Dalle traduzioni letterali effettuate sui testi originali in ebraico di Mauro Biglino, si scopre che la narrazione biblica racconta, in realtà, una storia molto diversa da quella interpretata e veicolata dalla filologia e dalla teologia ebraica e successivamente cristiana.
Molto probabilmente gli autori della Bibbia, in realtà, ci hanno raccontato reali cronache storiche e non artificiose metafore. La sua lettura letterale acquisisce, a questo punto, una logica lucidissima e una coerenza scientifica strabiliante.
Partiamo col dire che i termini Elyon, Elohim e Yahweh, che gli esegeti ebrei prima e le traduzioni teologiche cattoliche dopo, hanno unificato con la figura unica di Dio, in realtà descrivono tre differenti parole per tre differenti significati.
Elohim [אלהים] innanzitutto è un termine ebraico plurale (del singolare El o Eloah) che viene tradotto in molti modi, quali “gli Splendenti”, “Coloro che discendono”, “Governatori”, “Legislatori” e per quanto la teologia miri a convincere che sia stato usato il plurale come accrescitivo della potenza di Dio, in molti diversi passi dell’Antico Testamento, tale giustificazione cade in palesi contraddizioni. Nella traduzione italiana, ad esempio, troviamo ogni volta, la parola “Dio”. Calato nel contesto delle scritture nella loro completezza, emerge in modo evidente che gli Elohim erano un nutrito gruppo di individui assolutamente in carne e ossa, corrispondenti agli Anunnaki descritti nelle tavolette cuneiformi sumero-accadiche.
Elyon [עליון] corrisponde alla traduzione italiana “l’Altissimo”. In Deuteronomio (cap. 32 ver. 8) viene descritta la suddivisione della Terra in Nazioni e la spartizione dei popoli tra gli Elohim. Nella traduzione masoretica, così come nella versione cattolica, il termine plurale Elohim come destinatari delle assegnazioni da parte di Elyon, viene sostituita con israeliti: “Quando l’Altissimo divideva i popoli, quando disperdeva i figli dell’uomo, egli stabilì i confini delle genti secondo il numero degli Israeliti”.
Naturalmente il testo originale non menziona affatto il termine “israeliti”, in quanto a quel tempo né il popolo né la lingua ebraica esistevano. Tuttavia, le esigenze teologiche non potevano permettersi di lasciare il termine Elohim, sarebbe stato assolutamente troppo esplicita la pluralità degli “Dei”. In sostanza, dai testi originali si evince che Elyon era con molte probabilità il comandante supremo degli Elohim, il quale discese sulla Terra solamente in pochissime occasioni. Al tempo della spartizione delle Nazioni e in occasione di un concilio (riunione) di Elohim, narrata in Salmi 82: “Dio si alza nell’assemblea divina, giudica in mezzo agli Dei” “Io ho detto: Voi siete Dèi, siete tutti figli dell’Altissimo“. “Eppure morirete come ogni uomo, cadrete come tutti i potenti..” In questa narrazione l’originale traduzione ci racconta come durante un’assemblea degli Elohim, Elyon si alzò e parlò loro riprendendoli. Disse loro: voi siete tutti Elohim, ma ricordate che anche voi morirete, proprio come gli Adàm.
Gli Elohim erano presumibilmente una razza presumibilmente non umana, ma certamente in carne e ossa, il loro aspetto (tratto da pochissimi indizi veterotestamentari e scritti extrabiblici) li descrive come alti, dalla pelle coriacea bianca come il latte, capelli bianchi argentei e occhi grandi e iridescenti. (nell’immagine potete vederne una ricostruzione). Essi vengono considerati eterni o immortali (come Dei) ma solo per una loro spropositata longevità rispetto all’Adàm (abitanti dell’Adamà, letteralmente i terrestri)… pare potessero vivere dai 20 ai 30.000 anni, ma potevano essere uccisi come chiunque altro.
