lunedì 3 settembre 2012
L'enigma di Akhenaton
Il faraone più discusso e chiacchierato della storia, considerato l'inventore del Monoteismo, racchiude nella sua figura e nella storia della sua famiglia incredibili segreti. Sveliamo il vero volto di Amenofi IV
La Storia non è una scienza esatta, si sa: basandosi su documenti lacunosi e su ritrovamenti spesso contraddittori, lascia allo studioso un arbitrio che ha veramente poco di scientifico, in quanto condizionabile da ideologie e preconcetti. Fra tutti i faraoni egizi, c'è un esponente che più di ogni altro ha dato adito a innumerevoli pregiudizi. La storia di Akhenaton, chiamato in origine Amenothep o Amenofi IV e vissuto nella seconda metà del XIV Secolo BCE, è l'emblema delle difficoltà di comprendere il reale svolgimento dei fatti e in assenza di prove certe, procedere a tavolino all'elaborazione di teorie false ed errate. Infatti Akhenaton viene uninamemente considerato dagli egittologi il faraone eretico inventore del Monoteismo e distruttore del Paganesimo: niente di più falso in realtà, ma l'ansia di fornire antecedenti prestigiosi alle religioni monoteistiche da parte di archeologi e storici bigotti ha portato a questa credenza. Akhenaton in effetti istituì il celebre culto del Dio Sole Aton, ma non fu mai esclusivamente monoteista né distrusse i templi dei Neteru, gli Dei egizi. Smontò, questo sì, il culto di Amon-Ra, divinità suprema primigenia e rappresentativa di tutto l'universo. Aton invece rappresentava la nostra stella benefica ma anche apportatrice di morte: un cambiamento che ha soprattutto nelle motivazioni politiche la sua più logica spiegazione. Ma c'è un altro mistero che caratterizza colui che in origine si chiamava Amenofi IV: il fatto che si facesse ritrarre in fattezze femminili a volte persino imbarazzanti. Anche su questo fatto gli egittologi e altri studiosi più di confine si sono sbizzarriti nelle spiegazioni più assurde, accuratamente evitando quella più logica ma scomoda per la cultura patriarcale dominante.
(Sopra) Il volto "alieno" ed enigmatico del faraone Amenofi IV-Akhenaton mostra tratti femminili e sovrapposti attributi maschili tipici dei sovrani egiziani.
A nostro avviso la risposta a questi enigmi è semplicissima e al solito per comprenderla occorre ricostruire nel dettaglio tutte le vicende che si svilupparono in Egitto dal 1380 al 1330 BCE. La situazione politica internazionale era, nel XIV Secolo BCE, abbastanza burrascosa. L'Egitto era la nazione più importante dell'area mediorientale e aveva ricostruito, dopo secoli di invasione degli Hyksos, il suo prestigio originario grazie ad una serie di faraoni molto determinati. Uno di questi era stato Amenofi II, sovrano della XVIII Dinastia, che alla fine del XV Secolo BCE aveva realizzato un'importante alleanza con un popolo abitante l'area tra le attuali Siria e Turchia, i Mitanni. Questa popolazione era assolutamente particolare, perché ad una base plebea di stirpe semitica, gli Hurriti, sovrappose un'aristocrazia di origine indoeuropea. Questi Mitanni provenivano dall'India e facevano parte delle popolazioni Ariane-Vediche di pelle chiara e capelli biondi che invasero il subcontinente indiano, mettendo le basi della religione indù. In un'Asia che ai tempi era quasi completamente in mano a popolazioni indoeuropee di ceppo Cro-Magnon, questi Arii si insediarono in un territorio al confine con quello di una popolazione gemella, gli Ittiti parimenti indoeuropei, di cui per secoli rimasero vassalli. A est del territorio dei Mitanni vi era il regno babilonese e soprattutto l'ancora piccolo ma letale impero assiro, che costituiva il più acerrimo nemico, per motivi religiosi e ideologici, delle popolazioni indoeuropee.
