalorata da alcuni ricercatori russi e spegnoli. Come sempre, in questi casi, le possibili spiegazioni convenzionali possono essere molteplici. Non è escluso che la vicenda possa far registrare ulteriori sviluppi. (Foto: rpp.com.pe

mercoledì 16 novembre 2011

The Phoenix Lights

The Phoenix Lights
by Steve D.Am.

March 13, 1997, Phoenix, Arizona
See the evidence at Now.

The Phoenix LightsRECAP OF TIME LINE: DATELINE: July 2, 1997
My Name is Steve D.Am. I am a UFO researcher from Central Florida. An article appeared in the Orlando Sentinel paper on Friday June 27, 1997.(insert in paper called rave) The Article was By DNA Smith and it's title "The Phoenix UFOmystery solved".
It begins detailing the events on March 13,1997. Stating that the residents of Paulden Arizona, saw something strange in the night sky. They described it as being very large and "a boomerang shaped craft"- what they thought was a UFO.
Hundreds of Arizonians reported the sighting, which was possibly witnessed by thousands of people. The article goes on to say "so what did those people see? - did they see an actual alien space craft? - based on the published reports in USA Today and CNN, plus my own research, I'd have to say no."
"What the people of Pauldon, Phoenix, Tempe and other cities witnessed was not a UFO, but an experimental military aircraft - perhaps making an emergency landing. What they most likely saw was either a modified B-2 Stealth bomber or a next generation prototype Stealth aircraft"
"The first clue is the shape. All the witnesses agreed that they saw something big and boomerang - shaped in the air. The B-2 is a classic "flying wing"design", which looks very much like a huge boomerang when seen from above (or the ground). "The second major clue is the crafts flight path. Hundreds of people through central and south central Arizona followed the path of the craft until it "disappeared" near Tucson "That's because it no doubt landed at Monthan Air Force Base,which sit's right next door to Tucson. Davis -Montahn AFB.is home to many hi-tech fighters and bombers which routinely use roughly the sameflight paths in their training missions. "The reason I think this was an experimental aircraft is because if it were just a B-2 Bomber on a training run,the Air Force would have said so. "Also because the Air Force flies it's planes along the same route as the "UFO" I would think the residents would have gotten used to their presence in the air by now. What they saw was something outside of their normal experience, which leads me to believe they witnessed an experimental craft. "Another reason is the proximity of two military installations within a few hundred miles of each other-their mission solely to design,develop and test experimental aircraft." The first to the north and east of Paulden ,Arizona is the White sands missile range Utah launch complex(R-6413),dubbed "The new Area 51. "White sands is the Air Forces new launch site for the x-33 shuttle and other experimental aircraft. "The second site is southwest of Colorado Springs -The Air Force Space Command and it's Space Warfare Center(SWC). The SWC is home to the 576th Flight Test Squadron,which tests prototypeaircraft.""What I believe happened was a very large experimental aircraft took off from either White Sands or the SWC on a test flight, got into trouble and hadto make an emergency landing. "The closest Air Force Base the pilot could turn to that could accommodate a craft of it's size was Davis-Monthan AFB,south of Tucson,so he took the same route the pilots from there routinely used,hoping he wouldn't draw attention to himself. "Unfortunately,he drew alto of attention to himself and now thousands of people think he's ET."
"So according to staff writer,that's all there is to say regarding the Phoenix sightings."Am sure the residents of Arizona would like to hear of this explanation. Oh,and you have wonder did "another experimental aircraft run into trouble just recently over Las Vegas" Am sure there will be an explanation for that soon enough. Take care and best wishes in all your endeavors.
DATELINE: July 1, 1997
new video is surfacing in Phoenix. It was shot in the daytime by a couple in the west Phoenix area. I believe it was shot within the last three months. It collaborates the sighting I had on 6-23-97 of a silver metallic reflecting object just over or on the ground of the Estrella Mountain peak. In our sighting the object disappears and reappears in a different location of the Mountain. An almost identical situation was captured on video and here is a description.


Two silverly objects are seen hovering over a northern part of the Estrellas Moutains. The two objects are quite close together and very close to one of the hills, not far from touching the ground. There are several other mountains in the shot including one aircraft flying overhead at a higher altitude. The objects remain in a rock solid hover for at least one minute. Suddenly one of the objects disappears into nothing and is gone. Then another object appears except its farther away and flys into the scene from behind a mountain. As its cruising to the left,this object does a sudden "jump" to another position. In 1/30 of a second it appears to travel over half a mile, then resumes its normal speed again. After this happens the original object hovering more in the foreground suddenly drops.
They don't appear to be flares in the video, and since most of the objects maneuver in a fashion flares can't. I would rule that out of this video. The exact location of the UFO ground area will be investigation by the entire Arizona Skywatch International with help from Village Labs. I was invited to see this video, and it was also viewed by Bill Hamilton.
What this video does prove is a theory. Something is going on by the Estrella Mountains and whatever it is, military, or ET. They're coming in low and the videos are coming closer to actually videotaping one on the ground.
Tom King AZ Dir SKYWATCH INTERNATIONAL
DATELINE: June 30, 1997
There is still a hive of UFO activity in and around Phoenix! Many people reported seeing the objects, described as glowing balls of light. Eyewitnesses videotaped the sightings, and these tapes were played on the local Arizona nightly news as the "lead story"!
UFO activity is continuing!
Just this week, on the evening of Wednesday, April 16th, several people,reported a fantastic UFO sighting over Uptown Sedona. It consisted of two rows of glowing objects that appeared to be connected by a cylindrical object.
It was extremely slow moving, and emitted a very low humming sound. It maneuvered unlike any airplane or helicopter that the eyewitness had ever seen. It also did not make any typical airplane or helicopter sounds. The local, state, and federal governments continue to deny any knowledge of these UFOs.
SKYWATCH INTERNATIONALDATELINE: June 25, 1997
Monday June 23, 1997, I participated in a radio talk show in Gainsville, Florida, hosted by Todd Lewis. Todd's guests were Tom Ley and Jim Diletto of The Phoenix Lights fame.
The discussion basically was an overview of the incident with Mr. Ley retelling the events and Mr. Diletto expressing his belief in UFOs and how he was reconstructing the sighting using a virtual reality model. Mr. Ley made some comments concerning his sighting of the craft on March 13, 1997 in Phoenix, Arizona, which I'm not sure had been previously reported.
Everything I had read stated the craft slowly flew over Phoenix and once again slowly drifted away. Mr. Ley states the v-shaped craft shoot into view traveling at mach 1 or higher before coming to a halt over his and wife's head.
He also stated the craft was not black, but non-descript and blended in with the sky.
He also stated that the craft had a row of lights which were only discernible when the craft was banking at the correct angle.
Publisher
DATELINE: June 23, 1997
Riddle of the biggest UFO yet.
Bill Coles (in New York)
The biggest UFO sighting in the history has left defence chiefs baffled - and thousands of witnesses are now convinced we are NOT alone. A giant V-shaped object with red and white lights cruised silently for 200 miles over Arizona. The slow moving UFO the size of three football pitches, was visible for nearly two hours. It was first spotted by a retired cop - and soon police were flooded with reports.
Pilots and air traffic controllers were among the witnesses. Dozens of people shot video footage as the UFO passed low over Phoenix at around 8:15pm on March 13. And despite three months of computer analysis, no one yet has come up with any explanation.
Trucker Bill Griener, 51, watched three fighters scramble to intercept the mystery craft. He said: "It shot straight up and disappeared. I've seen something that don't belong here."
As you can see this was only a small article.
In an infinite universe, infinitely anything is possible. Sean Jones
http://www.tedric.demon.co.uk/

DATELINE: June 20, 1997
I do truly believe, after considerable thought and soul-searching, that the UFO sighting of 3-13-97 over Phoenix--was a random visit--just as the June 11, 1995 visit to a small town in Texas (Cleburne), which I witnessed and videotaped in broad-daylight--was random. UFOs are seen and photographed all over the world, and to assume that there is some 'ages-old' reason for the Phoenix visit--is pure folly. Why would the gigantic UFO of ten days earlier (June 1, 1995) over Cleburne, TX., with the smaller objects zipping downwards at a 90 degree angle,in-formation, with one object zipping upwards towards the 'Mothership' not be more important than the Phoenix sighting, when I captured the whole thing on videotape? Could my proven clairvoyant abilities have something to do with it? Why has the major, worldwide media shunned me by condemning the footage, without even seeing it? Are there proven clairvoyants in Phoenix? Do you start to get my drift? Read my accountings of the best documented video of a broad-daylight UFO at:IUFOMRC.COM and decide for yourself. We will not know "why Phoenix,"or, "why Cleburne," for some time. Am I jealous of all of the attention being given to this night-time UFO over Phoenix? Possibly, since I have labored so hard to bring the Cleburne footage to the world. Broad-daylight video would objectively impress me--if I were removed from the event. Therefore, in closing: to make more of this Phoenix sighting than for what it probably was: a random visit, is pure speculation--but great fodder for the famous voices out there to expound their own beliefs of some 'ages-old-meaning' to the word 'Phoenix,' and nothing more. It will be great for the Phoenix economy, however, which's good. It did little for the small Texas town of Cleburne--because its just that: a small Texas town. I am happy for all of us and the people of Phoenix that this sighting took place, but in the words of King Solomon: "Time, and chance, happens to us all." Amen. What say ye(y'all)? Jason Leigh, Ph.D.