Yahweh [יהוה] il nome di Dio secondo l’ebraismo e la Chiesa Cattolica. Nei testi biblici tradotti, compare come “Signore” “l’Eterno” “Dio di Israele”. Secondo la tradizione il suo nome fu pronunciato a Mosè nel famoso incontro sulla montagna (Libro dell’Esodo). In realtà, ai tempi (presunti) di Mosè, la lingua ebraica non esisteva ancora, sorge quindi spontanea la domanda: in quale lingua fu pronunciato originariamente?
Le genti uscite dall’Egitto vissero per almeno quattro secoli in quelle terre, pertanto è presumibile che parlassero l’egiziano o al limite l’amorreo (una forma proto-semitica). Alcuni studiosi e pensatori ebrei, asseriscono che il popolo uscito dall’Egitto con Mosè, fosse composto da soli egiziani. Originariamente del termine si conosce solo il famoso tetragramma יהוה trascritto la prima volta 400 anni dopo essere stato pronunciato, corrispondente al consonantico YHWH e vocalizzato in YaHWeH, solo dopo altri 1.600 anni. Si può presumere che l’Eloah pronunciò il proprio nome nella sua lingua e fu successivamente riprodotto secondo la fonetica semitica.
Nonostante nella Bibbia il nome di “Dio” comparve con Mosè, in alcuni scritti ancora più antichi ritrovati in Libano (ai tempi terra dei Fenici), viene menzionato il nome di Yhwh, come figlio giovane di uno dei capi Elohim di quel territorio. Anche nella stele di Mesha (Giordania) del IX secolo a.c., viene trovato il nome Yhwh in contesa con l’Eloah Kemosh (divinità moabita). Di Kemosh si parla anche in relazione alla guerra durante la quale la valle di Sodoma e Gomorra fu distrutta dalle “armi del terrore” utilizzate da un altro Eloah, Ninurta (sumero-accadico, figlio di Enlil fratello di Enki) regnante in Assiria (odierno Iraq). Altri testi extrabiblici riportano che Yhwh era conosciuto già secoli prima, in altri territori, con il nome di Shaddai; inoltre nei libri della Bibbia copta si parla anche della sua compagna Asherah. Sul fianco della giara di Kuntillet Ajrud, sono presenti motivi iconografici che mostrano tre figure antropomorfiche e un’iscrizione che nomina appaiati «Yahweh […] e la sua Asherah». Conosciuta anche con il nome di Anat o Ashratum.
Creazione dell’uomo (Homo sapiens)
Secondo le scritture bibliche (originali), così come nei testi sumero-accadici (per altro ancora più precisi e dettagliati), gli Elohim decisero di fare l’Adàm, incrociando il loro DNA con quello dell’ominide presente sulla Terra (L’Adamà).Nella Genesi, sono due gli episodi relativi alla Creazione; nel primo, secondo la tradizione, troviamo scritto: “Dio disse facciamo l’uomo a nostra immagine e somiglianza”. La traduzione corretta e letterale dall’ebraico recita: “Gli Elohim (ricordiamo che è plurale e infatti anche i verbi che seguono lo sono) dissero facciamo l’Adàm con la nostra immagine (DNA), l’Adàm sarà a nostra somiglianza”.
In ebraico, viene utilizzato il termine “Zelem” che significa “quel qualcosa che contiene l’immagine” ed essendo un vocabolo derivante dal verbo “Zalem” che indica “tagliare fuori” (estrarre/togliere), descrive in modo chiaro che l’immagine degli Adàm deriva da qualcosa che è stato “tagliato fuori” dagli Elohim. Nelle cronache sumero-accadiche è esplicitamente descritto che quel “qualcosa” fu estratto dal sangue di giovani Anunnaki maschi. Si parla pertanto della metà “donatrice” cioè il primo racconto parla del DNA Elohim.