(Sopra, a sinistra) La Cartina mostra la siztuazione mediorientale dopo le guerre di conquista del faraone Thutmosis III, bisnonno di Akhenaton. In rosso si vede l'impero ittita, in blu il territorio dei Mitanni e in giallo in basso i territori assogettati, allo scopo di creare stati-cuscinetto, dall'Egitto. (A destra) In un bel disegno di Angus McBride, specialista delle ricostruzioni di popoli antichi, ecco come dovevano apparire i guerrieri Mitanni di stirpe Cro-Magnon e di derivazione ario-indo-vedica. In realtà quel regno si basava su una popolazione semitica, gli hurriti, dominata da un'aristocrazia di origine idoeuropea: a questo gruppo apparteneva Tadu-Heba, la celebre Nefertiti.
I Mitanni, in una logica di contrapposizione tra blocchi, erano fortemente appoggiati dagli Egizi, che vedevano in loro un potente stato-cuscinetto tra i crescenti e tecnologicamente avanzati Ittiti e i nemici più temibili, quegli Assiri che mezzo millennio dopo avrebbero conquistato il mondo conosciuto. Logico quindi stringere alleanze e mantenere buoni scambi commerciali con questi Mitanni, tantopiù che l'Egitto vantava antichissime origini berbere: e i Berberi erano una popolazione parimenti indoeuropea di ceppo Cro-Magnon, e moltissime affinità si potevano trovare tra questi popoli. Dopo le conquiste di territori asiatici, tra cui la Palestina, ad opera di Thutmosis III e i molti decenni di stabilità internazionale grazie alla politica pacifista di Thutmosis IV, che realizzò molti trattati di pace e di alleanza, venne la volta del faraone Amenofi III.
Salito al trono all'età di 12 anni, questo sovrano si segnalò per essere un grande costruttore: a lui si deve l'erezione del grande Tempio di Luxor e il restauro di quello di Karnak, nonché di innumerevoli altri palazzi e di una nuova città capitale sulla riva destra del Nilo, Amarna. Con l'Egitto alla sua massima potenza, il faraone lasciò agli alleati Mitanni il disbrigo delle pratiche belliche contro i "cattivi" assiri, sempre temibili. A 14 anni Amenofi III sposò la principessa nubiana Tiye, una figura fondamentale della nostra vicenda. Tiye era assolutamente nera di carnagione e rientrava nella logica del mantenimento delle alleanze: l'Egitto anni prima aveva conquistato il territorio della Nubia, a sud della Valle del Nilo, e manteneva con esso un rapporto di signoraggio. Tiye, africana ma non egiziana, fu una regina contrastante nei giudizi del popolo egizio, e questo rapporto di amore-diffidenza si acuì nel momento in cui Amenofi III si fece vecchio e malato, al punto da lasciare alla moglie la reggenza. Forse per calmare gli umori della gente e anche per accondiscendere il favore dell'alleato mitanno, impegnato in dispendiose guerre di confine, Amenofi III prese in moglie due principesse di quello stato: Gilu-Heba e Tadu-Heba, figlie del re dei Mitanni Tushratta, erano due donne di stirpe chiaramente indoeuropea e una di esse potrebbe essere la chiave di tutta la nostra storia. Fatto sta che in questo momento particolare, con il faraone malato e la nubiana Tiye a reggere le sorti della terra di Kemet, queste due donne mitanne cambiarono la situazione. Infatti dopo il loro arrivo, il potere passò nelle mani di un figlio di Amenofi III, Amenofi IV: era il 1353 o il 1351 BCE. La presa del potere di questo figlio lascia non pochi dubbi, perché solitamente la linea dinastica passava per i primigeniti o i figli di stirpe reale. Poiché Amenofi III aveva avuto svariati figli ma nssuno di questi era salito al trono, si deve dedurre che non fossero figli di Amenofi III o di Tiye, bensì di concubine e spose minori, che venivano assegnate al sovrano ma i cui figli non avevano dignità regale. Solo i figli di due sovrani erano legittimati ad ambire al trono: e se in tutti gli anni precedenti Amenofi III non era riuscito a mettere un figlio come reggente, è evidente che Tiye non gli aveva dato alcun figlio, un fatto peraltro normale nella storia della nobiltà. Sarebbe quindi logico pensare che il lignaggio reale sia arrivato attraverso le due principesse mitanne Gilu-Heba e Tadu-Heba e che quindi il nuovo faraone Amenofi IV fosse figlio di una di queste, presumibilmente Gilu-Heba.