DATELINE: June 20, 1997
Arizona governor Fife Symington called a press conference today on the Phoenix masssighting. All Phoenix news and media were in attendance and coverage is ongoing. Tom played the video audio over the phone. An announcer was hyping it all up. The governor comes on and says he had seen a video of the sighting and said it was intriguing and we are going to get to the bottom of this. He said he is going to get DPS[department of public safety to investigate] and that they had some secret evidence and proceeded to bring out a guy with a gray alien mask on. News and City council woman Barwood have been bombarded by calls with people in outrage. The news are running special opinions polls on whether he ingoing to do an investigation and response on what appears to be a very stupid and in very poor taste jokemixed in with the press conference. Doesn't sound like too many at the conference or in Phoenix are laughing.
Tim Edwards SKYWATCH INTERNATIONAL
DATELINE: June 19, 1997
Might want to keep the VCRs ready. Peter Jennings and Tom Brokaw did shows on the masssighting in Arizona last night. Good Morning America had the city council woman this morning on the show. Hard Copy is at Village Labs now for a show probably airing today or tomorrow. Extra misdoing a 5 part show. [the Salida footage will air June 30] The producer says we are just going to let people tell their stories. She is a definite believer. The truck driver was on KTLA radio in Pittsburgh yesterday. The heat is on. Tim
This is UNBELIEVABLE. One (1) hour after the Governor of Arizona announces a serious investigation into the Phoenix sightings of March 13, he holds a second press conference to announce it was all a joke. A reporter from the Tucson Daily Star contacted me just minutes ago to get my reaction to this announcement. I told him that with a governor on the hot seat (in trial) to do this is outrageous and pointless. Did someone warn him not to pursue this course? And what was this mysterious evidence turned up by the DPS? I am pursuing answers to this tonight.
Sincerely,
Bill Hamilton Executive Dir. SKYWATCH INTERNATIONAL
DATELINE: June 19, 1997
Strange Events in Phoenix
Yesterday, June 18, several large propane explosions rocked Phoenix Arizona. At the same time all major TV Networks ran in depth stories on a large alleged UFO seen over Phoenix 3 months ago on March 13. Reports today, June 19, indicate large numbers of FBI agents in Phoenix.
The alleged UFO photographed and seen by many residents did not exhibit swift or radical high speed direction changes but seemed to float quietly above the city. The vehicle was wedge-shaped somewhat similar to the B-2 however much larger and without visible or audible engines. Residents described the craft as extremely quiet, even quieting the surrounding nighttime noises. Such descriptions are reminiscent of noise-cancellation devices.
Today June 19 Arizona Governor Fife Symington announced an official investigation into the alleged UFO. After this morning's announcement the governor proceeded to a hearing on improprieties in his office. After the hearing he then canceled the UFO investigation started this morning, June 19.
All of these events today and yesterday are related in some strange way. The first question must regard the simultaneous running of a 3 month old UFO story by all TV Networks. How could all of them decide to run the same ancient story on the same day? The second question regards the multiple propane tank explosions and numerous FBI agents in Phoenix.
The art of the magician is the art of diversion. The old UFO story is given lavish attention but the exploding propane tanks and FBI agents are not. It is reasonable to consider the propane explosions as deliberate, perhaps further acts of domestic "terrorism". In addition the alleged Phoenix UFO did not exhibit typical UFO maneuvers and seems to have some terrestrial design attributes.
If the UFO is a "Black" project then it is protected by National Security. It does however provide an interesting cover story. Why would a "Black" project be given so much exposure just to hide comparatively mundane propane tank explosions?
John Moore, SKYWATCH INTERNATIONAL
DATELINE: June 19, 1997
ABC "Good Morning America" had video, witnesses of the Phoenix sightings. As opposed to NBC last night, there was no sneering. The co-hosts admitted it was strange, bizarre and intriguing. They interviewed several Phoenix residents, including some children, who have witnessed these lights. What I found amusing was that Good Morning America's science editor has promised these kids that he'll investigate, have the videos scrutinized, and get to the truth. He felt it more likely to be a government experimental craft. If he can do what 50 years of serious UFO research had not been able to do, I'll be totally amazed!I'm sure many of you saw this story too on ABC this morning. Any comments?
DATELINE: June 18, 1997
According to a SKYWATCH INTERNATIONAL: On the heels of today's excellent USA Todayfull page story on the ongoing Phoenix Sightings, NBC Nightly News ran a story of it's own during tonight's newscast as it's closing story.
The story was largely dismissive in tone as the reporter made all the usual references to the American people's present fascination with all things UFO in light of everything from the movieIndependence Day to the publicity surrounding the 50th anniversary of the Roswell Incident.
Still, the sight of Tom Brokaw snickering on national television...even as a spectacular video of the enormous six lights in a V formation covering the entire Phoenix skyline was shown behind him...was striking in a very eerie sort of way. It was as though Brokaw wasn't seeing the same footage his audience was. Or if he was...he was in some weird sort of denial.
DATELINE: May 8, 1997
On Thursday evening, May 8, 1997, the syndicated entertainment news magazine "Extra" offered a segment on the recent Arizona UFO flap. No critical analysis of the evidence was attempted. No reasonable, prosaic explanations were posited. Instead, the producers opted for a golly-gosh approach geared to an audience of true believers. The segment included amateur video footage of the strange lights. At one point, the camera zooms in on a glowing object and causes a 'rack focus' that diffuses and distorts the image. The far too cheerful "Extra" commentator stated, "Up close they seem to spin, a swirling pool of liquid amber. But, was it an alien spacecraft or an earthly apparition? Back on the evening of October 16, 1996, similar lights were seen and video taped over Adams County, Ohio.
Apparently the government's official line is the "UFOs" were nothing more than military flares dispensed by Air National Guard [ANG] F-16 jets as part of training maneuvers. The air space over that part of Adams County where the lights were observed is designated as the Buckeye MOA [Military Operating Area]. Clearly, there is a down-to-earth explanation for these events, events uncannily similar to the Arizona sightings.
DATELINE: May 1, 1997
John Greenwald received a letter dated May 1, 1997 from Luke AFB. John had made inquires under the Freedom of Information Act for any documents etc. concerning the mysterious lights over Phoenix, Arizona.
According to Nel M. Flagler, Chief, Records Management, Information Systems Flight, Lukes AFB, "On the evening of 13 Mar 97, our command post and other base agencies received telephone calls about the sights that may saw in the sky over Arizona. In the days that followed, our public affairs office also handled call about the same subject.
In summary, we have no records to give you, and we assure you that Luke AFB aircraft were not involved in any way with the phenomena reported on the night of 13 Mar 97. The mission of the 56th Fighter Wing at Luke Air Force Base (AFB) is to train F-16 fighter pilots. We are notan air defense base which maintains aircraft on "scramble" status. Instead, our pilots are instructors and trainees learning to fly the F-16 and employ it in the ground attack and aerial combat missions. While we routinely have aircraft airborne at night, their mission is not to investigate unusual aerial sightings, nor would be asked to do so. On the night of 13 Mar 97, our aircraft were involved in normal training missions and had no involvement whatsoever with the lights observed over Phoenix.
DATELINE: March 26, 1997
More recently, a happening on March 26, 1997, was witnessed by thousands of persons across a wide area of Southern Ohio. The reported happening also has striking similarities to theArizona event and the October 16th event from Ohio. Any further similarities that exist between the Arizona and Southern Ohio events will be determined after comprehensive analysis of the videotapes and eyewitness statements.
DATELINE: March 13, 1997
When it appeared in the Arizona sky on the night of March 13, it was witnessed by hundreds of people. Neither researchers nor witnesses have yet figured out what Arizonan's saw in the event now dubbed "the Phoenix Lights." But that hasn't stopped them from trying to puzzle it out.
Tim Ley and his family are among the hundreds of witnesses who have come forward to talk about the Phoenix Lights. They first saw the lights while looking north from their Phoenix home.
Now, their recollections of what they saw have been transformed into computer images, using a combination of digital photos of the landscape taken by Ley and computer drawings of the objects his family saw in the sky.
