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lunedì 18 luglio 2011

Napoli, il mistero della Pietrasanta Sotto la chiesa un cunicolo segreto per i i riti di fede dei Templari


di Paolo Barbuto
Pare l’inizio di un romanzo d’avventura di quelli che finiscono in cima alle classifiche e si trascinano dietro programmi tv e filmoni d’azione; invece è una storia tutta napoletana che si svolge nel cuore della città, a via dei Tribunali.
Il luogo è quello un po’ magico della basilica della Pietrasanta, la guida è Luca Cuttitta, speleologo e presidente de «La Macchina del Tempo», che gestisce il sottosuolo di quella chiesa. Il viaggio nelle viscere della terra è avventuroso: si passa attraverso la cripta a 6 metri di profondità, si scende ai margini di uno strapiombo che raggiunge i 25 metri, si prosegue con un tuffo dentro una antica cisterna che raggiunge la quota di meno trentacinque metri. Significa infilarsi nell’antico acquedotto prima greco e poi romano; significa soprattutto buio fitto e grande attenzione, per adesso: «Tra qualche mese diventerà l’unica cavità europea completamente accessibile anche ai disabili», sorride Cuttitta che ha in mente un clamoroso progetto di sviluppo per questo luogo
.
Per adesso di clamoroso ci sono la fatica e i segni che si scoprono lungo le pareti dell’acquedotto. Sono croci «ricrociate» o «potenziate», le vedete nelle foto in alto in questa stessa pagina, si tratta di simboli cristiani che, ad ogni estremità si espandono in altre croci. Si tratta di un simbolo antico, uno dei dodici utilizzati dai templari per rappresentare la croce.
E dodici sono anche le incisioni nel tufo dei cunicoli dell’acquedotto.
La prima si trova all’altezza di un bivio della cavità: è posto all’ingresso della parte destra della forcella, seguendo quella via si cammina per qualche decina di metri sotto largo Proprio D’Aramiello, si svolta ancora a destra e si cammina sotto l’istituto Diaz, si prosegue lungo quella direzione arrivando esattamente sotto al palazzo del principe di Sansevero.
A quel punto il camminamento smette di essere tortuoso e diventa incredibilmente dritto, come un fuso: un corridoio lungo cinquanta metri che parte dal palazzo del principe di Sansevero, Raimondo di Sangro, e finisce esattamente sotto all’altare della chiesa della Pietrasanta nel luogo dove c’è il «cemeterium» (l’area sottoposta alla chiesa nella quale venivano preparati i cadaveri per la sepoltura).
Sembra che quelle croci siano posizionate proprio per indicare un percorso.
[Tra i vari simboli incisi sulle pareti di tufo c’è anche un incredibile simbolo della Santissima Trinità realizzato con tempo e pazienza. Chissà chi doveva seguire quella strada: le ipotesi spettano ai ricercatori e agli esperti. Divertirsi a cercare soluzioni al mistero sarebbe un semplice esercizio di fantasia.
Noi, invece, proviamo a fare semplicemente la cronaca di quel che è nascosto nel sottosuolo e che, fino a ieri, era noto solo a qualche decina di speleologi che si erano avventurati lì sotto.
L’idea che questo fosse un luogo di frequentazione templare è affascinante. In un solo momento torna alla mente tutta la storia della basilica della Pietrasanta: in quel luogo sorgeva il tempio di Diana che aveva l’ingresso su «vico della luna», l’attuale via Del Giudice. Quando si decise di convertirlo alla cristianità, alcuni pezzi del tempio furono conservati (il capitello di una colonna è ancora lì, base del fonte battesimale).
Ma il popolo continuò a considerarlo magico, tanto che i napoletani del 528 dopo Cristo sostenevano che fosse posseduto da un demonio sotto forma di maiale che grugniva e incuteva timore. Così nacque il rito del maialino che, ogni anno, veniva offerto al vescovo. La chiesa divenne poi meta del pellegrinaggio dei fedeli quando ospitò la «pietra santa», un marmo con una croce incisa (oggi perduto), baciando il quale era possibile ottenere il perdono da tutti i peccati.
A proposito, il nome corretto della basilica non è quello di «Pietrasanta», con il quale i napoletani identificano quel luogo; la chiesa, alla fondazione, venne intitolata alla Vergine con il nome di «Santa Maria Maggiore»: racconta la narrativa sui Templari che i luoghi prediletti dai cavalieri sono quelli dedicati alla madre di Cristo. Ma forse stiamo scivolando nella fantasia.
Noi qui ci limitiamo semplicemente a fare la cronaca di quell’incredibile scoperta che fino ad oggi solo gli speleologi condividevano e che, finalmente, diventa patrimonio di tutta la città.