(Sopra) La statua colossale, custodita al museo del Cairo, di Amenofi III e di sua moglie, la nubiana Tiye. Il faraone regnò per 38 anni, ma per buona metà del tempo fu vittima di una misteriosa malattia, forse la prima epidemia di Influenza della storia, lasciando così la reggenza a Tiye.
Ma mentre di questa si perdono le tracce, attraverso la corrispondenza col re Tushratta sappiamo che Tadu-Heba sposò a sua volta in seconde nozze il nuovo faraone e sappiamo dalla storia che la moglie di Amenofi IV fu la bellissima e misteriosa Nefertiti. Che la donna più bella di tutti i tempi fosse quindi la principessa mitanna? La probabilità è alta, perché non risultano altre spose di ceppo reale per questo faraone. Del resto l'analisi del celeberrimo Busto di Nefertiti custodito nel Museo di Berlino mostra lineamenti incredibilmente indoeuropei per la donna, e una carnagione leggermente abbronzata compatibile con una tipologia di pelle chiarissima. Potrebbe essere benissimo che Nefertiti sia stata data in moglie ad Amenofi III intorno ai 15 anni e al momento della salita al trono di Amenofi IV potrebbe aver avuto circa 25-30 anni. Amenofi IV comunque sia presentava caratteristiche decisamente inconsuete. Non presentava lineamenti nubiani e negroidi, come la regina Tiye, ma vantava un cranio allungato dolicocefalo tipico dei Mitanni e che anche la stessa Nefertiti possedeva. I caratteri fisici fin da subito si dimostrarono inquietanti, perché il faraone si fece ritrarre con uno stile naturalista che mostrava fattezze decisamente femminili. A fianco a statue un poco più virili, il sovrano si faceva ritrarre con il seno, con il ventre gonfio come se fosse una donna incinta, addirittura con l'inguine nudo che non mostrava traccia di genitali maschili! I fianchi larghi e la vita stretta, nonché un viso femmineo, sconcertarono gli egittologi e gli studiosi moderni, che non riuscirono a comprendere come fosse possibile che un uomo si potesse far ritrarre in una simile maniera. Ma la questione è in realtà semplicissima: se le ipotesi parlano di una possibile omosessualità, di un'andoginia, di una sindrome ermafroditica come quella di Frolich o di una mutazione ormonale dovuta a problemi di scarsità di macchie solari (tesi sostenuta da Maurice Cotterell), a nostro avviso la spiegazione è quella più ovvia e logica, in linea con il Rasoio di Occam.
(Sopra, da sinistra) Le statue che raffigurano Akhenaton a figura intera sono assolutamente sconcertanti, perché mostrano il faraone con un corpo, fianchi, vita e genitali femminili: è evidente il seno e il ventre tipico di una gravidanza, e le gambe e i glutei hanno la forma tipica di quelli delle donne. Tutto lascia presupporre che Akhenaton non fosse un uomo, ma proprio una donna: del resto i nomi egizi sono unisex e possono essere attribuiti indifferentemente a un maschio o a una femmina. Nulla esclude quindi questa ipotesi, che anzi trova conferme nella storia della sua dinastia. (Sotto, a sinistra) Akhenaton mostra, in molte statue, attributi maschili come la Barba di Osiride sopra il corpo femminile: se nota chiaramente, sotto lo scettro del Pastorale, la forma del seno sinistro. (Al centro) Notare le similitudini con un'altra celebre donna faraone, Hatshepsut, vissuta un secolo prima di Akhenaton. Anch'ella porta il copricapo nemes e mostra evidente le curve del seno. (A destra) Moglie di Akhenaton era la bellissima, divina Nefertiti (nome che significa "la bella è arrivata"), di origini Mitanne e anche sua probabile zia.