"When it finally got here and we realized this thing was coming right over us, we really started getting antsy," Ley said. Then, said he and his son Hal, it went directly overhead in completesilence.
Tim Ley said that when the right side of what appeared to be a giant V-shaped craft passed directly over him, the left side was a couple of blocks away.
His wife, Bobbi, who also saw the aerial light show, said the size of the craft they saw was overwhelming. But, she said, "It didn't seem threatening. ... When it was right overhead and we couldn't hear a sound, it was like you're just awestruck."
Jim Dilettoso of Village Labs, who has been researching UFOs for 20 years, is in the process of reconstructing the incident with a virtual reality model.
The Leys are among the hundreds of witnesses he interviewed about the Phoenix Lights. He said he considers the family to be "very reliable,"and their data "very important," because by their account they were so close to the craft.
While nobody knows for sure what the Leys and hundreds of others saw,Tim Ley is sure his family will never forget that night. He said it has changed his outlook on the UFO movement, turning him from a "polite skeptic" to someone quite open to the experiences of UFO believers.
"We just re-experience it every time we tell it," said his wife. "It's like it was just yesterday. We've never seen anything like it."
All above information plus photos and video can be found at the CNN Website:http://www.cnn.com/US/9706/19/ufo.lights/index.html
DATELINE: March 13, 1997
Reportedly seen by hundreds of witnesses, a flurry of UFOs swept across extensive areas of the Southwest over several evenings last week, most notably during Thursday night, March 13, 1997. The event, which is being widely publicized by area television stations, was videotaped from several locations.
A preliminary inventory of the reported characteristics of the UFOs suggests some similarities to objects seen by dozens of witnesses across Southern Ohio and Tennessee on October 16, 1996: the flare-like quality of the lights and the unusual aerodynamic behavior.



lunedì 14 novembre 2011

Mito E Religione


I sumeri avevano una religione politeista che aveva le proprie origini sul concetto di mito.
Allorchè il regno celeste venne sulla terra, esso fiorì in Eridu.
Così recita la più antica lista reale sumerica, scritta in caratteri cuneiformi alla fine del III millennio a.C.. In questa lista sono contenuti nomi mitici di re di Eridu, Alulim Alagarche vissero rispettivamente 28.800 e 36.000 anni, cioè prima del Diluvio Universale, conosciuto anche nella tradizione sumerica. La prima città sacra fu Eridu che conobbe una grande importanza in un epoca arcaica.
Si osserva dunque che l'Antico Testamento della Bibbia e la tradizione sumerica si muovono nella stessa direzione.
Il signore della terra dei Sumeri era Enki, dio della sapienza e degli oracoli che governa i me, cioè le 100 forze divine che assicurano ad Eridu la supremazia sulle altre città sumeriche.
Enki è il signore di tutto ciò che sta sotto e, come Jahve, decide di popolare la terra di uomini. La madre di Enki è Nammu, madre primigenia, la dea che ha generato il cielo e la terra. Essa accoglie il suggerimento del figlio che per aiutare gli altri dei nel compiere il loro lavoro propone di creare l'uomo. Nammu, con l'aiuto di 8 dee, plasma l'argilla usando l'abzu, l'acqua dolce sotterranea dispensatrice di vita. Una delle dee, Ninmah, mossa dall'invidia crea esseri deformi con difetti fisici ed anomalie sessuali contro la bellezza del genere umano. Enki, in risposta a questo, crea l'umu'ul, cioè il vegliardo che simboleggia il compimento della felicità umana, in contrasto con la sofferenza di Ninmah. Inoltre offre all'uomo la possibilità di guardare al futuro: nascono così gli studiosi degli astri, del fegato di pecora (auruspici) che ritroviamo tra gli Etruschi , nonchè gli oracoli. Enki si mostra il dio più vicino agli uomini.
Enki ha il debole per le donne. Ebbe numerosi incesti (del resto come Zeus) con diverse divinità e con le loro figlie: Ninkhursanga, Nirsikil, Nintu, Damgalnunna, Ninkurra (dea della fecondità), Uttu; quest'ultima interrompe la catena degli incesti. Il luogo di questo paradiso incestuoso ha il nome di Tilmun, terra di fecondità e ricchezza, già conosciuto dalla tradizione di el Obeid e trasmessa a quella semita. Questa terra oggi sembra individuata nell'isola di Bahrein, nel Golfo Persico. Dunque la mitologia di Eridu ha le sue origini in epoca protosumera.
Nel corso del tempo Eridu lasciò il posto ad Uruk come importanza politica. Questo si deve alla dea dell'amore Inanna, che approfittando dell'ubriacatura di Enki gli tolse le cento forze divine e le portò nella sua città preferita Uruk. Ogni dio, dunque, era venerato in una specifica città ed ogni divinità veniva impiegata per fini politici.
Il pantheon sumerico era molto variegato: An, dio del cielo; Enlil, dio del vento; Uras o Ki, dea della terra, che partorirà Inanna Nintu, dee dell'amore e fecondità; Enki, dio dell'acqua, simbolo di vita e della terra. Ci sono poi Mamitu, dio della morte; Marbu, dio della tempesta,; Guanna, il toro celeste che lotterà contro Gilghamesh; Tiamat, genitrice di tutti loro, che in accadico rappresenta il nome del mare, e Abzu (Apsu in semitico-accadico), il procreatore.
Questi ultimi due sono noti nel mito di Enuma Elish, riutilizzato dai BabilonesiSi descrive la lotta tra Enlil, geloso del salvataggio dell’uomo, ed Enki. Per vendicarsi, ordina a Tiamat di generare dei mostri e comandare su tutti gli dei.
I babilonesi chiameranno in causa il loro dio Marduk che ucciderà Tiamat e fonderà Babilonia.
Enlil è anche il dio del destino, poichè è capace di porre fine ad ogni vita umana. Sarà lui a provocare il diluvio universale e se non fosse stato per Enki che avvertì il re Ziusudra (il Noè biblico) sarebbe scomparso tutto il genere umano. Si macchia di numerose colpe, come l'aver sedotto la dea Ninhil, figlia di Nammu. Per questo Enlil viene esiliato agli inferi, dove sarà accompagnato da creature infernali.
Fondamentale per i sumeri fu il mito di Gilgamesh, diretto discendente di Dumuzi, che può essere paragonato al dio-eroe greco Ercole. Si richiama ad un re sumero vissuto ad Uruk intorno al 2700 a.C., che sperimenta l'esperienza della mortalità umana e compie un viaggio verso la conoscenza perfetta. Egli ci viene tramandato come per un terzo uomo e due terzi dio. Egli sconfigge anche Enmebaragesi, re di Kish, e sarà in lotta con la sua discendenza.
Tra le sue imprese, Gilgamesh avrebbe ucciso un toro divino, inviato sulla terra dalla dea Inanna, che opprimeva il proprio popolo.   
LA BIBBIA ED I SUMERI
Attraverso documenti ed incisioni cuneiformi sono state ricostruite varie ipotesi circa diversi miti che si vengono ripresi anche nella Bibbia.
Abbiamo già accennato circa il diluvio universale che secondo la tradizione sumerica sarebbe avvenuto all'epoca del re Ziusudra (Utnapishtim per i Babilonesi), presso Nippur. Questo re, ritenuto giusto da Enki, viene avvisato dei piani diabiolici di Enlil e si salva, salvando anche tutto il genere umano. Attualmente sono state fatte scoperte in tal senso presso Ur. Ciò potrebbe confermare l'ipotesi che il diluvio universale coinciderebbe con una grande alluvione dell'Eufrate (la Mesopotamia era ricca di alluvioni). Questa avrebbe lasciato il segno nella tradizione sumera, tramandandola poi a quella semita, attraverso gli accadi .
La Torre di Babele è stata cercata per anni dagli studiosi. La storia ci dice che l'ultimo a ristrutturarla fu Alessandro Magno, per dare splendore a Babilonia. Alcuni l'hanno identificata a Samarra, altri ad Aqar Kuf, presso Bagdad, altri ancora a Birs Nimrud, vicino Babilonia. Sicuramente si trattava di una Ziqqurat costruita dopo la grande alluvione. Tra l'altro la grande alluvione segna da sparti-acque nella storia mitologica sumera, in quanto i re antecedenti al diluvio sopravvivevano almeno 10.000 anni, quelli successivi 100 anni. Questo significa che l'uomo, dopo aver conosciuto la catastrofe alluvionale, si è reso conto dei limiti del tempo e della vita.
