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domenica 20 marzo 2011

Il dossier sugli interessi italiani


Petrolio, armamenti, appalti
Il dossier sugli interessi italiani

La relazione degli 007 al Viminale: 100 imprese coinvolte

ROMA - Sistemi di alta tecnologia, veicoli, elicotteri, infrastrutture, impianti, mangimi industriali: sono affari da miliardi di euro quelli che le imprese italiane hanno concluso in Libia negli ultimi anni. E nell'elenco delle esportazioni tra il 2008 e il 2010 figurano anche ricambi per navi da guerra e per armamenti, dispositivi di tiro, materiali per bombe, razzi e missili. L'ultima relazione trasmessa dagli apparati di sicurezza al ministero dell'Interno fa il punto sulla crisi che sta travolgendo il regime del colonnello Gheddafi. Dedica un ampio capitolo alle ripercussioni che la rivolta può avere sull'economia del nostro Paese. Conferma le relazioni tra il Raìs e le industrie belliche. Poi analizza le ripercussioni che la guerra civile può avere sulla nostra economia «tenendo conto che la Libia si colloca al quinto posto nella graduatoria dei Paesi fornitori dell'Italia con un peso percentuale del 4,5 per cento sul totale delle nostre importazioni, mentre il nostro Paese rappresenta il primo esportatore che ricopre circa il 17,5 per cento delle importazioni libiche con un interscambio complessivo stimato nel 2010 di circa 12 miliardi di euro». Non solo. Nella relazione viene evidenziato come «la Libia risulta essere il primo fornitore di greggio e il terzo fornitore di gas per l'Italia».
Gli investimenti di 100 aziende
L'elenco delle imprese che fanno affari in Libia comprende tra l'altro Telecom e Alitalia, Edison e Grimaldi, Visa e Saipem. Il dossier evidenzia come «Impregilo ha ottenuto contratti per oltre un miliardo di euro per la costruzione di tre centri universitari e per infrastrutture da realizzare a Tripoli e Misurata, mentre il Gruppo Trevi sta lavorando a diversi grandi progetti edilizi nel centro di Tripoli». Sono cinque i settori nei quali gli italiani sono maggiormente impegnati: impiantistica, costruzioni, trasporti, meccanica e mangimi industriali con la Martini Silos. Le considerazioni degli analisti fanno ben comprendere quali possano essere le conseguenze della crisi: «L'Italia risulta essere il terzo Paese investitore tra quelli europei (escludendo il petrolio) e il quinto a livello mondiale. L'importanza che il mercato libico riveste per il nostro Paese è dimostrata anche dalla presenza stabile in Libia di oltre 100 imprese. Il maggiore investitore è l'Eni, ma di rilievo è anche la presenza della Iveco spa presente con una società mista e un impianto di assemblaggio di veicoli industriali». Nell'elenco delle aziende «c'è la Sirti che unitamente alla francese Alcatel ha ottenuto commesse per la fornitura e la messa in opera di oltre 7.000 chilometri di cavi di fibre ottiche per un importo globale di 161 milioni di euro (di cui 68 per Sirti); la Agusta-Westland che ha ottenuto il contratto per la fornitura di dieci elicotteri con relativi corsi di formazioni e assistenza postvendita; Alenia Aermacchi ha invece ottenuto un contratto da tre milioni di euro per un programma di formazione e revisione dei sistemi di propulsione su 12 aerei Sf-260».
Ricambi per bombe e siluri
Alla relazione sono allegate le tabelle che danno conto degli affari più remunerativi ed elencano sia le «esportazioni definitive» sia le «trattative contrattuali per le esportazioni definitive». Si scopre così che l'8 maggio 2009 la società Mbda Italia ha firmato un accordo da 2,5 milioni di euro per la fornitura di «materiale per bombe, siluri, razzi e missili», mentre nell'ottobre dello scorso anno Agusta ha ottenuto due contratti per apparecchiature di alta tecnologia a un costo complessivo di oltre 70 milioni di euro. A novembre la Oto Melara ha invece avviato la negoziazione per «armi o sistemi d'arma di calibro superiore a 12,7 mm oltre a materiale, ricambi, tecnologia know-how, attrezzature». Nel 2010 la Selex Sistemi Integrati, gruppo Finmeccanica, ha siglato un contratto da oltre 13 milioni di euro per materiale e ricambi di apparecchiature elettroniche e apparecchiature per la direzione del tiro». A gennaio la Intermarine spa ha avviato un negoziato da 500 milioni di euro per la fornitura di materiale e software per le navi da guerra». E un mese dopo ha fatto partire una nuova trattativa per 100 milioni di euro, mentre la Oto Melara discuteva la stessa cifra per la fornitura di materiale di uso bellico.
Il fondo d'investimento
L'ultimo affare la Alenia Aermacchi l'ha siglato il 14 gennaio 2011: fornitura di ricambi per aeromobili per quasi un milione di euro. Selex e Oto Melara hanno invece avviato contrattazioni per complessivi 70 milioni di euro, mentre Agusta sta negoziando un contratto da 80 milioni di euro «per apparecchiature elettroniche e materiale per l'addestramento militare o per la simulazione di scenari militari». Non si sa che futuro avranno queste «commesse», così come ci si interroga sulla presenza del fondo «Libyan Investment Authority» in alcune aziende italiane. Oltre alle partecipazioni azionarie in Fiat, Finmeccanica, Eni e Unicredit, nel dossier si evidenzia il possesso del «31 per cento della società Olcese nel settore manufatturiero, il 7,5 per cento della Juventus e il 33 per cento della Triestina».
Fiorenza Sarzanini
26 febbraio 2011
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