Amenofi IV era una donna: la linea di successione non vantava maschi di genesi regale e giocoforza fu che il regno passasse nelle mani della persona più vicina a questa condizione. Del resto in Egitto la condizione femminile era paritaria a quella maschile e ci furono casi eloquenti di faraoni-donna, il più celebre dei quali fu il regno durato quarant'anni della regina Hatshepsut. Questa fu una sovrana illuminata e regnò prima del figliastro Thutmosis III, portando l'Egitto a un benessere mai raggiunto prima. Il fatto che si presentasse in pubblico come i faraoni maschi, con tanto di Barba di Osiride posticcia, non toglie che non nascondesse la sua condizione femminile e le statue infatti mostrano chiaramente sia i lineamenti che il seno. Perché lo stesso non potrebbe essere avvenuto con Amenofi IV, andato al potere poco più di un secolo dopo? Per ragioni dinastiche Amenofi IV si fece definire faraone, esattamente come l'ava Hatshepsut, e presentava tratti regali di origine maschile derivato dall'iconografia di Osiride; altri simboli di fertilità come l'essere gravida invece si riferivano a divinità femminili come Iside ed Hathor. La sua condizione femminile, conosciuta ampiamente nell'antichità, potrebbe essere stata mascherata in tempi successivi anche per via dell'operato di Amenofi IV, che dopo alcuni anni dalla presa del potere cambiò il suo nome in Akhenaton. Il riferimento era al nuovo Dio Aton, identificato con il disco solare, che Amenofi IV prese direttamente dalla mitologia ittita-mitanna. In Aton Amenofi vedeva il creatore, l'origine del tutto, la genesi del creato, in un modo similare a quello con cui gli Egizi attribuivano al Dio Atum la creazione dell'Universo.
Atum era allo stesso tempo il Dio Sole Ra e il Dio universale Amon, e non sfugge l'assonanza Amon-Aton-Atum. Chiaro che Amenofi IV abbia voluto creare una divinità sincretica che mescolava aspetti egizi ancestrali con altri riferimenti ittiti-mitanni, a loro volta eredità della religione indo-vedica antica di millenni. Non è un caso infatti che la divinità primordiale degli Indoeuropei sia la Dea celeste Aditi, personificatrice del Cosmo e madre di tutta la materia che compone l'universo. Aditi veniva chiamata (e lo viene tuttora, in quanto fa ancora parte della mitologia indù) "Vacca Luce primigenia", "Madre Cosmica", "Vacca Nutrice": da lei hanno origine gli Aditya, i più antichi Dei indiani, tra cui spiccano nomi noti come Indra, Mitra, Varuna. Proprio Mitra veniva considerato Dio del Sole e aveva il compito di mantenere l'ordine dell'universo: assieme a Varuna sorreggeva il Dharma del cosmo. Il culto di Mitra era diffusissimo nelle aree indo-iraniche e ebbe poi in Persia grandissima espansione, fino ad arrivare in tempi recenti in Occidente: in Asia Minore Mitra veniva chiamato, dal nome della madre, Adoneo e Adon era la suo versione fenicia associata alla fertilità e alla vegetazione. Logico quindi dedurre che Mitra-Adoneo fu la base teologica con cui Amenofi IV costruì un nuovo culto. E' possibile che il motivo di questo cambio fosse dovuto a una grave situazione epidemiologica, in quanto in questo periodo l'Egitto fu colpito dalla prima epidemia di Influenza della storia e i virus di questa malattia vengono diffusi dal calore e dall'umidità. Aton, divinità benefica ma anche portarice di virus e di morte, divenne un contraltare del vitale Amon-Ra e questo aveva conseguenze incredibili a livello politico, in quanto il clero amonita manteneva da secoli il potere virtuale sulla terra egiziana.
(Sopra) Sigillo mitanno del re Saussatar, intorno al 1440 BCE, che mostra il simbolo del Dio Adoneo, versione mediorientale dell'indovedico Mitra. (Sotto) Simile, ma non uguale, il disco alato del Dio Ra: da questi due simboli Akhenaton trasse il suo Aton.
