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giovedì 10 febbraio 2011

IL PRINCIPATO DI LUCEDIO. LEGGENDE E MISTERI




Lucedio, luogo estremamente suggestivo e di antichissime origini, sorge nel cuore della campagna 
di Vercelli in prossimità del comune di Trino Vercellese. 
La sua storia e le sue leggende sono famose a livello 
europeo e la fama del luogo  ha varcato l’oceano tanto 
che, verso la fine del 2000, gli americani della Triagenic 
sono arrivati nel principato  per girare una puntata di “ 
The Scariest Placet on Earth” per conto della Fox Family 
Channel. 
Cerchiamo di capire quali sono i misteri e da dove hanno 
origine, attraverso un’analisi storica, architettonica e 
culturale, concentrandoci anche su alcuni luoghi che 
sorgono in prossimità e che sono collegati da una trama 
di oscure leggende al principato stesso. 
Uno storico inglese che visitò le terre di Lucedio 
all’inizio del XIII secolo, descrisse così il luogo: ”la 
vista di un impiccato, appeso al ramo di un’albero che si intravede nelle nebbie della palude, non 
guasterebbe di certo il paesaggio”. 

LEGGENDE STORICHE 
Origini storiche 
Il toponimo è già attestato nel 904 e pare  che vi fosse già un insediamento romano. 
La data di costruzione di Lucedio è l’anno 1123, ad opera di Ranieri marchese del Monferrato, il 
quale vi chiamò i  monaci Cistercensi. 
Tuttavia tra gli storici il 1123 non è la data certa in quanto esiste un’altra corrente di pensiero che 
identifica il 1124 come anno di edificazione. 
Dopo attenti ed approfonditi studi si è invece appurato che la data esatta è proprio il 1123. 
La scoperta del riso 
I monaci Cistercensi, iniziando la coltivazione del riso, fecero un’opera grandiosa e geniale da un 
punto di vista economico e sociale che molti definirono (e definiscono) miracolosa. 
Nel medioevo la pianura vercellese era malsana, inospitale e vi cresceva una fitta boscaglia. 
I monaci, con grande fatica e dedizione, disboscarono e dissodarono il terreno, incanalarono l’acqua 
per permettere la coltivazione del riso, pianta allora semisconosciuta, che in seguito andò persino a 
sostituire il grano, molto più costoso e con un minor apporto nutritivo.  
Inutile ribadire che questo lavoro fu di fondamentale importanza per l’economia di Vercelli. 
Il nome Lucedio 
In molti notano l’assonanza Lucedio-Luce di Dio ma, considerate le occulte leggende, la teoria 
seppur plausibile sembra del tutto fuori luogo. 
Considerando il contesto si può interpretare Luce  di Dio come Lucifero, mitico portatore di luce 
che, una volta cacciato dalle sfere celesti, si è trasmutato nel temuto demonio. 
Le teorie che cercano di dare un significato al nome sono numerose e non sempre in accordo tra di 
loro. La radice in “Lucus” potrebbe avere un preciso significato in quanto il territorio era una 
palude immersa nella boscaglia. documento scaricabile da www.welovemercuri.com 
La Regina di Patmos 
All’interno del campanile ottagonale della chiesa di Santa Maria di Lucedio, si trova un sarcofago 
che la tradizione ha sempre considerato come il sepolcro della regina di Patmos. 
La leggenda narra che ella, per sfuggire alle attenzioni incestuose del padre, fuggì disperata nel 
bosco fuori Lucedio. 
Vedendo il padre rincorrerla ed avvicinarsi sempre di più, con un gesto disperato raccolse un 
bastone e disegnò sul terreno una riga che si trasformò in un profondo corso d’acqua che le offrì 
protezione impedendo allo sciagurato genitore di raggiungerla. 
Il racconto è sicuramente suggestivo ma cosa c’è di vero? 
Un più approfondito esame storico dimostra che l’incisione “Re” sul coperchio del sarcofago 
sarebbe stata aggiunta a posteriori vanificando le possibilità che la leggenda sia alla base vera. 
Tuttavia nella tradizione aleramica si ritrova ancora la figura della regina di Patmos. 
Durante la IV crociata, nel 1204, l’imperatore Alessio III e l’imperatrice Eufrosina, furono catturati 
dal comandante dell’esercito latino Bonifacio, marchese del Monferrato. 
I prigionieri, scortati e piantonati, vennero condotti proprio a Lucedio dove un’altra leggenda vuole 
che Eufrosina impazzì e in seguito morì. 
In molti sostengono che Eufrosina coincidesse con la mitica figura della regina di Patmos. 
Altre teorie affermano che la regina è sepolta a Montarolo e che, l’attuale santuario Della Madonna 
delle Vigne, sia stato costruito sui resti della  cappella funebre della donna per volere dell’abate 
commendatario Vincenzo Grimani. 
Inoltre ulteriori voci sostengono che fosse stata sepolta assieme al proprio giovane figlio deceduto 
prematuramente. 

