Sono mesi che Wikileaks ha per le mani i documenti pubblicati questa notte, mesi in cui l’entourage di Julian Assange ha collaborato gomito a gomito con 25 organi di informazione per sfrondare i cinque milioni e mezzo di mail sottratte dai server di Stratfor, un’agenzia di global intelligence che raccoglie informazioni da tutto il mondo. Stiamo parlando di account mail delicati, tra cui 220 appartenenti a militari britannici e 242 a ufficiali della Nato.
A quasi quattro mesi di distanza dalla pubblicazione degli sconvolgenti SpyFiles, Wikileaks torna ad occupare le pagine dei quotidiani, ma lo fa in modo inedito. Questa volta infatti il materiale pubblicato non proviene da anonimi spifferatori (i cosiddetti whistleblower), questa volta non c’è nessun Bradley Manning (il soldato e informatico statunitese oggi accusato di aver passato informazioni a Wikileaks) a cui dare la colpa. Pare infatti che a fornire il materiale rovente alla squadra di Assange questa volta siano stati gli hacker del collettivo Anonymous, che lo scorso dicembre aveva annunciato di aver portato a termine un riuscito attacco ai server di Stratfor.
L’accusa che emerge dal comunicato con cui Wikileaks ha introdotto la pubblicazione del primo centinaio di e-mail (risalenti a unperiodo che va da 2004 al 2011) è che Stratfor operi come agenzia di intelligence al servizio di compagnie commerciali e governi disposti a pagare per le informazioni ottenute: “Le email espongono la rete di informatori, come vengono strutturati e occultati i pagamenti, nonché i metodi psicologici impiegati”. Wikileaks fa esplicitamente riferimento a tecniche di persuasione volte allo sfruttamento di informatori delicati. In una mail datata 6 dicembre 2011, ad esempio, si leggerebbero istruzioni impartite a un’analista di Stratfor su come gestire un informatore che poteva fornire notizie sullo stato di salute di Hugo Chavez: “Dovete avere il controllo su di lui. Un controllo finanziario, sessuale o psicologico.”
Praticamente, Wikileaks afferma di avere le prove che Stratfor sarebbe una sorta servizio di spionaggio mercenario di portata globale, che tra i clienti annovera agenzie governative come lo US Department of Homeland Security, i Marines e la DIA, e compagnie come: Lockheed Martin, Northrop Grumman, Raytheon e la Dow Chemical, che a quanto pare avrebbe pagato Stratfor per controllare gli attivisti del movimento Yes Men, che si battono per avere giustizia sulla strage di Bhopal.
Naturalmente, in mezzo ai 5,5 milioni di mail compaiono anche riferimenti a Julian Assange e a Wikileaks: almeno 4,000 chiamerebbero in causa la piattaforma di whistleblowing: “Il materiale che abbiamo contiene informazioni privilegiate riguardanti gli attacchi del governo degli Stati Uniti contro Julian Assange e Wikileaks, e sui tentativi della stessa Stratfor di sovvertire Wikileaks.”
Roba forte. Ma a quanto pare il bello (o il peggio) deve ancora venire. Nelle prossime settimane Wikileaks pubblicherà altri dispacci da cui potrebbero emergere risvolti inediti. Inoltre, gli attivisti della piattaforma hanno già annunciato di avere in mano la lista completa degli informatori di Stratfor, tra cui a quanto pare compaiono anche diversi giornalisti di importanti testate.
Nel frattempo, ai piani alti di Stratford sembrano aver accusato il colpo: “Stratfor comprende bene che questo attacco hacker e quello che ne è conseguito, inclusi i dispacci Wikileaks, hanno creato serie difficoltà per i nostri iscritti, amici e impiegati” ha dichiarato oggi la compagnia texana “Alcune delle email potrebbero essere state manipolate o alterate in modo da includere inaccuratezze; altre potrebbero essere autentiche. Non confermeremo la validità di alcuna di esse.”
Fulminea, poi, è arrivata la lettera di dimissioni del CEO di Stratfor, George Friedman: “Anche se non ho avuto alcun ruolo nelle nostre operazioni tecniche, come CEO della compagnia accetto la piena responsabilità e quindi mi dimetto con effetto immediato.“
Dimissioni a parte, Strafor per ora non risponde al fuoco, si limita solamente a parlare di “deplorevole, disgraziata e illegale violazione della privacy.”
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