Le Dune di Titano
Titano come Arrakis, il pianeta di Dune, capolavoro di fantascienza di Frank Herbert. Ma anche Titano come la Terra, considerata l’incredibile somiglianza fra le dune sabbiose della grande luna di Saturno e quelle presenti nei deserti della Namibia o dell’Arabia Saudita. Una somiglianza che non va però molto oltre la forma. Le dune di Titano, che coprono circa il 13% della superficie della luna e si estendono per oltre 10 milioni di chilometri quadrati (un’area che corrisponde più o meno a quella del Canada), sono infatti molto più grandi di quelle terrestri: larghe uno o due chilometri, lunghe centinaia di chilometri e alte attorno ai 100 metri. Diverso è anche il materiale che le compone: non silicati, bensì idrocarburi solidi, che precipitando dall’atmosfera si aggregano, seguendo un processo non ancora compreso dagli scienziati, in granelli di dimensioni millimetriche. E diverse lo sono pure tra loro, influenzate a quanto pare dall’ambiente in cui sorgono.
Grazie ai dati del radar a bordo della sonda NASA-ESA-ASI Cassini, un team di ricercatori guidato da Alice Le Gall, del Laboratoire Atmosphères, Milieux, Observations Spatiales (LATMOS-UVSQ) di Parigi e del Jet Propulsion Laboratory della NASA, ha infatti scoperto che la dimensione delle dune di Titano dipende da almeno due fattori geografici: l’altitudine e la latitudine.
Partiamo dall’altitudine. Le principali distese di dune si trovano per lo più in basso, nelle zone di pianura. Le dune ad alta quota tendono a essere più strette, maggiormente distanti l’una dall’altra e con una copertura sabbiosa più sottile, come se ad altitudini elevate ci fosse meno sabbia rispetto a quella disponibile in pianura. Quanto alla latitudine, su Titano le dune sono confinate alla fascia equatoriale, fra i 30° sud e i 30° nord. Con un’asimmetria: nell’emisfero settentrionale tendono a essere, come ad alta quota, più strette e maggiormente distanti l’una dall’altra rispetto a quanto non accada alle latitudini più a sud.
Un’asimmetria, quest’ultima, che gli scienziati attribuiscono all’ellitticità dell’orbita di Saturno. Le stagioni, su Titano, dipendono dall’orbita percorsa da Saturno attorno al Sole. Poiché questa impiega circa 30 anni terrestri, la durata media di una stagione, su Titano, è di 7 anni abbondanti. A causa della leggera ellitticità dell’orbita di Saturno, però, non tutte le stagioni sono uguali: nell’emisfero sud di Titano, per esempio, le estati sono più brevi e più intense. Questo comporta che, nelle regioni meridionali, l’umidità che si registra in superficie – dovuta alla presenza nel terreno di vapori d’etano e metano – sia inferiore. E i grani di sabbia, essendo più asciutti, sono anche più soggetti a essere trasportati dal vento, formando così le dune con maggiore facilità.
Lo strumento di Cassini protagonista di questa scoperta, il radar multimodo, è stato sviluppato grazie a una collaborazione fra il Jet Propulsion Laboratory della NASA e l’ASI, l’Agenzia Spaziale Italiana.A cura di Redazione Media INAF
Foto in Alto:A sinistra, Belet e Fensal, due diverse distese di dune su Titano, fotografate dal radar a bordo di Cassini. A destra, due distese simili presenti sulla Terra, a Rub' al-Khali, in Arabia Saudita. La regione di Fensal si trova a latitudini e altitudini maggiori rispetto a Belet, e si può notare chiaramente come le dune siano più sottili e intervallate da zone più ampie e luminose. Crediti: NASA/JPL–Caltech/ASI/ESA, USGS/ESA
Fonte:http://www.media.inaf.it/2012/01/23/il-doppio-volto-delle-dune-di-titano/
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