Nel secondo racconto si narra che Dio modellò l’uomo dalla terra e vi soffiò dentro la vita. “Allora il Signore Dio modellò l’uomo con la polvere del terreno e soffiò nelle sue narici un alito di vita; così l’uomo divenne un essere vivente”. Nella versione originale, il termine tradotto con polvere (argilla, fango), in realtà, descrive “la forma” cioè la matrice nella quale inserire il “soffio di vita”. Si parla pertanto della metà “ricevente”, cioè il secondo racconto parla del DNA dell’Adàm. Un palese riferimento a una operazione di ingegneria genetica, con il quale gli Elohim hanno contribuito allo spropositato e ancora oggi inesplicato salto evolutivo dell’uomo, rispetto a tutti gli altri primati terrestri.
L’anello mancante dell’evoluzione non è stato ancora trovato in quanto non esiste; ciò che ha fatto la differenza è stata “l’immagine” degli Elohim. Recentemente, i genetisti si sono accorti della presenza nel genoma umano, di parti consistenti di DNA inizialmente denominato “spazzatura” poiché non codificante, parte che non dovrebbe esistere nei nostri geni.
Adamo ed Eva
Innanzitutto, va precisato che nelle scritture bibliche originali, la parola Adàm (come già intuibile dai passi precedenti) non determina un individuo ma una specie,l’articolo determinativo presente nei testi ebraici (l’Adàm) ne è la prova. Come descritto ampiamente e con dovizia di particolari dalle tavolette sumero-accadiche, gli Anunnaki eseguirono diversi esperimenti prima di raggiungere il successo, generando l’Uomo. Sono descritti almeno sette tentativi andati male (aborti, mostruosità, menomazioni e mutazioni). Addirittura, scrissero che fu prelevato il sangue direttamente dal capo supremo (Elyon?), nella speranza di una migliore qualità genetica; tuttavia anche in questo caso il risultato fu un fallimento totale. Questi racconti ci confermano che la “creazione” dell’Uomo avvenne a fronte di una lunga catena di tentativi ed esperimenti assolutamente di natura genetica e non creazionista.
Tornando alla Bibbia, fatto l’Adàm (inteso come specie), gli Elohim (o Anunnaki) lo posero nell’Eden e gli affidarono ogni sorta di animale e la cura del “giardino”.Presumibilmente affidarono agli “umani” la cura dei campi, degli alberi da frutto e del bestiame, all’interno del loro centro di comando (l’Eden). Ma, ad un certo punto, gli Elohim si accorsero che l’uomo non trovava negli animali una compagnia adeguata (ndr: se mantenessimo l’interpretazione teologica, secondo la quale Elohim è Dio, in questo passo viene da pensare che “Dio” inizialmente abbia sbagliato, creando gli animali come compagnia dell’uomo, non creando direttamente la donna, ma solo in un secondo tempo).
E’ evidente che l’assenza femminile abbia portato negli Adàm una certa promiscuità e che i naturali fisiologici istinti sessuali venissero sfogati sia in modo omosessuale, che verso altre specie. Gli Elohim decisero quindi di creare la femmina e nel relativo passo biblico (Genesi 2,21), è evidente si parli di una operazione chirurgica con la quale venne estratto del materiale da “parte laterale ricurva” (tradotta con “costola” ma presumibilmente relativa alla cresta iliaca presente nell’anca).
Una curiosità interessante
Gli studiosi ebraici sostengono, tramite il Talmud, che a creare l’uomo non furono gli Elohim bensì i Refahim o Rofim (secondo la vocalizzazione), che identificherebbe i loro medici. Infatti, il termine Refahim descrive la funzione, non la razza o specie (come Malachim che indica la funzione di portatore di ordini “messaggero”, in greco anghelos, in latino angelus e infine in italiano angelo). Da ciò si può ritenere che sia Elohim che Refahim possano essere corretti, in quanto gli Elohim dediti alla funzione medica acquistavano l’appellativo di Refahim, che è il plurale di Refael o Rafael, dal quale deriva il nome Raffaele. E’ curioso che oggi l’Arcangelo Raffaele sia ricordato come il protettore della medicina e dei dottori. (L’ospedale San Raffaele di Milano, è sormontato infatti da una enorme statua di San Raffaele).