MISTERI ARCHITETTONICI 
Il principato di Lucedio potrebbe definirsi come un monastero 
fortificato; all’interno di esso sorgono due chiese. 
La chiesa di Santa Maria di Lucedio fu ricostruita nel ‘700 sulla 
basi della precedente che, secondo una leggenda, custodisce un 
terribile segreto. 
Ad oggi questa chiesa risulta essere chiusa al pubblico a causa delle 
pessime condizioni strutturali. 
Esistono ancora edifici quali il 
refettorio, la Sala Capitolare, il chiostro, i dormitori e le prigioni. 
L’altra chiesa che si incontra  varcato l’arco dell’ingresso del 
Principato è quella del Popolo, con campanile a pianta quadrata, 
adibita, un tempo, alle funzioni  religiose ed oggi  utilizzata come 
granaio e deposito attrezzi. 
Dentro queste mura si celano terribili segreti che hanno contribuito 
a creare il mito leggendario ed oscuro di Lucedio. documento scaricabile da www.welovemercuri.com 
Strani particolari architettonici 
La torre del principato presenta una forma ottagonale che va contro agli schemi architettonici 
dell’epoca. 
Si nota come la chiesa di Santa Maria venne costruita a sud del 
complesso, contrariamente a quanto si faceva normalmente. 
A nord, infatti, sarebbe stata più protetta dai venti e 
l’illuminazione solare, per le  cerimonie religiose del mattino, 
sarebbe stata ottimale. 
Se consideriamo la classica pianta a forma di croce delle chiese, 
costruire con l’ingresso a sud, era come disegnare una croce 
capovolta. 
Gallerie e cunicoli 
Moltissime leggende affermano che sotto Lucedio scorrano una serie di tunnels che lo collegano 
con svariate località di importanza strategica. 
Sembra che in ogni paese nelle vicinanze e addirittura in alcune località  del Monferrato esistano 
cunicoli di collegamento con il principato. 
Se così fosse esisterebbe una rete sotterranea da far invidia alla metropolitana di Londra. 
Alcuni testimoni affermano di aver percorso le gallerie sotterranee fino ad un certo punto, altri 
dicono che tali ambienti siano addirittura carrozzabili, ma nessuno ha mai percorso un cunicolo per 
intero tanto da poter arrivare a Lucedio. 
Il Lino 
Si racconta che la chiesa di Santa Maria di Lucedio, che sorge su resti romani, sia stata costruita in 
corrispondenza di un fiume sotterraneo chiamato Lino, il quale avrebbe un sifone proprio sotto 
l’altare. 
Poche notizie si conoscono a proposito del Lino. 
Alcune persone sostengono che sia un fiume che scorre nel vecchio letto, oggi sotterraneo, della 
Dora, altri che sia uno dei tanti corsi d’acqua ipogei della zona. 
Le ipotesi considerate non sono comunque improbabili. 
Nell’antichità, molti luoghi di culto venivano edificati dove c’erano corsi d’acqua perché il 
movimento generava una particolare energia che veniva avvertita da rabdomanti e sciamani. 
I culti successivi presero ad erigere i propri luoghi sacri presso le costruzioni precedenti. 
La colonna che piange 
All’interno della sala capitolare, si trovano quattro colonne che si 
raccordano  in volte a vela. 
Le colonne sembrano apparentemente identiche ma una di esse, la 
prima che troviamo a sinistra, ha una caratteristica ben precisa che 
la rende misteriosa: sembra che pianga! 
Il suo fusto infatti trasuda acqua in particolari momenti e viene 
chiamata, appunto, “colonna che piange”. 
La circostanza che gli spietati processi e le atroci sentenze del 
centenario nero di Lucedio avessero luogo proprio in quella sala, 
favorì la nascita della leggenda che vuole la colonna piangente in quanto testimone delle 
agghiaccianti punizioni inflitte alla povera gente. 
La spiegazione al mistero pare chiara se si considera che la colonna è costruita in materiale molto 
poroso e quindi assorbe l’abbondante umidità presente nel terreno per poi  trasudarla all’interno 
della Sala Capitolare. documento scaricabile da www.welovemercuri.com 