La regina Hatshepsut governò grazie al sostegno di questo clero e così tutti i faraoni successivi. E' evidente che la malattia (dovuta all'Influenza?) del padre di Akhenaton e la delega del governo verso la nubiana Tiye avesse fortemente indebolito il prestigio della famiglia reale. La sua nascita da Gila-Hebu, di stirpe mitanna, evidentemente mise la sovrana Akhenaton in condizioni precarie di autonomia agli occhi della popolazione egizia, orgogliosa delle sue origini, tantopiù che il suo possibile sesso femminile non ne faceva in ambito internazionale una figura potente e carismatica. Di fronte a questi fatti Akhenaton reagì colpendo i sacerdoti di Amon e delegando alla sposa regale Nefertiti/Tadu-Heba, più anziana di lei, il governo del paese. La situazione che si venne a creare fu quindi assolutamente paradossale e degna di una soap-opera, ma la logica conseguenza delle rigide regole dinastiche. Amenofi IV era una ragazza di circa 10-15 anni ed essendo l'unica discendente dalla doppia regalità, era destinata al trono. Pur essendo una donna, prese in moglie secondo le consuetudini la Sposa Reale Nefertiti, alias Tadu-Heba di stirpe reale mitanna, a sua volta Sposa Reale di suo padre, di circa 10-15 anni più vecchia di lei. Non dobbiamo pensare però a una vera coppia lesbica: per quanto l'omosessualità fosse praticata e legalizzata in Egitto, l'unione tra di loro almeno in teoria era solo formale ed entrambe le donne ebbero compagni maschi con cui concepirono i loro figli, ufficialmente discendenti reali. Per l'origine a metà mitanna, per la sua cultura materna indo-ario-vedica e per limitare il potere del clero di Amon in un momento il cui il calore del Sole propagava l'epidemia influenzale, la faraona Akhenaton ideò un culto sincretistico in cui agli attributi del Dio supremo egizio Atum-Amon-Ra sovrappose gli aspetti del Dio vedico Mitra-Adoneo. La nascita del "nuovo" Aton fu una manovra religiosa ma soprattutto politica, che mirava ad unire culturalmente il popolo egizio con quello mitanno. L'opposizione logica dei sacerdoti di Amon, ricchi e potenti, portò ad uno scontro incredibile e mai più avvenuto nella società egiziana. Dopo circa dieci anni di regno Akhenaton fece abbattere le statue di Amon e chiuse i suoi templi, anche se non toccò quelli delle altre divinità come Iside, Osiride, Horus e così via. In sostanza Akhenaton non fu l'inventore (anzi l'inventrice) del monoteismo, che in verità sarebbe venuto svariati secoli dopo.
(Sopra, a sinistra) Il motivo della celebrità nei secoli di Akhenaton fu senza dubbio Aton, il disco solare che adorava. Notare nel bassorilievo Akhenaton con le due figlie e Nefertiti, in atteggiamenti che non possiamo che definire materni. Su tutto domina Aton, il disco solare non più dispensatrice di vita ma anche di morte: in quel periodo storico l'Egitto fu colpito dalla prima Influenza della storia, che veniva propagata attraverso il caldo umido. Il Sole quindi cessò di essere una divinità solo benefica: fu anche questo il motivo forse dell'abbandono del culto di Amon-Ra. (Al centro) Altro bassorilievo che mostra scene di vita familiare. Notare ancora una volta il seno e il ventre di Akhenaton. (A destra) Akhenaton e alle sue spalle Nefertiti e Meritamon porgono offerte ad Aton. Notare le forme delineate e sostanzialmente uguali delle tre donne.
Quindi sono false le tesi che associano Aton al Dio degli ebrei: non solo, ma sono assolutamente false tutte le congetture degli esoteristi, i quali pur essendo completamente a digiuno di nozioni di storia, millantano ad Akhenaton ascendenze ebraiche. Alcuni addirittura la associano alla figura di Mosé, fatto alquanto strano perché la vicenda biblica è palesemente una metafora ed è ambientata in tempi differenti (occorre anche dire che gli Egizi non hanno mai mantenuto in schiavitù gli Ebrei in quanto non si trattava di una popolazione imperialista che praticava la schiavitù, a differenza di Assiri, Greci e Romani). La realtà più logica e razionale è che Akhenaton non fosse troppo interessata al potere materiale e che abbia messo la moglie Nefertiti al posto suo. Akhenaton si ritirò ad Amarna, la capitale paterna ribattezzata Akhetaton ("l'orizzonte di Aton") che trasformò in un immenso santuario. Se la storia ufficiale attribuisce ad Akhenaton sei figli, è probabile che li abbia partoriti personalmente, generandoli come detto da un compagno sconosciuto; un'altra ipotesi vede i figli divisi tra lei e Nefertiti e potrebbe essere questo il segreto di Tutankhamon, il misterioso faraone dimenticato secondo alcuni figlio di Akhenaton ma in realtà geneticamente solo lontanamente imparentato. Tutankhamon potrebbe essere stato il nipote di Nefertiti, a sua volta zia di Akhenaton, non dimentichiamolo. Di sicuro però le figlie di Akhenaton possedevano caratteri fisici inquietanti, come una fortissima dolicocefalia evidente nelle raffigurazioni e nelle statue. Alcune di queste figlie potrebbero aver preso il potere alla morte di Akhenaton, avvenuta secondo recentissimi studi a causa di una sindrome genetica portata in Egitto proprio dalle principesse mitanne. La Sindrome di Marfan causava un accentuamento della dolicocefalia che appare così marcata in queste figlie, oltre ad una serie di sintomi che sembrano clamorosamente trovare conferma nel Busto di Nefertiti. Infatti, questa sindrome degenerativa causa, oltre ad un allungamento del viso, delle dita e degli arti, una fragilità dei tessuti e deformazioni ossee, anche un distacco della retina e una deformazione del cristallino che si riscontra nell'occhio sinistro di Nefertiti ritratta nel famoso busto. Lo stile iperealistico potrebbe spiegare la mancanza di un particolare importante come la pupilla dell'occhio sinistro? La scomparsa della pupilla potrebbe spiegarsi come una conseguenza di questa malattia e lo scultore nel realizzare il suo capolavoro assoluto potrebbe aver riprodotto questo particolare. Un difetto grave che non inficia la bellezza sovrumana della regina.