Successivamente al diluvio troviamo la lotta tra il pastore Dumuzi ed Enkimdu, il contadino. Questo mito richiama quello di Caino e Abele, anche se nella Bibbia è antecedente al diluvio universale. I due rappresentano due classi sociali diverse in lotta tra loro. Nel mito la lotta è per la bellissima dea Inanna.Alla fine sarà Dumuzi a primeggiare, senza uccidere il rivale, anzi si accorderanno in pace. Dumuzi diventa dio dei pastori, ma Inanna discende agli inferi per essersi unita ad un uomo. Così Inanna per riscattarsi fa uccidere Dumuzi, ma, per amore, si pente e lo fa risorgere ogni sei mesi per averlo con se. Si innesca così un ciclo di morte e resurrezione nell'arco di ogni anno che i sumeri festeggiano.
In questo episodio si riscontrano tanti miti: la morte e la resurrezione, la fragilità della vita, l'amore, il pentimento, la fertilità. E' necessario ricordare che la Mesopotamia era diventata una regione fertile, dunque c'era di tutto, ma questo tutto era esposto ad ogni pericolo e poteva morire: nessuno può sentirsi al sicuro. Gli dei dunque non sono immortali, ma la loro importanza è legata al luogo dove si trovano, affinchè possano accompagnare gli uomini nella loro avventura terrena e quindi essere immortali nella loro tradizione. Il mito di Dumuzi richiama il raccolto che viene effettuato ogni metà anno e viene festeggiato dai sumeri come fonte di vita e di fertilità. Questo mito verrà ripresero dai Babilonesi con Innin e Tammuz .
Elementi fondamentali nella religione sumerica erano: una dea nuda (Inanna) ed un toro, simbolo degli eventi naturali che l'uomo non può gestire e controllare.
Si possono osservare anche dei richiami alla creazione dell'uomo ed alla cacciata dal paradiso terrestre.



martedì 8 novembre 2011

Tiwanaku. La città oltre la porta del sole

I costruttori di queste grandi fondamenta e fortificazioni ci sono ignoti, né sappiamo quanto tempo è trascorso dall’epoca loro, dal momento che oggi scorgiamo solo mura di raffinata fattura, erette secoli e secoli fa. Talune di queste pietre sono consumate e in rovina, e ve ne sono altre talmente imponenti che viene da chiedersi come poté la mano dell’uomo trasportarle fino a dove oggi si trovano. Oserei dire che si tratta delle antichità più vetuste di tutto il Perù … Ho chiesto ai nativi se risalissero al tempo degli Incas, ma gli indigeni, ridendo della domanda, mi hanno ripetuto ciò che ho già detto: vennero costruite prima del regno degli Incas; ma non sapevano indicare o ipotizzare chi o perché le avesse erette”
Pedro Cieza de Leon, 1549 [1]
La città oltre la porta del sole
All’epoca del viaggio di Pedro Cieza de Leon, probabilmente il primo europeo a posare gli occhi sulle grandiose rovine di Tiwanaku e lasciarcene una qualche seppure sommaria descrizione, solo poche rovine restavano a indicare il luogo dove secoli prima era sorta una delle più grandi capitali dell’America pre-ispanica.
Solo recentemente la moderna archeologia ha potuto riconoscere il ruolo di quella che fu certamente una delle più importanti e durature civiltà dell’intero Sud America, la prima a stabilire il proprio dominio su una regione estesa dall’Ecuador a Nord, fino agli altopiani della Bolivia e del Cile.
Tiwanaku fu il primo vero impero andino, un impero paragonabile per forza ed estensione a quello degli Inca, che sarebbe tuttavia sorto solo secoli più tardi, almeno sei, stando alle cronologie attualmente accertate. Tiwanaku domina insieme a Wari l’orizzonte antico dell’archeologia andina: due culture talmente simili e vicine da avere fatto coniare l’espressione di impero Tiwanaku-Wari per indicarne gli immensi possedimenti territoriali e l’ancor più vasta area di influenza.
Nonostante l’enorme importanza rivestita da Tiwanaku come culla della civiltà andina – un ruolo che Tiwanaku si spartisce con l’altra grande cultura madre delle Ande: Chavin de Huantar – , oltre un secolo di indagini archeologiche hanno potuto appena sollevare il velo su di una civiltà che resta ancora in larga parte avvolta nel mistero.
Neppure il vero nome di Tiwanaku ci è noto, Tiwanaku (o Tiahuanaco) essendo un nome Quechua, attribuitogli dagli ultimi arrivati, gli Incas, agli inizi del XV secolo.
Secondo una delle interpretazioni più diffuse, Tiwanaku significherebbe letteralmente “la città di Dio”. Il vero nome di Tiwanaku era però forse Taypikala “la pietra nel mezzo“, o più probabilmente Phoukara, “Luce splendente del Sole“. [2]
Quando gli Incas guidati dal leggendario imperatore Pachacutec giunsero a Tiwanaku per la prima volta, “si sentirono invadere dallo stupore“, come riferisce un manoscritto della conquista: “costruzioni simili non ne avevano mai viste“. [3]
Non sorprende dunque che già a partire dall’epoca Inca le leggende più incredibili e le storie più strane prendessero a circolare sull’identità dei misteriosi costruttori di Tiwanaku. Secondo una nota leggenda Inca, a Tiwanaku, dove il mondo era stato creato, il creatore del mondo Tikki Viracocha inviò i suoi due figli, Manco Capac e Mama Occlo affinché fondassero una nuova dinastia, quella degli Incas. Più ancora che in ogni altro luogo, a Tiwanaku gli imperatori si recavano in pellegrinaggio. E non stupisce certo che il più venerato santuario della Bolivia e forse dell’intero Sud America sorga oggi a Copacabana, a meno di 20 Km dall’antica Tiwanaku.
Tutti sulle Ande sapevano di Tiwanaku, e fino dalla Colombia e dalla lontana Panama i pellegrini giungevano ad ammirare i grandi templi e gli immensi edifici di pietra, affrontando viaggi che potevano durare anche anni.
Eppure, all’epoca degli Inca solo rovine restavano del grande centro cerimoniale. La fine di Tiwanaku resta infatti uno dei molti enigmi irrisolti dell’archeologia precolombiana.
L’intera città sembra essere stata sconvolta da un cataclisma di indescrivibile potenza, che squarciò i palazzi e ridusse i grandi templi, le strade e le piazze ad un unico immenso cimitero, seppellendo tutto sotto una coltre di fango spessa in alcuni punti anche 21 metri, e facendo si che il lago Titicaca, che bagnava anticamente il grande centro cerimoniale, si ritirasse verso l’entroterra di oltre 28 Km. Sebbene in forme ben più modeste, Tiwanaku risorse tuttavia dalle sue ceneri, ridotta ormai a un villaggio nell’area un tempo occupata dall’antico porto, per poi crollare definitivamente e per ragioni tuttora non acclarate intorno all’XI o XII secolo d.C.
Le distruzioni maggiori Tiwanaku dovette tuttavia subirle dopo la conquista, divenuta ormai una sterminata cava di pietre. Intorno alla metà dell’800 le spoliazioni procedevano ad un ritmo tale che una linea ferroviaria dovette essere appositamente costruita per collegare Tiwanaku a La Paz.
Ancora oggi risulta perciò difficile riconoscere molti dei luoghi tanto accuratamente ritratti e disegnati dai viaggiatori europei del tempo.
Agli inizi del ’900 l’ingegnere austriaco Arthur Posnansky fu il primo a intraprendere scavi scientifici a Tiwanaku, tratteggiando dunque per la prima volta un quadro più chiaro dell’antica civiltà dei suoi costruttori.
Sebbene le conclusioni di Posnansky sull’antichità di Tiwanaku, che faceva risalire ad oltre 17,000 anni prima di Cristo, fossero certo esagerate, è a questi primi scavi che dobbiamo la larga parte delle informazioni attualmente note sull’antica fisionomia del sito.
Una serie di grandi edifici, cui vennero attribuiti nomi di fantasia, poterono essere identificati, edifici ai quali altri si aggiunsero nel corso dei successivi scavi degli anni ’50 e ’60.
Il tempio
Tiwanaku. Temple. Tempio Tiwanaku(foto) Ricostruzione ipotetica del Kalasasaya. E. Kiss, “Das Sonnentor von Tiahuanaco”, 1937
Posnansky concentrò principalmente i suoi scavi in un’area che era nota come quella di uno dei più grandi templi di Tiwanaku. Gli scavi portarono alla luce le fondamenta di una grandiosa costruzione rettangolare di 126 per 117 metri, dotata di un monumentale portale d’accesso costituito da un trilite di blocchi di arenaria rossa del peso di diverse decine di tonnellate.
L’intero perimetro della costruzione era scandito da una successione di pilastri monolitici in andesite posti a distanze regolari, alcuni dei quali alti oltre 7 metri e pesanti fino a 40 tonnellate. Sebbene i pilastri risultino oggi pesantemente erosi, alcuni di essi presentano tuttavia chiare indentature destinate all’inserimento di architravi.