Oggi le cellule staminali vengono prelevate tramite aspirazione di sangue midollare proprio dalla cresta iliaca, cioè il margine superiore dell’osso iliaco o osso dell’anca.La Bibbia scrive: “Allora l’Eterno Dio fece cadere un profondo sonno sull’uomo, che si addormentò e prese una delle sue costole, e rinchiuse la carne al suo posto”. Incrociando ancora una volta i testi biblici con i resoconti sumero-accadici, si può leggere in queste righe, che gli Elohim indussero nei soggetti un sonno profondo (anestesia totale) e prelevarono dall’Adàm le cellule staminali dalla cresta iliaca. Fatto ciò, richiusero le carni al loro posto e con questo materiale procedettero, tramite clonazione e interventi genetici, alla produzione di soggetti femminili, le Eva.
Il peccato originale e il serpente
All’interno del giardino dell’Eden, ci dicono essere stati posti due alberi: l’Albero della vita e l’Albero della conoscenza del bene e del male. In realtà, su questo argomento la Bibbia fa un po’ di confusione, mischiando più volte l’uno con l’altro.
Tutti conosciamo bene la storia della mela e del serpente; tuttavia la teologia fa apparire il racconto come una fiaba o quanto meno una metafora, finalizzata all’inserimento del peccato originale (la disobbedienza a Dio). Evidentemente una lettura letterale, corroborata da una corretta traduzione e da ricerche trasversali (testi extrabiblici e parallelismi con tutte le altre culture) riesce a colmare gli innumerevoli buchi logici, oggi resi dogmatici dalla filologia ebraica e dalla teologia cattolica.
Quanto scritto originariamente nella Genesi, è molto più concreto di quel che traspare dalle visioni spiritualistiche. Bisogna innanzitutto sapere che i Refahim o Rofim biblici possono essere ricondotti ai corrispettivi sumero-accadici “Kashdeian”, ovvero il gruppo di Anunnaki (Elohim) dediti alle scienze biomediche (secondo gli studi di un sumerologo del Christ College di Cambridge). Il serpente che ha la tana sotto terra, indicherebbe simbolicamente gli studi che vanno in profondità, e la sua raffigurazione intrecciata riproduce con tutta evidenza la doppia elica del DNA. (ancora utilizzato oggi come simbolo della farmacologia).
Si riscontra che i Kashdeian venissero chiamati “serpenti” e che fossero divisi in due categorie: i serpenti a un occhio (scienziati dediti agli studi astronomici) e quelli a due occhi (ingegneri genetici e biologi), occhi rispettivamente descrittivi degli strumenti tecnologici utilizzati, il telescopio (uno) e il microscopio (due).
Ciò che biblicamente viene descritto come il frutto del peccato, non è mai indicato come mela, ma solo come “frutto”: mela presumibilmente deriva, nelle più recenti traduzioni teologiche, dall’analogia con il termine latino malus. L’albero della conoscenza altro non era che la consapevolezza della propria sessualità e della sua funzionalità di procreazione naturale (fino a quel momento a produrre gli Adàm ci pensavano gli Elohim). A questo fa riferimento, il passo in cui si dice che mangiando il frutto della conoscenza, l’uomo sarebbe diventato come “Dio”; allude alla capacità di procreare autonomamente (ovvero creare la vita), proprio come gli Elohim.
Il serpente dell’Eden era molto probabilmente un Kashdeian (Refahim), conosciuto allora come uno dei “serpenti”: alcuni sostengono fosse addirittura il genetista stesso che programmò e seguì l’incrocio genetico con gli Elohim (pertanto il nostro “creatore”). Molti lo identificano con Enki (Dio sumero-accadico), fratello di Enlil, entrambi figli dell’altissimo (Elyon?) e che si dividevano il comando sulla Terra.