(Sopra, a sinistra) Nel corso del suo regno il volto di Akhenaton si deformò sempre più, assumendo un aspetto "alieno". Secondo recenti studi questa deformazione potrebbe essere dovuta alla Sindrome degenerativa di Marfan, caratterizzata tra i vari sintomi da una forte dolicocefalia, viso allungato e distacco della retina. Notare come il volto di Nefertiti (al centro) mostri l'occhio sinistro senza pupilla: una degenerazione dovuta alla malattia? Le coincidenze sono molte, forse troppe. (A destra) Nei bassorilievi caratterizzati da scene di divertimento, si vede chiaramente il cranio allungato di Nefertiti e le braccia lunghe con le mani ossute di Akhenaton, vestita in abiti maschili da faraone ma con le solite forme femminili in evidenza. Entrambe potrebbero essere affette dalla sindrome, che è stata trasmessa ai figli. (Sotto, a sinistra) La dolicocefalia appare in tutto il suo clamore in questo affresco che mostra una tenera scena d'amore tra Akhenaton e Nefertiti. (Al centro) Due statuine di Meritaton, primogenita di Akhenaton e per qualche tempo salita pure al trono dopo la morte della madre. Notare la testa allargata lateralmente e la prominenza posteriore della sua parrucca. (A destra) L'altra figlia di Akhenaton divenuta faraone è Neferneferuaton, che assomiglia però in modo impressionante a Nefertiti: potrebbe essere questa la sua vera madre.
E' chiaro quindi che il volto allungato di Akhenaton potrebbe trovare spiegazione in questa sindrome, che peraltro consente di vivere una vita quasi normale non pregiudicando le capacità intellettive né quelle riproduttive. Akhenaton potrebbe aver avuto quindi un congruo numero di figli, come la futura faraona Meritaton. La sindrome di Marfan si sarebbe trasmessa ai figli e nipoti e sarebbe questa anche la causa della morte di Akhenaton, scomparsa improvvisamente intorno al 1336-1334 BCE. Gli egittologi sostengono che sia stata assassinata, gli esoteristi ipotizzano una sua fuga nel Sinai sulle tracce di Mosé. Noi pensiamo ad una morte improvvisa, causata da una rottura dell'aorta tanto probabile nei malati della Sindrome di Marfan. Il potere potrebbe essere passato per poco a un figlio di Akhenaton o di Nefertiti, Smenkara, morto a circa vent'anni di età. Quindi il regno passò nelle mani di Meritaton e poi di Neferneferuaton, secondo alcuni la stessa Nefertiti, secondo altri sua figlia, che regnò per due anni e un mese. Quindi fu la volta del piccolissimo Tutankhamon, la cui storia è conosciuta tramite all'eccezionale ritrovamento della sua tomba. Ma anche lui (o lei, in quanto anche per Tutankhamon potrebbero esseri dubbi sul sesso, dubbi che gli egittologi non aiutano a chiarire avendo sempre occultato il corpo) potrebbe essere stato affetto dalla stessa malattia degenerativa. Da notare come Tutankhamon si chiamasse in origine Tutankhaton e che abbia cambiato il nome nel secondo anno di regno, segno che il culto di Aton, avversato dai sacerdoti e da parte della popolazione, avesse perso di vigore dopo la scomparsa di Akhenaton. Dopo la morte di "Re Tut" il potere andò nelle mani del visir Ay, accusato oggi di essere l'assassino del giovane faraone, e finalmente con il faraone Horemheb si tornò in una linea dinastica completamente egiziana. Horemheb decise di cancellare questo passato recente tanto confuso e contraddittorio, facendo eliminare dagli archivi ufficiali tutti i nomi di questi faraoni egiziano-mitanni. Di Akhenaton si perse memoria, ma rimasero, eloquentissime, le statue. Parimenti avvene per la bellissima Nefertiti, che potrebbe essere sopravvissuta di qualche anno alla faraona-moglie.