Nel corso degli anni ’50, l’originaria fisionomia del grande tempio di Kalasasaya “il tempio dei pilastri“, nome con il quale lo si conosce attualmente, venne completamente sconvolta da una serie di restauri e interventi ricostruttivi: gli spazi tra i pilastri vennero riempiti con muri costruiti di blocchi di calcestruzzo, e l’intera spianata del tempio colmata di terra affinchè la costruzione assumesse l’aspetto di una tozza piramide tronca a due gradoni. Ben poco resta dunque oggi dell’elegante successione di pilastri monolitici che tanta ammirazione aveva suscitato in tutti i viaggiatori da Squier allo stesso Posnansky.
Il riempimento della spianata centrale del tempio ha inoltre avuto la conseguenza di ricoprire definitivamente i resti della straordinaria pavimentazione in lastre di andesite scoperta dallo stesso Posnansky, nonché di occludere la larga parte degli ingressi originari.
Il tempio di Kalasasaya custodisce comunque alcune delle più straordinarie opere d’arte litica dell’antica Tiwanaku. In uno degli angoli della costruzione, lì ricollocato già in antico, si trova quello che è forse il più celebre monumento in pietra dell’intero continente americano. La porta del sole di Tiwanaku è l’unica rimasta di una serie di portali monolitici che dovevano anticamente adornare qualche edificio ormai scomparso dell’antico centro cerimoniale. Sebbene sorga attualmente isolata in un angolo del tempio di Kalasasaya, è tuttavia certo che essa facesse originariamente parte di una facciata scandita da una successione di portali monolitici e da un unico fregio continuo. Il fronte della porta mostra, al centro, una enigmatica figura recante uno scettro in ciascuna mano, circondata da una complessa teoria di figure alate più piccole, alcune con volti umani, altre con teste d’aquila e a loro volta recanti scettri nelle mani, le quali sembrano tutte correre e convergere verso la grande figura centrale.
Tiwanaku RilievoL’interpretazione di questo straordinario rilievo è quanto mai oscura. Una delle teorie più accreditate è quella che si tratti di un elaborato calendario relativo alle fasi di Venere, in cui ciascuna delle figure alate rappresenterebbe un “portatore di giorni” [4].
Altre interpretazioni si sono invece concentrate sulla figura centrale, il cui viso appare circondato da raggi e solcato da lacrime d’oro. Si tratta di una figura ben nota in tutto il mondo andino, talora chiamata con il nome di “Dio degli scettri” o “Dio piangente“.
Esso è ritratto inginocchiato sopra una piramide a tre livelli, al cui interno è raffigurata una stanza più piccola dalla quale si dipartono sette passaggi simili a fiumi o canali per l’acqua.
Proprio i canali per l’acqua sono una delle caratteristiche più singolari e sorprendenti dell’antica Tiwanaku: l’intero sottosuolo appare come solcato da un labirinto inestricabile di tubazioni, canalette e condutture, le quali si trovano in quantità tanto numerosa da indurre a supporre una qualche ignota funzione rituale prima ancora che pratica.
Anche per questo si ritiene che il fregio della porta del sole raffiguri forse un evento reale legato alla storia della città , sullo sfondo di una piramide a tre livelli che è quasi certamente da identificarsi con il Puma Punku, e in cui la data sarebbe riportata per mezzo di un sofisticato sistema di glifi calendariali, tuttora indecifrati, e forse legati ai cicli di Venere.
A breve distanza dalla porta del sole si erge un’altra enigmatica scultura, ribattezzata come “El fraile“. Si tratta di una figura umana, recante due oggetti in ambo le mani e che sembra fissare l’osservatore. Diversamente da altre sculture, è del tutto priva di glifi o altre raffigurazioni, e risale probabilmente all’epoca tarda di Tiwanaku.
Ben più interessante da questo punto di vista risulta invece il monolito Ponce, posto di fronte all’ingresso principale del Kalasasaya quasi a intimorire chi avesse osato attraversare il grande portale. Si tratta anche in questo caso di una figura umana, recante due oggetti in ciascuna mano e con il capo coperto da un’elaborata corona, talora interpretata coma un turbante. L’intera superficie del monolito è ricoperta di glifi simili a quelli della più celebre porta del sole, e la stessa scena con il Dio piangente al centro è raffigurata sul retro del monolito. La scultura, nonostante i caratteri ieratici e le linee geometriche e stilizzate proprie della statuaria di epica Tiwanaku, sorprende tuttavia per l’eccezionale livello di dettaglio e realismo, specie nella rappresentazione delle trecce di capelli e dei simboli che ne coprono i panneggi.
L’uso di collocare simili sculture in posti chiave del centro cerimoniale, come di fronte ai portali o nel centro delle piazze sembra avere avuto una chiara valenza apotropaica, e il significato di queste statue dai tratti enigmatici è probabilmente quello di altrettanti guardiani o vigilanti.
Di fronte al Kalasasaya un’ampia piazza sprofondata custodisce quelli che sono probabilmente alcuni tra i più importanti esempi noti di scultura Tiwanaku.
Questa piazza sprofondata, chiamata anche con il nome di “Templete semi-subterraneo“, presenta su ognuna delle quattro pareti una impressionante successione di teste umane e animali, 48 su ciascun lato. Sebbene la maggior parte sia ormai sfigurata dall’erosione e dal vandalismo, sono tuttavia chiaramente riconoscibili i profili di dignitari stranieri, lama, puma, giaguari, e alcune interessanti teste di pesce.
Il significato di queste “Cabezas clavas“, come vengono comunemente chiamate, è quanto mai oscuro, costituendo forse una galleria di popoli conquistati o simboli ancora una volta apotropaici. E’ invece improbabile che il loro significato sia invece da ricercarsi in antichi riti sacrificali, mai con certezza attestati a Tiwanaku.
La valenza sacrale di questo edificio semi-sotterraneo è altresì testimoniata dalla presenza di numerose stele al centro della piazza. Tra queste, la più celebre è il cosiddetto “monolito barbado”, anche chiamato con il nome di Kon Tiki, e raffigurante un uomo barbuto ritratto in posizione frontale e circondato da un numero di simboli tra cui serpenti e giaguari. La presenza della barba ha dato adito nel tempo a numerose speculazioni sull’identità della figura ritratta, poiché è noto che le popolazioni indigene dell’America meridionale non possiedono barba, un fatto che sembra altresì ricollegabile alla questione tuttora irrisolta dell’origine etnica dei costruttori di Tiwanaku.
A non molta distanza un’altra scultura presenta simili caratteri, ma è purtroppo priva della testa.
Il museo litico di Tiwanaku custodisce poi quella che è forse la più grande scultura litica fino ad ora scoperta sul sito. Scoperto nel 1960 nell’area del Templete semi-subterraneo, il monolito Bennettraggiunge un peso di oltre 30 tonnellate, con un’altezza superiore ai 7 metri. Stilisticamente, si tratta di una scultura pressoché identica a quelle del Kalasasaya, e recante gli stessi caratteri e simboli del monolito Ponce. Ad una identica scultura, ancora più colossale, appartiene forse la grande testa, alta oltre 1,5 metri, rinvenuta non distante dalla base della piramide Akapana e priva di corpo.
La piramide
Quella che è oggi nota con il nome di Akapana, un edificio piramidale a sette livelli rivestito di ciclopici blocchi di arenaria e andesite lavorata, fu per secoli semplicemente conosciuta come “La carrera” – la cava – , nome che ben lascia intuire quanto di questo straordinario edificio sia andato perduto nel corso dei secoli. Con una base di circa 180 metri di lato e un’altezza di 35, oggi ridotti a meno della metà , l’Akapana è una delle più grandi piattaforme artificiali al mondo. Diversamente dalle grandi piramidi mesoamericane, la piramide Akapana presenta una base di forma scalonata, la quale richiama nella pianta una croce andina. Sette gradoni o piattaforme sovrapposte si innalzavano originariamente fino ad un’altezza di circa 35 metri, attraversate da imponenti scalinate fiancheggiate a loro volta da piedistalli e statue di basalto nero.
Alcune di queste statue, recentemente portate alla luce, raffigurano con tratti straordinariamente plastici e precisi le fisionomie di puma seduti o figure umane in pose ieratiche, simili ad atlanti. L’ascesa alla sommità della piramide era probabilmente scandita da una successione di portali monolitici in andesite, dei quali solo uno resta attualmente in situ, caduto e spezzato in più parti.