Mentre Enlil esigeva che gli Adàm fossero tenuti sotto loro diretto controllo e che la loro (ri)produzione fosse subordinata e programmata, Enki desiderava per le “sue” creature, la possibilità di riprodursi ed evolversi naturalmente. Concesse agli Adàm la fertilità, rendendoli quindi uguali a loro. I capi della fazione di Enlil disapprovarono, però, tale azione e come conseguenza “cacciarono” gli Adàm dal Gad-Eden.
Questa non fu in realtà una condanna (come espresso dalla teologia) bensì una sentenza post evento. I passi che descrivono le “punizioni” di Dio: “Tu uomo lavorerai il suolo con il sudore”, altro non è che una logica ovvietà; finché vivevano nell’Eden, al cibo pensavano gli Elohim; ora l’uomo per mangiare dovrà cavarsela da solo, lavorare la terra e andare a caccia. Nessuna condanna, ma semplice conseguenza.
“Tu donna partorirai con gran dolore” è un’altra ovvietà; finché vivevano nell’Eden, alla riproduzione pensavano gli Elohim, fino all’intervento di Enki (il serpente), gli Adàm non erano fertili e venivano “prodotti” presumibilmente in vitro. Con il raggiungimento della fecondità e la possibilità di riprodursi autonomamente, le femmine (le Eva) avrebbero sperimentato che partorire è doloroso (esperienza naturale vissuta anche dagli Elohim). ancora una volta nessuna condanna, ma semplice conseguenza della loro scelta.
Anche il concetto della conoscenza del bene e del male (nella filologia ebraica mai espressi come aspetti spirituali o morali ma assolutamente pratici e concreti) è semplicemente la sperimentazione diretta di ogni aspetto della vita, positivo o negativo. In sostanza, gli Elohim concessero all’Adàm la libertà di sperimentare la loro nuova condizione: “bene, ora che siete come noi, andate e vivete ogni esperienza positiva o negativa della vostra nuova condizione”.
L’albero della vita
(Genesi 3,22)“Il Signore Dio disse allora: Ecco l’uomo è diventato come uno di noi, per la conoscenza del bene e del male. La preoccupazione di Enlil fu che l’Adàm, ormai in grado di procreare liberamente, potesse accedere all’altra caratteristica tipica degli Elohim, la loro spropositata longevità. I nostri genetisti odierni hanno appena cominciato a capire i meccanismi responsabili della degenerazione cellulare, gli errori di “copia” del codice genetico ad ogni sua replica. Gli Elohim è probabile avessero una tal conoscenza genetica da aver sconfitto tali perdite di informazioni del DNA e fossero pertanto in grado di vivere fino a oltre 30.000 anni. E’ pensabile quindi temessero che l’uomo potesse ottenere accesso a tali conoscenze.
Chiedo scusa per eventuali eccessive semplificazioni e qualche eventuale errore; prendete tutto ciò alla stregua di una favola (Adam Kadmon docet)… ma riflettete sulla lucidità e logicità di questa versione che è ricavabile da una semplice lettura letterale, basata su un racconto dei fatti incontrovertibilmente condivisibile da tutti gli scritti antichi delle più svariate culture, dal medio oriente, all’oriente, dai nativi americani alle tribù africane, ai popoli precolombiani dell’America latina.
Per chiudere, mi scuso con chiunque abbia fede in qualsiasi religione o culto, precisando, tuttavia, che quanto qui descritto non vuole in nessun modo escludere l’esistenza di Dio (trascendente e spirituale), semplicemente questo Dio non è menzionato nelle scritture ebraiche originali. Ritengo che la Bibbia narri la storia di un popolo e la sua relazione con uno degli Elohim… Dio è un’altra storia!
Fonte:
http://www.nuovaauras.it/
Rivisto da
www.fisicaquantistica.it
Tramite:
http://www.noiegliextraterrestri.it/2014/08/il-serpente-dell-eden-era-un-ingegnere-genetico.html