(Sopra, a sinistra) Due raffigurazioni di Tutankhamon, discendente non diretto di Akhenaton e restauratore parziale dell'antico culto di Amon. Notare anche nel caso del famoso re morto in giovane età come la statuina d'oro massiccio lo mostri con un seno e fianchi femminili evidentissimi: a tale proposito il suo corpo mummificato non è stato mai mostrato per intero e quindi il dubbio sul suo reale sesso esiste. Anche il bassorilievo smaltato lo mostra con lineamenti molto delicati. (Al centro) Il gran visir Ay prese il potere dopo la morte di Tutankhamon ed è stato accusato dagli egittologi di aver assassinato il faraone, ma le prove in merito a questa teoria non sono convincenti. (A destra) Con Horemheb la linea dinastica tornò tutta egiziana e per nascondere la confusione di questa storia intricatissima il nuovo faraone decise di cancellare i nomi dei predecessori. Qui si vede Horemheb davanti a una gigantesca statua di Amon, restaurato nel suo culto.
Di lei potrebbe oggi essere stata rinvenuta la mummia: nel 1908 l'egittologo Victor Loret scoprì la tomba KV 35 nella Valle dei Re e in essa si trovò il sepolcro di tre mummie. Erano una donna giovane deceduta tra i 16 e i 20 anni, una donna anziana dai capelli rossi e un maschio adolescente. Nel 2003 un'equipe internazionale annunciò di aver identificato nella mummia della donna giovane il cadavere di Nefertiti, un fatto a nostro avviso completamente sbagliato in quanto abbiamo visto come Nefertiti non fosse morta in giovane età, avendo avuto un'età maggiore di Akhenaton ed essendo sopravvissuta per qualche tempo dopo la sua morte. Le analisi del Dna attribuiscono alle mummie della tomba KV 35 una parentela con Tutankhamon, e a nostro avviso è evidente che quelle tre persone parenti di Re Tut potevano esserlo per davvero. Ma in questo è decisamente più probabile che la mummia di Nefertiti sia quella della donna anziana, attribuita stoltamente e senza alcuna storicità a Tiye. Ma se Tiye era una nubiana, com'è possibile che avesse lineamenti indoeuropei? I ritratti mostrano un volto completamente diverso da quello della "Elder Woman", com'è stata ribattezzata la mummia di questa anziana deceduta intorno al sessantesimo anno di età, mentre sovrapponendo il ritratto di Nefertiti del Busto di Berlino e di altre statue, si vede come combaci alla perfezione. I capelli rossicci poi sono un segnale inequivocabile dell'origine indoeuropea-mitanna della regina, su cui si basa tutta la nostra teoria. Vedendo questa mummia, ancora bellissima e piena di grazia, si evince il potere e il fascino che promanava da questa donna straniera, bellissima, il cui destino si intrecciò con quello di Akhenaton. Che rimase del culto monoteistico di Aton? Praticamente nulla, Akhetaton fu abbandonata e persa nelle sabbie del Sahara, i documenti cancellati e dimenticati, le statue di Amenofi IV abbattute. Il Monoteismo ebraico e cristiano sarebbe nato altrove.