Pare l’inizio di un romanzo d’avventura di quelli che finiscono in cima alle classifiche e si trascinano dietro programmi tv e filmoni d’azione; invece è una storia tutta napoletana che si svolge nel cuore della città, a via dei Tribunali.
Il luogo è quello un po’ magico della basilica della Pietrasanta, la guida è Luca Cuttitta, speleologo e presidente de «La Macchina del Tempo», che gestisce il sottosuolo di quella chiesa. Il viaggio nelle viscere della terra è avventuroso: si passa attraverso la cripta a 6 metri di profondità, si scende ai margini di uno strapiombo che raggiunge i 25 metri, si prosegue con un tuffo dentro una antica cisterna che raggiunge la quota di meno trentacinque metri. Significa infilarsi nell’antico acquedotto prima greco e poi romano; significa soprattutto buio fitto e grande attenzione, per adesso: «Tra qualche mese diventerà l’unica cavità europea completamente accessibile anche ai disabili», sorride Cuttitta che ha in mente un clamoroso progetto di sviluppo per questo luogo.
Per adesso di clamoroso ci sono la fatica e i segni che si scoprono lungo le pareti dell’acquedotto. Sono croci «ricrociate» o «potenziate», le vedete nelle foto in alto in questa stessa pagina, si tratta di simboli cristiani che, ad ogni estremità si espandono in altre croci. Si tratta di un simbolo antico, uno dei dodici utilizzati dai templari per rappresentare la croce.
E dodici sono anche le incisioni nel tufo dei cunicoli dell’acquedotto.
La prima si trova all’altezza di un bivio della cavità: è posto all’ingresso della parte destra della forcella, seguendo quella via si cammina per qualche decina di metri sotto largo Proprio D’Aramiello, si svolta ancora a destra e si cammina sotto l’istituto Diaz, si prosegue lungo quella direzione arrivando esattamente sotto al palazzo del principe di Sansevero.
A quel punto il camminamento smette di essere tortuoso e diventa incredibilmente dritto, come un fuso: un corridoio lungo cinquanta metri che parte dal palazzo del principe di Sansevero, Raimondo di Sangro, e finisce esattamente sotto all’altare della chiesa della Pietrasanta nel luogo dove c’è il «cemeterium» (l’area sottoposta alla chiesa nella quale venivano preparati i cadaveri per la sepoltura).
Sembra che quelle croci siano posizionate proprio per indicare un percorso.
[Tra i vari simboli incisi sulle pareti di tufo c’è anche un incredibile simbolo della Santissima Trinità realizzato con tempo e pazienza. Chissà chi doveva seguire quella strada: le ipotesi spettano ai ricercatori e agli esperti. Divertirsi a cercare soluzioni al mistero sarebbe un semplice esercizio di fantasia.
Noi, invece, proviamo a fare semplicemente la cronaca di quel che è nascosto nel sottosuolo e che, fino a ieri, era noto solo a qualche decina di speleologi che si erano avventurati lì sotto.
L’idea che questo fosse un luogo di frequentazione templare è affascinante. In un solo momento torna alla mente tutta la storia della basilica della Pietrasanta: in quel luogo sorgeva il tempio di Diana che aveva l’ingresso su «vico della luna», l’attuale via Del Giudice. Quando si decise di convertirlo alla cristianità, alcuni pezzi del tempio furono conservati (il capitello di una colonna è ancora lì, base del fonte battesimale).
Ma il popolo continuò a considerarlo magico, tanto che i napoletani del 528 dopo Cristo sostenevano che fosse posseduto da un demonio sotto forma di maiale che grugniva e incuteva timore. Così nacque il rito del maialino che, ogni anno, veniva offerto al vescovo. La chiesa divenne poi meta del pellegrinaggio dei fedeli quando ospitò la «pietra santa», un marmo con una croce incisa (oggi perduto), baciando il quale era possibile ottenere il perdono da tutti i peccati.
A proposito, il nome corretto della basilica non è quello di «Pietrasanta», con il quale i napoletani identificano quel luogo; la chiesa, alla fondazione, venne intitolata alla Vergine con il nome di «Santa Maria Maggiore»: racconta la narrativa sui Templari che i luoghi prediletti dai cavalieri sono quelli dedicati alla madre di Cristo. Ma forse stiamo scivolando nella fantasia.
Noi qui ci limitiamo semplicemente a fare la cronaca di quell’incredibile scoperta che fino ad oggi solo gli speleologi condividevano e che, finalmente, diventa patrimonio di tutta la città.

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