In Libia a Tripoli molti migranti del campo profughi di Tajura sono morti sotto le bombe. Gaetano Pecoraro ci racconta il vero bersaglio di quelle esplosioni: un deposito segreto di armi. E poi le torture subìte, e il ruolo dell'Italia nel finanziamento dei campi
L’11 maggio del 2017 nel centro profughi di Mineo, in Sicilia, una delegazione del governo italiano ha negoziato con le autorità Libiche il blocco delle partenze dei migranti. Al tavolo della trattativa c’è anche Abd Al-Rahman Milad, meglio conosciuto con il nome di battaglia di Bija.
Secondo l’Onu il comandante Bija dovrebbe stare in galera per crimini contro i migranti. Sarebbe il boss dei trafficanti di migranti, uno che da una parte affiancherebbe con una sua milizia la guardia costiera libica ma dall’altra secondo l’Onu, gestirebbe nel bene e nel male tutto il flusso delle partenze dei profughi. Un report delle Nazioni unite lo indica come un trafficante di migranti.
Strano quindi vederlo trattare con l’Italia per risolvere un problema delicato come quello dell’immigrazione dalla Libia. Le autorità di Roma sapevano chi fosse perché tanti giornali avevano parlato di lui, ma soprattutto perché in uno studio del ministero della difesa Bija era indicato come “dedito al traffico di migranti”. In un video si vede Bija che frusta alcuni migranti su un barcone. Metodi brutali utilizzati anche da altri libici in diverse situazioni e che purtroppo ci vedono ancora coinvolti, come per esempio nei tre campi profughi di Tripoli.
Uno di questi campi è quello di Tajura. Gaetano Pecoraro ha intervistato alcuni profughi che ci hanno vissuto. Raccontano violenze e punizioni corporali che a volte finivano perfino con la morte. Sotto la struttura c’era un luogo segreto, chiamato Underground. Era lì che avvenivano le torture: sevizie terribili, a cui molti migranti sono stati sottoposti per tantissimo tempo. In un campo che sarebbe finanziato anche dall'Italia, tramite alcune ong.
“Prendevano le ragazze e le violentavano”, ci racconta uno dei migranti che è stato lì. Gaetano Pecoraro ha chiesto al nuovo ministro dell’Interno Luciana Lamorgese: se l’Italia dovesse essere complice in crimini contro l’umanità, come la metteremo? “Quello lo valuteremo. Ogni giorno ha la sua pena”, la laconica risposta di chi siede al Viminale (nel servizio abbiamo incontrato anche due suoi predecessori, con linee stranamente simili sulla Libia, nonostante le divergenze politiche: Marco Minniti del Pd e Matteo Salvini della Lega).
Quest’estate il campo di Tajura è stato bombardato. Le immagini del bombardamento sono state riprese con il telefonino dalle persone chiuse dentro il capannone dove è scoppiata la bomba. Sono video terribili. Non si sa chi ha tirato la bomba, ma si conosce il perché.
Stando a quanto raccontano i profughi, nell’Underground, dove avvenivano le torture, c’erano dei depositi di armi, bombe e perfino carri armati. Forse era questo l’obiettivo della bomba, distruggere quel deposito di armi. Il commento di uno dei profughi intervistati ci fa ancora gelare il sangue: “Ci usavano come scudi umani”.
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