Lorena Bianchi
(Sopra, a sinistra) Il volto di Nefertiti è perfettamente sovrapponibile a quello della "Elder Woman" (a lato) rinvenuta agli inizi del XX Secolo nella Valle dei Re nella tomba KV 35. Anche ulteriori statue di Nefertiti (al centro) mostrano lineamenti sovrapponibili a quelli della mummia di una donna di mezza età. (Sotto, a sinistra) La "Elder Woman" fu inizialmente attribuita alla regina Tiye, moglie di Amenofi III e presunta madre di Akhenaton, ma questa era una donna di origine nubiana, non certo un'indoeuropea dai capelli rossi (al centro). La forma della mascella, la fronte e il lungo collo invece sono tipici di Nefertiti. Per questo riteniamo che la mummia della regina di origini mitanne sia proprio quella della "Elder Woman".
domenica 2 settembre 2012
Il sudario di Oviedo
Spagna, Oviedo. La reliquia che questa città custodisce sarebbe vecchia di 2.000 anni e macchiata del sangue di Gesù. Ma è possibile tutto questo?
Il Sudario di Oviedo è un piccolo telo legato alla passione di Cristo, così come la Sindone. Si parla di esso nel Vangelo di Giovanni che opera una distinzione fra un lenzuolo che si riferisce alla Sindone ed un Sudario. Questo panno, piegato in due, sarebbe stato posto sul volto di Gesù per coprire i suoi lineamenti sfigurati, nel tragitto verso il sepolcro. Successivamente sarebbe stato tolto ed il corpo sarebbe stato avvolto dalla Sindone.
All’epoca, tutti gli oggetti sporchi del sangue di una vittima, nel caso di morte violenta, non venivano lavati prima della conservazione per la preservazione del sangue. Non si fa fatica a pensare che mentre il corpo di Gesù venne posto nella Sindone, dopo essere stato cosparso di oli profumati, il Sudario venne ripiegato e posato nel sepolcro stesso, a parte, come narrato nella Bibbia. Il periodo trascorso fra la deposizione dalla croce e l’entrata nel sepolcro fu sicuramente breve ma sufficiente perché il fazzoletto si impregnasse del sangue del crocefisso.
Il sangue fu così abbondante da imbrattare le quattro facce del tessuto, lasciando naturalmente macchie di forma uguale e di intensità decrescente. Non ci è dato sapere cosa sia successo immediatamente dopo ma si ha la notizia, risalente al 570, di un monastero presso il Giordano, custodito da dodici monaci, che veneravano un Sudario. I discepoli delle prime comunità cristiane, dunque, hanno conservato il telo che copriva solo il volto di Cristo.
Ma non solo: le macchie coincidono, in larga parte, con quelle presenti sulla Sindone; inoltre, le gocce di sangue sulla fronte, la lunghezza del naso e le tracce della barba sono perfettamente sovrapponibili. I punti di contatto più evidenti sono le ferite della nuca, che coincidono addirittura all’80%. Per di più, sulla Sindone sono visibili tracce di un liquido trasparente, sulla zona del volto, che coincidono con quelle del Sudario.
Un altro fattore comune, oltre ad essere la materia di cui entrambi i lenzuoli sono composti, il lino, è il tipo di filato, con una dimensione e un numero di fibrille simili, ma anche con una torcitura delle fibrille antioraria, al contrario della maggior parte dei tessuti di lino antichi, che lascia intendere una provenienza dall’ area siro-palestinese.
Una ulteriore coincidenza è la presenza dimostrata di tracce di tipi di polline, alcuni dei quali persino esclusivi della zona intorno a Gerusalemme ed al mar Morto. Oltre a ciò, le indagini mediche hanno rivelato che il sangue presente sul Sudario è del gruppo AB, lo stesso ritrovato sulla Sindone, molto raro in Europa e piuttosto diffuso, invece, tra le popolazioni mediorientali.
Dagli studi degli esperti, si rileva che il Sudario di Oviedo ha realmente avvolto il capo di un uomo adulto, con barba, baffi e capelli lunghi; inoltre, l’ uomo, prima di morire, fu atrocemente torturato, ebbe grosse difficoltà respiratorie e morì in posizione verticale, con il capo reclinato sul petto; emergerebbe infine che il pezzo di stoffa fu sfilato poche ore dopo.
Concludendo, è estremamente verosimile che i due reperti, su cui ormai non si hanno più dubbi riguardo l’ autenticità, siano appartenuti alla stessa persona, molto probabilmente Gesù di Nazaret.
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