LA PRESENZA DEL MALIGNO 
Il sabba nel cimitero di Darola. 
Il 10 settembre 1784 fu il prologo di un periodo buio e di decadenza dell’abbazia: Papa Pio VI 
scomunicò ufficialmente Lucedio e disperse i monaci. 
Secondo il papato, la motivazione di tale grave ed estremo atto consisteva nel porre fine ad un lungo 
periodo di blasfemia, eresia e  degenerazione dei monaci, che da tempo si dedicavano alla 
perversione sessuale ed al terrore psicologico per turpi fini nei confronti della popolazione e delle 
novizie, probabilmente del monastero di Trino, oggetto dei morbosi impeti dei monaci. 
Quale fu la causa di tutto? 
La leggenda ci porta ad assistere ad un sabba, in una notte del 1684, nel vicino cimitero di Darola 
dove alcune streghe danzano davanti al fuoco ed invocano il demonio tra le fredde lapidi di pietra; 
chiamano il nome di Satana, lo ripetono tre volte e magicamente il signore delle tenebre compare. 
Il diavolo si accorge che proprio lì vicino sorge l’abbazia di Lucedio e decide di sovvertire il suo 
ordine e di soggiogarla al suo potere; per ottenere lo scopo voluto, si insinua nei sogni delle novizie 
del monastero di Trino e le plagia spingendole ad irretire, con la loro conturbante femminilità, i 
monaci di Lucedio. 
Il diavolo riesce egregiamente nel suo intento tanto che,da quel 
momento in poi, inizierà un periodo dove i monaci, spinti e guidati 
dalla forza del maligno, perpetreranno una serie di abusi e violenze 
ai danni della povere gente sfruttando il loro potere temporale 
anche per giudicare ingiustamente e torturare. 
La leggenda narra altresì che qualcuno riuscì a catturare e 
imprigionare la forza maligna sprigionata durante il sabba che fu 
poi reclusa nelle cripte della chiesa di S. Maria di Lucedio. 
A custodia di questa forza infernale furono messi alcuni abati 
rimasti innocenti e che, secondo la leggenda, si troverebbero ancora lì sotto mummificati, seduti su 
troni e disposti in cerchio. 
È molto curioso il fatto che negli archivi parrocchiali si troverebbero ancora i racconti degli incubi 
fatte da alcune novizie proprio nella notte del sabba. 
Da
1
 alcuni documenti dell’epoca, si evince inoltre che le novizie si liberarono delle influenze del 
maligno utilizzando appositi strumenti detti brevi; erano questi sacchettini di tela all’interno dei 
quali erano contenuti una serie di componenti, quali immagini sacre, erbe, copie di lettere pastorali, 
frammenti di reliquie e terra proveniente da santuari. 
I brevi dovevano essere confezionati in una notte con luna piena;  il rito è di tradizione magica 
risalente ad epoca precristiana. 
Il cimitero di Darola esiste ancora ma si presenta in totale stato di abbandono e degrado. 
Alcuni sensitivi portati sul luogo affermano che sia  infestato da spiriti maligni e ci sia un’alta 
concentrazione di energia negativa. 
La leggenda è, senza alcun dubbio, molto suggestiva ma è priva di elementi storici certi. 
Un’analisi più razionale ed analitica ci fa supporre quali furono i veri motivi della scomunica. 
Come avvenne in altri casi, quando un gruppo diventava troppo ricco e potente il Papato sentiva 
minata la propria posizione o, di sicuro, aveva interesse a sviluppare una forma di controllo. 
Ecco che una mossa dalle connotazioni del tutto politiche, veniva mascherata con accuse di eresia, 
satanismo o blasfemia che giustificavano le punizioni e gli scioglimenti. 
Ricordiamo che la scomunica comportava anche la non indifferente confisca dei beni materiali. 
                                                
