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domenica 25 settembre 2011

Le straordinarie mummie di Roccapelago


Scoperte archeologiche. Le straordinarie mummie di Roccapelago.

La scena che a inizio d’anno s’è presentata agli archeologi che lavoravano al restauro di una cinquecentesca chiesa dell’appennino modenese è sequenza degna di un  film d’Indiana Jones: “Una piramide di corpi accatastati uno sull’altro, cadaveri di adulti, infanti e bambini in parte scheletrizzati, in parte mummificati, quasi tutti supini, qualcuno adagiato sul fianco, qualcuno prono, in un coacervo di pelle, tendini, capelli, abiti, calze, cuffie, sacchi e sudari”, si legge nelle note.
Con un misto d’impressione, pietà e scientifica eccitazione, gli studiosi della soprintendenza dell’Emilia hanno da subito cominciato il lavoro su quei poveri resti di montanari, e le sorprese non sono mancate.

Ammasso di corpi scheletrizzati o mummificati (Foto Barbara Vernia, archivio SBAER © 2011)
Un passo indietro, la chiesa è quella della Conversione di San Paolo Apostolo a nell’Alto Frignano modenese, suggestivo complesso che sorge su uno sperone roccioso per raggiungere il quale c’è una sola via d’accesso. In tutto e per tutto una fortezza sfruttata tra il 1370 e il 1400 da Obizzo da Montegarullo, uno dei più potenti signori del Frignano, che alla fine del XIV secolo si ribellò al dominio agli Estensi.
Nel complesso, dal 2008 sono in corso importanti lavori di restauro che, data l’importanza storica del contesto, sono stati preceduti da controlli archeologici condotti daBarbara Vernia (coadiuvata dagli antropologi Vania Milani e Mirko Taversari), sotto la direzione scientifica degli archeologi Luca Mercuri e Donato Labate della soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Emilia-Romagna.
In quest’ambito è avvenuta la scoperta della cripta che oggi è una miniera di informazioni sulla piccola comunità del modenese.

Scoperchiata la sepoltura, l’apparizione di 300 corpi, un terzo dei quali perfettamente mummificati grazie a un raro processo naturale che ha conservato anche gli indumenti e persino parte della fauna cadaverica, soprattutto larve e topi. Ha fatto tutto la natura, un fortunato mix di ventilazione e clima asciutto ha essiccato i cadaveri di un’intera comunità per due secoli e mezzo, dalla metà del Cinquecento alla fine del Settecento tramandando, secondo quanto emerge da un primo studio, alcuni caratteri di quell’antica gente, stile di vita, frequenza e distribuzione dei decessi di adulti e bambini, longevità.
La religiosità è attestata da evidenti forme di pietas, come la composizione dei cadaveri con le mani intrecciate in preghiera o sull’addome, la permanenza di anelli nuziali, collane, crocifissi, rosari e medaglie, o la fasciatura della mandibola per evitare lo spalancamento della bocca. Sorprendenti, per consistenza e buona conservazione, i tessuti recuperati.

L'impressionante (e singolare) posizione a testa in giù di un corpo mummificato (Foto Donato Labate, archivio SBAER © 2011)
Vestivano alla montanara: niente seta, al massimo qualche bordo in merletto, solo abiti semplici in lino, cotone o lana grezza, lavorati in loco, ad attestare una vita povera ma sobria.
Assolutamente singolare il ritrovamento di una rara lettera “componenda” o di “Rivelazione”, una sorta di accordo con Dio che, portata sempre addosso, “garantiva” protezione e grazie in cambio di preghiere”
.
Ulteriori studi potranno ricostruire la storia antropologica e culturale di questa piccola comunità, recuperando non solo l’aspetto fisico, il sesso e l’età dei defunti ma anche la loro dieta, le carenze alimentari e persino le malattie e gli eventi traumatici di cui hanno sofferto nel corso della vita, fino a capire quanto del loro patrimonio genetico si sia conservato fino a oggi.


L’obiettivo comune della soprintendenza assieme alle Università di Bologna e di Modena e ad altre istituzioni  è interpretare quanto è emerso dagli scavi e restituirlo al pubblico sotto forma di narrazione,  incrociando  aspetti archeologici, antropologici e storici con una valutazione delle esigenze di esposizione e conservazione di reperti altamente deperibili.
La valorizzazione di questo straordinario rinvenimento si avvarrà anche delle più moderne tecnologie digitali a cominciare dalla ricostruzione 3D delle sepolture più significative e dalla creazione virtuale di interventi di restauro e modelli di mummie. Al momento, nulla resta nella Chiesa di San Paolo di Roccapelago: un paio di mummie e i reperti d’interesse archeologico sono momentaneamente conservati presso i depositi del mentre tutti gli altri resti sono stati trasportati al dipartimento di Storie e Metodi per la Conservazione dei Beni Culturali di Ravenna.
Al termine degli studi, alcuni resti mummificati saranno probabilmente esposti direttamente nel luogo del rinvenimento, mentre la maggior parte delle salme troverà  degna sepoltura nel cimitero di Roccapelago.

La Rocca di Roccapelago con la Chiesa della Conversione di San Paolo Apostolo (Foto Donato Labate, archivio SBAER © 2011)

Mummia con abiti e cuffia (Foto Paolo Terzi, archivio SBAER © 2011)

Particolare di una mano con polsino (Foto Paolo Terzi, archivio SBAER © 2011)

Particolare di una sepoltura parzialmente mummificata (Foto Barbara Vernia, archivio SBAER © 2011)

Particolare di una sepoltura (Foto Donato Labate, archivio SBAER © 2011)

La lettera componenda, una sorta di accordo di transazione Dio e il defunto (Foto Barbara Vernia, archivio SBAER © 2011)

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