Quasi nulla si conosce invece dell’enorme tempio che certamente sorgeva sulla sommità della piramide. Dai pochi resti rimasti è chiaro che si trattasse di una costruzione colossale, dotata di una serie di ampi portali di accesso e con un tetto anch’esso in pietra e sorretto da pilastri. Attualmente dell’antico tempio solo due file parallele di pilastri, tuttora semisepolti, restano a indicare la posizione di quello che era probabilmente uno dei due ingressi principali, precisamente orientati verso il sorgere ed il calare del sole.
La sommità della piramide venne invece completamente squarciata da cacciatori di tesori, che vi aprirono una enorme voragine. I pochi elementi decorativi superstiti testimoniano dell’antico splendore di questo tempio, interamente costruito di enormi blocchi di andesite perfettamente giuntati.
Tiwanaku piramideCiò che ha destato tuttavia il maggiore interesse è quanto si potrebbe trovare sotto al tempio stesso. L’intera piramide risulta infatti attraversata da un dedalo di passaggi, tubazioni e condutture, a loro volta intersecate da pozzi verticali e collettori più piccoli. Si tratta di un’opera ingegneristica con pochi eguali nel mondo antico, al punto da suggerire ardite analogie con gli identici condotti all’interno della grande piramide di Ghiza e dar così vita ad una incredibile successione di ipotesi e speculazioni riguardo all’esistenza di camere segrete all’interno o al di sotto della piramide. Recenti esplorazioni condotte per mezzo di rover teleguidati hanno evidenziato la perfetta tecnica costruttiva delle condutture, alcune delle quali larghe meno di 60 cm e dotate di un tracciato insolitamente tortuoso che sembra contrastare con la loro presumibile funzione di condutture di scarico per le acque piovane. Tra gli anni ’30 e ’40 un ampia sezione di un condotto discendente venne parzialmente portata alla luce. Di questa vera e propria “cloaca maxima”, come venne ribattezzata, restano oggi ben poche tracce, se si eccettuano gli sbocchi dei numerosi collettori laterali, il cui scavo risulta tuttavia quanto mai difficoltoso per via delle dimensioni estremamente esigue dei passaggi.
Tiwanaku piramideUno degli enigmi più affascinanti offerti dalla piramide è rappresentato dalla presenza di un forte campo magnetico, che le guide locali non mancano di fare rilevare posando una bussola al suolo sulla sommità della piramide [5]. Si tratta di uno dei più chiari indicatori dell’esistenza di grandi masse metalliche nel sottosuolo. Potrebbe trattarsi di un fenomeno naturale, la ragione forse del peculiare orientamento della grande piramide 15 gradi ad Est del Nord, come anche della conseguenza della presenza di grandi quantità di oggetti metallici nel sottosuolo.
Una investigazione sistematica dei fianchi e del sottosuolo della piramide Akapana è tuttora in corso, ed è probabile che numerose sorprese possano giungere in futuro dai suoi scavi. Ha recentemente suscitato un notevole interesse la scoperta di una ricca sepoltura nei pressi della piramide, contenente un gran numero di oggetti in bronzo e oro, testimonianza della ricchezza e della raffinatezza delle classi sacerdotali dell’antica Tiwanaku.
A non molta distanza dall’Akapana, una trincea di scavo e diversi grandi blocchi di pietra sparsi segnalano la posizione di un piccolo edificio sacro dotato di una sfarzosa decorazione a rilievo, cui è stato attribuito il nome di Kantat’Allyta.
La maggior parte dei blocchi risultano decorati con simboli cruciformi che richiamano il diffuso motivo scalonato della croce andina, evidente nella pianta di molti edifici del centro cerimoniale.
Uno dei pezzi più degni di nota è costituito dall’elemento monolitico di un portale ad arco ribassato, finemente decorato con raffigurazioni di “angeli” o figure alate. Diversamente dalle pose ieratiche della porta del sole, qui le figure sembrano dotate di un particolare dinamismo, quasi fossero state ritratte nell’atto di librarsi nell’aria.
Solo alcune lastre pavimentali restano invece a indicare la posizione del tempio vero e proprio. Sembra inoltre che l’interno del tempio contenesse un sacello più piccolo contenente a sua volta un raffinato modello architettonico. Si tratta quasi certamente di un sacello eretto al fine di commemorare l’erezione di un qualche grandioso edificio, la cui pianta è vagamente ricostruibile sulla base del modello architettonico come composta di un’ampia sala colonnata affacciata su di un cortile infossato e dotata di numerose scalinate di accesso. L’importanza dell’edificio è facilmente desumibile dalle enormi dimensioni del modello, misurante circa 4 metri per 5, con un peso aggirantesi nell’ordine delle 70 tonnellate.
Degna di nota è altresì la straordinaria qualità tecnica raggiunta dagli antichi costruttori nell’assemblaggio dei blocchi litici, ben attestata da una serie di incastri a coda di rondine che garantivano una perfetta tenuta dei giunti pavimentali.
La presenza di una diffusa patina di ossido di ferro su molti dei blocchi, che pure possiedono un tenore molto basso in minerali ferrosi, ha in passato dato adito a numerose ipotesi, tra cui quella della presenza di ferro tra le rovine di Tiwanaku, ipotesi tuttavia non confermata da altri rinvenimenti.
Il palazzo dei sarcofagi
Situato sul retro del grande recinto sacro di Kalasasaya. Il cosiddetto Potuni, o palazzo dei sarcofagi , costituisce uno degli edifici più importanti dell’antico centro cerimoniale.
Si tratta di un edificio a pianta rettangolare, dotato di un elaborato portale doppio, del quale restano tuttavia solo alcune fondamenta, e circondato da alte mura di pietra.
Il nome attuale di “palazzo dei sarcofagi” deriva dalla presenza lungo le pareti di numerose celle seminterrate, aventi una probabile destinazione sepolcrale come depositi per mummie e offerte rituali. La costruzione delle celle risulta particolarmente accurata, con lati diritti e mura di pietra finemente giuntate. Le celle erano quindi ricoperte da ampie lastre di andesite piane, e dotate in alcuni casi di una porta costituita da una lastra di pietra scorrevole.
Molto simile sembra essere stato anche il vicino ma molto più rovinato Keri’Kala, la cui destinazione era tuttavia più probabilmente di tipo palaziale. Del grande edificio restano attualmente solo alcuni pilastri monolitici, detti appunto Keri’Kala o “pietre di fuoco”.
Una successione di bassi monticcioli non scavati segnala invece la presenza di diverse piramidi o piattaforme cerimoniali in quest’area. E’ qui che si trova la celebre porta della luna – anche nota come porta del Pantheon, dal nome attribuito all’edificio in cui venne trovata -.
Si tratta di un portale monolitico simile alla porta del sole ma più stretto. Il fregio originario, anch’esso simile a quello della porta del sole, risulta tuttavia frammentario o mancante. La porta della luna pare essere dello stesso tipo di un’altra meno nota porta monolitica, detta porta delle stelle, la cui collocazione originaria risulta tuttavia ignota, in quanto reimpiegata come soglia di abitazione nel moderno pueblo di Tiwanaku (attualmente, la porta, molto rovinata e priva del fregio, si trova all’ingresso del nuovo museo litico del sito).
Recenti scavi hanno portato alla luce nell’area resti di una notevole pavimentazione costituita da enormi lastre di andesite piane disposte orizzontalmente, che pare una continuazione della pavimentazione del vicino Kalasasaya, oggi non più visibile in quanto sepolta sotto i restauri moderni.
Nel corso degli stessi scavi hanno altresì potuto essere riportati alla luce alcuni tratti di condutture litiche in andesite aventi una insolita sezionale ottagonale, il cui tracciato sembra correre intorno all’intero perimetro del Potuni per poi proseguire per mezzo di un collettore forzato nel sottosuolo.
La porta del Leone
A circa 1,5 Km dal centro cerimoniale sorgono i resti consumati dal tempo di un edificio ancor più grandioso. Un breve cartello esplicativo all’ingresso del sito chiarisce che si tratta del più importante tempio Tiwanakota; e certamente dai pochi resti sparsi è facile intuire quanto splendido questo edificio fosse anticamente stato, con i suoi perfetti muri di andesite, gli enormi blocchi monolitici e le pareti coperte d’oro e argento.
I primi scavi di Puma Punku si svolgevano in un periodo che assisteva alla riscoperta dei resti della metropoli messicana di Teotihuacan, fatto non privo di conseguenze sulla lettura e interpretazione dei monumenti boliviani di Tiwanaku. L’improvvisa fascinazione messicana fece vedere in Tiwanaku un grande centro cerimoniale sul modello di quelli messicani, dove pure dominava la mole di due piramidi: quella del sole e della luna.
Il Puma Punku non fu tuttavia mai una piramide. Fu invece una grandiosa piattaforma cerimoniale, sovrastata da imponenti edifici in pietra e sfarzosi palazzi.