1
 Massimo Centini, Il grande libro dei misteri del Piemonte, Risolti e Irrisolti, 2007, p. 316-319 documento scaricabile da www.welovemercuri.com 
Lo spartito del diavolo 
Nei pressi di Lucedio, sulla strada che porta a Trino Vercellese, 
sorge il Santuario della Madonna delle Vigne, una graziosa 
chiesetta che fino ad un decennio fa era meta di gite domenicali per 
il contesto bucolico che la circonda. 
Tra le decorazioni che si sono conservate all'interno del Santuario 
di Madonna delle Vigne, proprio sopra al portone d'ingresso, vi è 
un singolare affresco. 
Rappresenta un organo a canne, decorato con due leoni stilizzati 
che reggono uno stemma sotto ad una corona reale. 
Al centro di questo disegno è raffigurato un pentagramma, il cui 
rigo e le cui note sono ancora parzialmente leggibili. 
Esiste una leggenda legata a questo brano che pochi conoscono. 
Il motivo musicale in realtà sarebbe una musica capace di 
respingere la presenza demoniaca  imprigionata nelle cripte di 
Lucedio ma, se suonato al contrario, ne consentirebbe la 
liberazione. Questa sorta di "sigillo" bivalente è stato analizzato da alcuni esperti di musica antica. 
Dopo alcune settimane di studio e di elaborazioni grafiche un’esperta ricercatrice di brani antichi è 
stata in grado di riprodurre il brano, che si può leggere in due versioni: tradizionale ed inversa. 
Dall'ascolto della versione inversa, la nostra esperta ha notato come la musicalità grave dei primi tre 
accordi di apertura del brano potrebbero essere le note di chiusura dello stesso in quanto si tratta 
della tipologia di sonorità normalmente utilizzata al fine di chiusura di uno spartito. 
Di conseguenza la ricercatrice giunge alla conclusione che il brano suddetto possa essere eseguito 
musicalmente in senso contrario rispetto alla scrittura riportata. 
In seguito, eseguendo strumentalmente il brano si può chiaramente 
constatare la mancanza di  una adeguata musicalità. 
Questi fatti le ha fatto ipotizzare che il segreto del brano musicale non 
stesse espressamente nella sonorità ma nel significato della successione 
delle note, sostituite in termini di lettere, con un senso di scrittura che 
va dal termine del brano all’inizio dello stesso. 
I risultati sono stati sorprendenti. 

FANTASMI E STRANE APPARIZIONI 
Le nebbie di Lucedio 
Nelle fredde notti invernali attorno all’abbazia si osservano banchi di nebbia molto bassi e fitti. 
Vercelli è per antonomasia terra di nebbie, perché stupirsi tanto? 
Pare che le nebbie attorno a Lucedio siano  troppo basse ed uniformi per essere un fenomeno 
naturale e, molte persone, hanno scorto al loro interno figure incorporee dalle fattezze umane tanto 
sottili quanto inquietanti. 
I contadini dicono che sono gli spiriti dei monaci che vagano ancora per quelle terre. 
Sicuramente la leggenda ha carattere popolare ed ha un suo fascino atavico ma la spiegazione ben 
più semplice e meno poetica è che, lì attorno la terra è ricchissima di fontanili quindi di umidità e 
vapore acqueo che facilitano la consistenza dei nebbioni. 
Il monaco fantasma 
Numerosi testimoni asseriscono di aver scorto una figura incappucciata, che probabilmente indossa 
un saio, aggirarsi nelle campagne poco distanti dal monastero. 
Quando si presta attenzione al fantasma, questo improvvisamente scompare e si dilegua come 
assorbito dal terreno. documento scaricabile da www.welovemercuri.com 
Inutile dire che l’apparizione è molto frequente in inverno quando le nebbie regnano sovrane. 
Non disturbate la presenza 
Si è già parlato della presenza maligna che sarebbe custodita sotto le cripte della chiesa di S.Maria 
di Lucedio. La leggenda vuole che, quando ci si interessi troppo di questo argomento, la presenza 
dia degli avvertimenti con nefasti epiloghi, quasi per far capire di voler essere lasciata in pace. 
Nel corso degli anni ’60 si iniziarono i restauri a Lucedio e furono interrotti proprio quando si stava 
per accedere alla cripta in quanto, un improvviso crollo di un soffitto avrebbe ferito mortalmente un 
operaio. Altri casi simili si verificarono prima e dopo quella data. 
È difficile ed improbabile stabilire un nesso di causa tra la leggenda ed i fatti. 
Normalmente l’immaginario collettivo tende a collegare senza criteri logici eventi tragici ad un 
luogo considerato misterioso e tende a vedere coincidenze anche dove non esistono o rientrano in 
una casistica del tutto normale a livello statistico. 

