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lunedì 19 marzo 2018

Gesù E Barabba sono la stessa persona?


L’interrogativo può apparire un pò forte, e senz’altro lo è per chi non ha adeguatamente approfondito la conoscenza delle sacre scritture, con specifico riguardo ai testi evangelici.
Eppure, sulla “lezione” Gesù Barabba esiste una vasta letteratura che conferma che durante il processo al cospetto di Ponzio Pilato si trovavano due personaggi: il primo Yeoshua Barabba (Gesù Barabba) ed il secondo Yeoshua Bar-Abba (Gesù Bar-Abba).
Che significato ha questa distinzione e cosa indicano questi nomi?
Barabba è al contempo un nome proprio di persona oppure un titolo che significa Figlio Del Padre (da Bar=Figlio ed Abba=Padre) Nella letteratura ebraica il suffisso Barabba è considerato un patronimico (ovvero un suffisso che indica la paternità di una persona). La stessa cosa che notiamo nel suffisso (patronimico) Yoshua Bar-Yoseph (Gesù figlio di Giuseppe) o, più in generale in Yeoshua Bar-Abba (Gesù Figlio Di Dio).
Peraltro, nella cultura ebraica (anche contemporanea) il nome “Dio” non può essere nè trascritto nè pronunciato.
In Matteo 27,16-27, il copista scrive “Avevano allora un noto carcerato, di nome Barabba. Essendo dunque radunati, Pilato domandò loro: «Chi volete che vi liberi, Barabba o Gesù detto il Cristo?” .
Alcuni manoscritti tra cui il Codice Q, f1, il 700 e alcuni codici già noti ad Origene, menzionano Barabba sotto la denominazione di Gesù Barabba. Secondo eminenti studiosi la lezione Gesù Barabba è quella genuina per le seguenti ragioni illustrate dalla prof. C. Mazzucco.
L’espressione originaria usata in Matteo 27, 16-17 pertanto è “Avevano allora un noto carcerato, di nome Gesù Barabba. Essendo dunque radunati, Pilato domandò loro: «Chi volete che vi liberi, Gesù Barabba o Gesù Bar-Abba?
“Le traduzioni normalmente omettono in entrambi i casi “Gesù”. Nell’ediz. allegata, una nota in calce alla traduzione segnala la variante. Qui è evidente che la forma “Gesù Barabba” costituisce una lectio difficilior: a nessun copista sarebbe venuto in mente di aggiungere “Gesù” se non lo avesse trovato nel testo. Commenta Gnilka: “Si raccomanda la lezione jIhsou~n Barabba~n, ovvero jI. to;n B. Può apparire scandaloso che Barabba si chiami anche Gesù. Per questo fu cancellato nella grande maggioranza dei manoscritti”. Commenta anche A. Mello:99 “‘Gesù Barabba’ è lezione conservata solamente da una piccola famiglia di manoscritti, ma ha un’alta probabilità di essere quella originaria, poiché più difficile.
La lezione Gesù-Barabba era già nota a Origene, il quale la esclude per il motivo (di carattere religioso) che nessun peccatore può portare il nome di Gesù: i copisti devono aver fatto altrettanto, per gli stessi motivi reverenziali (l‘evangelo di Matteo è l’unico in cui la variante si sia conservata).
Dunque, per Matteo, l’alternativa di Pilato è molto netta: ‘Chi volete che vi rilasci: Gesù Barabba o Gesù Figlio Del Padre (Bar-Abba)?‘ (v. 17). Matteo non colora Barabba a tinte fosche, come Mc 15,7 (un sedizioso, un rivoltoso, un omicida): dice solo che era ‘famoso‘, e l’aggettivo non comporta un giudizio negativo. Si tratta di scegliere tra due ‘Gesù’ […], uno dei quali è ‘chiamato Figlio Del Padre': tutto il peso della scelta consiste in questo riconoscimento messianico” .
Questa indagine ermeneutica può condurre all’interpretazione per cui Gesù Barabba e Gesù Bar-Abba sono la stessa persona. Uno sdoppiamento che ha consentito alla patristica i di adeguare la dottrina ad una lettura (e trasmissione) del codice evangelico consona ai riferimenti culturali e religiosi del IV secolo.
Lo sdoppiamento sembra ispirarsi alla pratica dei sacrifici ebraici: <Il giorno dell’Espiazione il Sommo Sacerdote prendeva due capri (da qui l’espressione di “capro espiatorio”) e svolgeva la cerimonia nel seguente modo: metteva le mani sulla testa dei due agnelli e dopo aver confessato i peccati del popolo accollandoli alle due bestie, mentre uno lo sgozzava per purificare col suo sangue il Tempio, l’altro lo cacciava nel deserto perché si portasse dietro le colpe degli uomini.
Il Cristianesimo, impossessatosi di questo concetto di remissione dei peccati attraverso il sacrificio dell’agnello, lo trasferì in Gesù Barabba presentandocelo come colui che aveva versato il proprio sangue per riscattare i peccati degli uomini di cui si era fatto portatore rilasciando il suo omonimo e doppione che si sarebbe portato dietro la sua vera pelle di lupo, quella di chi fu condannato.
Se, nel percorso giudaico-cristiano, che affonda le sue radici nell’ebraismo, Gesù non è (sì come attualmente non è considerato) il Figlio Del Padre (ovvero il Figlio Di Dio), nella tradizione cristiana di estrazione paolina, alimentata dalla patristica, Gesù è il fondamento della fede nonchè silloge ed espressione primigenia del Padre.
La dottrina del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo (codificata nel Concilio di Nicea) esige la Resurrezione del Cristo (posta a fondamento della fede e dell’essere cristiani) oltre all’identificazione ontologia e peri-sostanziale del Padre e del Figlio.
Le scritture evangeliche si adeguano (o sono adeguate) a un percorso di sdoppiamento che assurge ad identificazione.
Sulla lezione Gesù-Barabba esiste una letteratura di alto lignaggio, che esamina ed indaga il fondamento degli aspetti patronimici rispetto alla titolarità del nome.
Non si tratta di aspetti secondari e succedanei, ma di elementi storiografici che è doveroso approfondire per conoscere i fondamenti di una religione che, al di là del principio di fede, pone alle sue basi una tradizione storica posta alla base del credo.

fonte
http://mistero.me/

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