L’attuale nome di Puma Punku, “la porta del leone“, deriva dalla scoperta, avvenuta in epoca coloniale, della statua di un puma o leone di montagna tra i resti della grande piattaforma. E’ più probabile che il nome di Puma Punku sia in realtà una distorsione del più antico toponimo di Uma Punku, “la porta dell’acqua“. Il grande palazzo che vi sorgeva era invece probabilmente noto con il nome di Tunka Punku, o “palazzo delle dieci porte“.
La posizione del Puma Punku in prossimità dell’antico porto, suggerisce che questa fosse la principale porta d’accesso al centro cerimoniale per i pellegrini provenienti dalla regione del Titicaca. La prima vista del centro cerimoniale sarebbe stata splendida: un enorme edificio di pietra ricoperto di sottili lamine d’oro e scintillante al sole, scandito da una successione di portali monolitici i cui riflessi si proiettavano in ampie vasche riempite d’acqua.
E’ stato notato che sebbene Tiwanaku sia letteralmente dominata dalla mole imponente del Nevado Illimani, la montagna è completamente nascosta da una vicina catena di colline, così che solo salendo i gradini del Puma Punku e della grande piramide Akapana ci si sarebbe trovati di fronte l’imponente mole della montagna sacra, circondata dai monti innevati della Cordillera Real. Un effetto scenografico di rara bellezza, e certo deliberatamente ricercato dagli antichi costruttori del sito.
Il tempio principale del Puma Punku, affacciato su di una vasca cerimoniale o piazza sprofondata, è una delle costruzioni in pietra più grandi del nuovo mondo, in cui a blocchi di pietra di 440 tonnellate ne seguono altri più piccoli, di 200, 100, e via via fino a quelli di 80 e 40 tonnellate.
Il Puma Punku colpisce per la dimensione dei blocchi, ma colpisce anche per la raffinatezza della decorazione scultorea. Ovunque giacciono sparsi al suolo parti di quelli che furono portali, finestre, nicchie o semplici blocchi di pietra. In nessun luogo del nuovo mondo, e probabilmente neppure del vecchio, si trova traccia di una lavorazione della pietra tanto precisa e raffinata: i costruttori di Tiwanaku scolpirono autentiche meraviglie nella durissima andesite: blocchi di pietra tagliati con tolleranze millimetriche, enormi portali monolitici pesanti tonnellate, e ancora pietre per le quali è impossibile anche solo supporre una qualsiasi funzione. Come in un gigantesco gioco a incastri, ogni blocco era progettato per incastrarsi perfettamente con quelli adiacenti tramite un complesso sistema di indentature, incavi e morsetti metallici. Dai pochi frammenti rimasti, sembra che anche il tetto di questi straordinari edifici fosse costituito di enormi lastre di pietra.
Recenti scavi hanno portato alla luce nella zona del Puma Punku i resti di almeno tre grandi portali monolitici, in tutto simili alla porta del sole, ma mancanti del fregio. Solo uno dei portali rinvenuti presenta tracce di un fregio a losanghe intervallate da simboli solari, troppo rovinato tuttavia per consentire ricostruzioni di alcun tipo.
Alcune trincee di scavo aperte nell’area centrale del Puma Punku hanno portato alla luce le estremità di grandi pilastri di andesite, forse parte dell’originaria facciata del Puma Punku.
A non molta distanza dal Puma Punku sorgono invece i resti colossali e sconvolti dal cataclisma del grande porto di Tiwanaku, anch’esso costituito di filari su filari di enormi lastre monolitiche. Dalla zona del porto proviene anche un curioso bassorilievo ribattezzato “El secretario” o “Escretorio del Inca”. Si tratta di un elegante modello architettonico, purtroppo frammentario e molto rovinato, raffigurante un edificio a due o tre livelli costituito da una successione di portali monolitici sovrastati da finestre e nicchie cieche. Si tratta di un tipo di facciata ricorrente nell’architettura Tiwanaku, per cui risulta difficile ricondurre tale modello ad uno qualsiasi degli edifici attualmente noti.
Recenti ipotesi hanno posto in evidenza le notevoli analogie con la probabile facciata del Puma Punku ed i residui elementi che si conservano in situ. Si tratta tuttavia di un’ipotesi dotata di una base di prove alquanto esigua. I portali risultano infatti troppo ravvicinati per consentire un’identificazione con quelli del Puma Punku, ben più larghi e distanziati. Le somiglianze aumentano se si considerano invece le porte monolitiche dette della luna e delle stelle, il cui sito d’origine è tuttavia sconosciuto.
Questo modello, insieme a quello del Kantat’ Allyta, costituisce una testimonianza preziosa dell’architettura Tiwanaku, offrendo un quadro più preciso del probabile aspetto di questi edifici.
Recenti scavi hanno altresì condotto alla scoperta di un esteso insediamento di epoca Inca nella zona del Puma Punku, il quale, trovandosi nell’area un tempo occupata dall’antico porto, testimonia altresì del completo interramento di quest’ultimo [6]. Mentre il Puma Punku sembra avere sofferto pesanti danni dall’occupazione Inca, la restante parte del centro cerimoniale sembra essere stata invece completamente ignorata, né risulta attestato alcun tipo di frequentazione in epoca tarda nella zona dell’Akapana, che venne apparentemente abbandonata e sfruttata già dalla tarda epoca Inca come cava di pietra, tradizione che proseguirà poi per tutto il periodo coloniale.
Anche a Puma Punku si trovano raffinati esempi della perizia e dell’alto livello raggiunto dalla scienza idraulica di Tiwanaku. Un tratto di canale recentemente portato alla luce risulta costituito di una successione di grandi blocchi di pietra da taglio giuntati per mezzo di morsetti metallici. Stranamente, l’eccezionale stato di conservazione dei paramenti murari e l’assenza di ogni traccia di erosione da acqua suggerisce che questo canale non sia mai servito come scarico per le acque, ed è dunque probabile che la reale funzione di queste straordinarie condutture sia da ricercarsi nei significati simbolici attribuiti all’acqua prima ancora che in una qualsiasi funzione di tipo pratico.
Stabilire una data
A quando risale Tiwanaku? Fino ad ora gli archeologi hanno potuto identificare tre principali fasi nella cultura Tiwanaku, denominate aldeana (o formativa), classica e finale (o espansiva), succedutesi a partire dal 1500 a.C. fino al 750 d.C. circa. [7]
Si tratta tuttavia di datazioni che, per ammissione delle stesse autorità archeologiche boliviane, riguardano principalmente i manufatti ceramici, mentre risulta difficile stabilire una data anche solo approssimativa per le strutture in pietra.
Un ulteriore aspetto degno di nota è l’incomprensibile sviluppo urbano di Tiwanaku. Si tratta di un aspetto non privo di implicazioni sul problema della datazione, e che pare suggerire un’origine ben più antica del sito come centro cerimoniale.
In netto contrasto con la geometrica precisione dei suoi edifici e con gli accurati orientamenti astronomici, l’abitato di Tiwanaku sorse senza il minimo progetto urbanistico e in modo apparentemente casuale. Diversamente dai centri Wari, veri capolavori di pianificazione urbana, dotati di strade diritte e isolati a scacchiera; l’abitato di Tiwanaku sembra essere sorto in modo del tutto disordinato attorno al centro cerimoniale. La ricerca di un qualche asse viario principale, sul modello dei siti Wari e centroamericani, si è rivelata fino ad ora del tutto infruttuosa.
Le stesse abitazioni paiono di qualità modestissima, certo non quanto ci si aspetterebbe per la raffinata casta politica e sacerdotale di un potente impero. Si tratta nel più dei casi di edifici di una o due stanze, con pareti di mattoni di fango inframezzati ad adobe e rozze coperture di paglia o giunchi. Una possibile spiegazione di questa apparente contraddizione risiede forse nella natura stessa di Tiwanaku in quanto centro cerimoniale. Più che di una vera e propria città , si sarebbe dunque trattato di un santuario, circondato da alloggi per i pellegrini, inadatti tuttavia ad una occupazione stabile e prolungata. Il numero e la quantità degli alloggi fanno presupporre che Tiwanaku potesse accogliere in occasione di particolari festività folle nell’ordine delle 40.000 o anche 60,000 persone.