CURIOSITA’ E FATTI STRANI 
L’ uomo murato 
Ci è stato raccontato che durante il restauro di una delle abitazioni interne all'abbazia di Lucedio 
trovarono un uomo sepolto dietro ad un muro. 
Il cemento lo aveva conservato quasi perfettamente ed erano ancora visibili gli abiti. 
Le informazioni in nostro possesso non sono tali da permetterci di capire se poteva trattarsi di un 
monaco o di qualche altro sfortunato e più recente personaggio.  
La ragazza arsa viva 
Una leggenda racconta che, anni fa venne trovato, nei pressi dell'isolata abbazia di Lucedio, il corpo 
di una giovane, completamente bruciato. 
Visti i presupposti si pensò a macabri rituali magici, ad una vittima da sacrificare 
Come Massimo Polidoro insegna, andiamo a ricercare conferma e verifica dei fatti, analizzandoli 
razionalmente, senza dare nulla per scontato. 
In seguito all'indagine svoltasi nella biblioteca civica di Vercelli potremmo reintitolare questa 
storia: 

LUCEDIO. IL CASO DELLA DONNA ARSA VIVA.  
MISTERO O TRAGICO EPILOGO A LUCI ROSSE? 
  
Il triste racconto della donna  arsa viva a Lucedio che si  conosceva era il seguente: 
Una ragazza, che la leggenda vuole vittima di rituali esoterici o satanici, muore bruciata viva dalle 
fiamme che la avvolgono. 
Ipotesi più razionali inducono a pensare che la poveretta,  rimasta a corto di benzina, tentasse in 
compagnia di una seconda persona intervenuta in suo aiuto, di rabboccare il serbatoio.  
Non si capisce bene come, ma la fuoriuscita di benzina avrebbe trasformato involontariamente la 
ragazza in una torcia umana. 
Il tutto accadeva nei pressi di Lucedio. 
Il fatto è puntualmente documentato sul giornale La Sesia in data  9 settembre 1949; ecco il 
resoconto: 
In frazione Badia di Lucedio, nella notte tra il  5 e il 6 settembre, per cause non ancora accertate 
dall'autorità competente, una grave disgrazia ha causato la morte di una giovane di 22 anni ed ha 
lasciato la di lei madre gravemente ustionata. 
Non è possibile stabilire di preciso quanto  avvenuto a causa dell’omertà degli abitanti  
Ricostruendo la dinamica si può asserire che poco dopo la mezzanotte, in località Badia di Lucedio, documento scaricabile da www.welovemercuri.com 
la contadina Romilda Squizzato di anni 22 e la mamma Augusta di anni 54, trasportavano benzina;   
improvvisamente, per cause ignote, il liquido si infiammò provocando ad  entrambe gravi lesioni. 
La ragazza morì una volta tornata  a casa dall’ospedale di Vercelli.  
E' Maria, sorella diciottenne di Romilda, che fa luce, secondo il giornale, sull’accaduto:  
La ragazza morta in seguito all’incidente, stava tornando a casa col fratello dopo aver pescato le 
rane, quando si incontra con un certo Renzo Greppi di anni 25 che trasportava una tanica contenente 
5 litri di benzina. 
Quest’ultimo si sarebbe poi appartato in uno scantinato con Romilda per pulire, con la benzina, una 
macchia sul vestito della fanciulla. 
Durante il travaso sarebbe caduta della benzina sul pavimento e i giovani, per cancellare le macchie, 
avrebbero acceso il liquido a terra con un fiammifero, procurato da un terzo giovane di nome Enzo 
Sala di anni 20. Ciò avrebbe incendiato il carburante sul vestito di Romilda provocandole ustioni 
dall’esito purtroppo letale. 
Certo lo svolgersi dei fatti è quantomeno strano e il contesto fa pensare che, i due giovani ragazzi si 
fossero appartati in cerca di intimità, il che spiegherebbe i contorni sfumati dell’intera vicenda come 
l’omertà della gente e la scelta di un luogo così nascosto per compiere un’operazione di per sè non 
maliziosa. Tuttavia dal testo dell’articolo non si  comprende bene quando sia arrivata la madre e 
come si sia procurata le ustioni. 
Per capire la dinamica occorrerebbe analizzare meglio il fatto ma è un compito che esula dal nostro 
discorso.  La peculiarità della cronaca risiede in una fondamentale osservazione e cioè, come da una 
storiella, da alcune dicerie che vengono considerate leggende, si storpi poi la realtà. 
Innanzitutto, pur trovandosi la ragazza in prossimità di Lucedio, non si riscontra alcun nesso di 
causa che associ in qualche modo Lucedio stesso allo svolgersi dei fatti. 
Le prime voci di riti esoterici subito smentite, sfociano poi in un altro errore, cioè di ipotizzare che 
la giovane avesse avuto un’auto rimasta senza benzina. 
Sicuramente nel 1949 le auto non erano ancora  molto diffuse e comunque non era il caso di 
Romilda a cui la benzina serviva per smacchiare il proprio vestito. 

MGL 

Fonti  www.teses.net/tesesasp/places/vc/lucedio/index.htm

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