Un aspetto che lascia sconcertati nelle rovine e nel paesaggio quasi lunare di desolazione che circonda Tiwanaku è l’apparente assenza di risorse agricole in quantità sufficiente al sostentamento di una vasta popolazione urbana. Difficilmente dunque lo sterile altipiano, con le sue proibitive condizioni ambientali, avrebbe potuto offrire sostentamento in modo stabile e continuativo ad una popolazione in costante aumento. A queste stesse conclusioni era giunto già Squier nel 1877:
“Non è questa una regione che possa offrire nutrimento o sostentamento per una gran massa di persone, e certamente non è un’area dove ci si potrebbe aspettare di trovare una capitale. Tiahuanaco forse fu un luogo sacro o un santuario, la cui posizione venne fissata casualmente, in base a un auspicio o ad un sogno. Mi è difficile credere che fosse la sede di un qualche potere centrale.” [8]
Sebbene l’agricoltura Tiwanaku, quale risulta attestata dai molti centri minori gravitanti nell’orbita del grande centro cerimoniale fosse straordinariamente avanzata per l’epoca, basata su di un’articolata rete di canali e isolotti in grado di prevenire la formazione di permafrost, difficilmente ciò avrebbe tuttavia potuto offrire condizioni adatte allo sviluppo di una grande capitale imperiale.
Ed è altresì difficile individuare una qualsiasi ragione logica per cui popolazioni provenienti dalle fertili vallate andine abbiano consapevolmente deciso di insediarsi in una regione tanto sterile e inospitale, priva di ogni tipo di risorsa naturale al punto che la stessa pietra da costruzione doveva essere importata da cave situate a molte decine di kilometri di distanza.
Questi elementi suggeriscono che le ragioni della sacralità di Tiwanaku risalissero indietro nel tempo fino ad epoche estremamente remote, e che la sacralità di Tiwanaku fosse più legata alla sua venerabile antichità o a qualche ignoto evento del suo passato che ad una qualunque altra ragione.
Recentemente hanno destato scalpore le dichiarazioni di Oswaldo Rivera, già direttore dell’INAR, l’istituto nazionale di archeologia boliviano, secondo il quale i resti di almeno cinque diverse metropoli si troverebbero sepolti al di sotto dell’odierna Tiwanaku, ad una profondità superiore ai 21 metri. Se queste scoperte fossero confermate, aggiungerebbero ulteriori elementi in favore delle discusse tesi formulate da A. Posnansky nel corso degli scavi dei primi anni ’30 e ’40, e secondo il quale Tiwanaku insisterebbe sui resti di una metropoli molto più antica di almeno 17,000 anni.
Posnansky basò queste sue conclusioni su oltre 40 anni di scavi condotti sul sito, accompagnati da un attento studio degli allineamenti astronomici e solstiziali. In particolare, Posnansky fu il primo ad osservare come i pilastri e il portale del Kalasasaya costituissero un elaborato orologio solare progettato per essere precisamente allineato alla posizione del sole ai solstizi e agli equinozi in un periodo compreso tra 17,000 e 10,450 anni prima di Cristo [9]. I calcoli precessionali sviluppati da Posnansky e Rolf Muller presso l’osservatorio di Potsdam, seppure successivamente corretti verso la più recente delle due date, costituiscono un’evidenza solo recentemente riconsiderata dagli archeologi boliviani. Si tratta di una data che, seppure in contrasto con i risultati di tutte le più recenti datazioni radiometriche relative a campioni prelevati sul sito, è stata tuttavia ripetutamente confermata da più recenti e accurati studi relativi al sistema degli allineamenti archeoastronomici.
Poiché è difficile immaginare un qualunque tipo di cultura urbana in un’epoca tanto remota e in un continente dal popolamento relativamente recente come quello Sud-americano, l’ipotesi più probabile è quella di un riferimento voluto ad una specifica data del passato da parte dei costruttori del grande centro cerimoniale, che si adeguarono dunque ad un progetto architettonico intrapreso forse in forme ben più modeste migliaia di anni prima.
Il significato stesso di questa data così remota resta sconosciuto, sebbene sia stata suggerita una qualche attinenza con il misterioso fregio calendariale della porta del sole. Questo sembra infatti descrivere un evento reale appartenente al passato della città , in cui un ignoto personaggio, talora identificato con Viracocha, il cui culto da Tiwanaku si diffonderà in tutta l’area andina, avrebbe ricevuto a Tiwanaku l’omaggio di 72 delegazioni straniere, simboleggiate dal motivo dell’angelo dello scettro.
Restano invece sconosciute le ragioni per cui un tale evento avrebbe dovuto essere ritenuto tanto importante da perpetuarne il ricordo per le successive generazioni, al punto da essere ossessivamente rappresentato in tutte le manifestazioni artistiche delle culture Tiwanaku e Wari, influenzando profondamente la stessa cultura Inca.
Il mistero delle origini
Altrettanto misteriosa risulta essere l’origine dei fondatori di Tiwanaku. Recenti indagini compiute su un campione di 18 scheletri rinvenuti sul sito hanno offerto un quadro assolutamente sconcertante dell’origine etnica dei Tiwanaku [10]. Sui 18 campioni analizzati, 13 risultarono possedere marcatori compatibili con quelli di gruppi etnici di tipo amerindio, mentre 5 risultarono possedere marcatori non attestati tra i gruppi etnici originari del Nuovo Mondo. Ciò potrebbe suggerire una origine diversa da quella degli attuali amerindi, o l’appartenenza ad un ceppo etnico successivamente estintosi o per qualche ragione scomparso dal continente americano. Va detto altresì a tale riguardo che nella regione del Titicaca la tribù degli Uros, attualmente estinti, era nota per via dei curiosi caratteri genetici che ne facevano una popolazione dalla pelle insolitamente pallida, presso la quale non erano infrequenti caratteri come occhi o capelli chiari, caratteristiche che tuttora si riscontrano presso gli indios Chachapoya del Nord del Perù.
Pure sorprendenti appaiono i risultati relativi ai campioni di tipo amerindio, in cui il gruppo più numeroso sembra essere stato costituito da popolazioni di provenienza amazzonica, subito seguite da popolazioni Aymara indigene dell’altopiano. Se l’individuazione di caratteri Aymara, tuttora il gruppo etnico dominante nella regione del Titicaca, non desta sorprese, le stesso non si può dire della preminenza di caratteri etnici di tipo amazzonico.
Il quadro che ne emerge è quello di una società fortemente cosmopolita, caratterizzata da una commistione di razze e gruppi etnici diversi, in cui la componente di gran lunga più numerosa sembra essere stata costituita da individui di ceppo amazzonico. Ciò getta altresì una nuova luce sui rapporti fino ad ora poco esplorati tra le civiltà delle Ande e l’area amazzonica, dove sembra possibile individuare l’origine etnica di una parte delle attuali popolazioni andine.
Tale quadro sembra altresì offrire una possibile soluzione al mistero delle origini dell’architettura monumentale Tiwanaku, apparentemente priva di legami con le vicine culture Wari, Chiripa e Wankarani che, pure presentando caratteri simili a quelli che caratterizzeranno il successivo sviluppo della cultura Tiwanaku, non conobbero tuttavia mai l’architettura monumentale in pietra, le cui radici potrebbero dunque radicarsi in qualche punto sconosciuto dell’area amazzonica.
Note nel testo
[1] Cieza de Leon, Pedro; Cronica del Peru, 1549 in W. Westphal, “Gli Inca”, Bertelsmann, 1985
[2] Escalante Moscoso, Javier F. ; Arquitectura prehispanica en los Andes bolivianos, Cima Ed., La Paz, 1997
[3] Cobo, Barnabé (1599 è 1657); Historia del Nuevo Mundo.
[4] Bellamy, H.S. “The calendars of Tiahuanacu”, Faber & Faber, London, 1956
[5] Si veda a riguardo l’intervista rilasciata da Alexei Vranich al sito www.archaeology.org
” Just about every guide to the site places a compass on the Akapana pyramid stone to show its magnetic properties. I’ve never paid much attention to this since the compass effect is a natural property of the stone. However, Tiwanaku is full of alignments–solar and lunar towards natural features on the landscape–I would be interested in investigating”
Trovo personalmente le conclusioni di Vranich riguardo all’origine del campo magnetico dell’Akapana alquanto lacunose: qualora si trattasse, come sostiene di una proprietà naturale della pietra, perchè il fenomeno si verifica esclusivamente sulla sommità della piramide e non altrove? E inoltre, è sufficiente il debole paleomagnetismo delle rocce a spiegare un campo magnetico tanto forte da fare deviare le bussole rispetto al vero Nord?
[6] Reconfiguring sacred space: The Inkas and the Pumapunku pyramid at Tiwanaku, Bolivia, in Revista de Antropologia Chilena, vol 36, n. 2 , jul 2004, pp 337- 350
[7] Kolata, Alan, The Tiwanaku, Blackwell, Oxford, 1993
[8] Squier, Ephraim G. , Peru, 1877
[9] Posnansky, Arthur, Tihuanacu, the cradle of American man, J.J. Augustin, New York, 1945
[10] mtDNA analysis of skeletal remains from the archaeological site of Tiwanaku and its relation to the origins of its builders, in Revista de Antropologia Chilena, vol. 35, n. 2, jul 2003 pp 269-274.